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NBA, Chandler Parsons e la sua storia su Kobe Bryant: "Pagò un conto da 22.000 dollari"

l'aneddoto
©Getty

Una serata speciale per l'ex giocatore dei Rockets che nel suo anno da rookie si ritrovò allo Staples Center a marcare Kobe Bryant: un momento speciale rimasto nella sua memoria soprattutto per quanto accaduto dopo, con un colpo di scena da parte di Bryant degno di quanto fatto vedere sul parquet (dove ovviamente sfiorò i 40 punti e vinse battendo Houston)

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Kobe Bryant, la sua memoria e le storie dei tantissimi giocatori che sono scesi in campo al suo fianco o contro di lui continuano a farci compagnia a oltre due anni dalla sua tragica scomparsa. La storia personale, l’aneddoto raccontato da Chandler Parsons durante l’intervista informale al podcast “All The Smoke” è degna di menzione perché racconta in maniera rotonda e completa un personaggio dai mille volti come il Black Mamba. La storia risale all’anno da rookie di Parsons, quando lui con i suoi Rockets si ritrovò in campo allo Staples Center a sfidare i Lakers: “Era il mio primo anno in NBA - spiega - coach McHale mi mise in allerta: “Vedrai ogni tipo di celebrità a bordocampo, ma non farti distrarre. Ricorda però che la tua missione è un’altra: marcare Kobe, che sarà offeso dal fatto che su di lui in uno contro uno ci sarà un rookie”. Ero lusingato dal compito che mi era stato dato. Sceso in campo mi guardo attorno e vedo Denzel Washington, Rihanna e tanti altri nelle prime file. Come facevo a non essere distratto”.

Il racconto prosegue: “Ovviamente pensavo anche a Kobe. A un certo punto nel quarto periodo, guardando me e Jordan Hill - che l’anno prima aveva giocato ai Lakers con lui - ci domanda: “Restate in città questa sera dopo la partita?”, e io prima di rispondere mi guardo attorno per essere sicuro che coach McHale non stesse ascoltato: “Certo, perché?”. “Non ti preoccupare: mi faccio dare il tuo numero da Jordan Hill, così ci vediamo fuori più tardi”. Io ero incredulo, pensavo mi stesse prendendo in giro e poi avevo McHale alle spalle che mi ripeteva di smetterla di parlare con lui. In campo non ci fu storia, segnò qualcosa tipo 40 punti e ovviamente perdemmo. Finita la partita, andiamo tutti insieme al Katsuya: c’era con noi anche lo staff tecnico, eravamo in tantissimi. Poco dopo mi arriva un messaggio: “Venite al Supper Club, siete miei ospiti - Mamba”.

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Parsons conclude: “Mi guardo intorno provando a capire chi mi stesse scrivendo e prendendo in giro, poi rispondo chiedendo se lui sarebbe venuto con noi. Mi disse di no e di non preoccuparmi che avrebbero pensato i suoi amici. A quel punto abbiamo trascorso una serata pazzesca: Supper Club è quel locale in cui i tavoli sono a forma di letto. Alle due di notte, quando gli addetti ci hanno portato il conto, me l’hanno consegnato e ho letto: 22.000 dollari. Mi stavo per sentire male, ma in quel momento mi hanno consegnato una penna dicendomi: “Firmi a nome di mister Bryant”. Pagava lui, anche se non c’era. Tutti mi avevano ripetuto per giorni che era terribile, un avversario duro, che mi avrebbe aggredito. Invece è stato il più gentile che abbia mai incrociato, favoloso”. Il Black Mamba era anche questo.

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