Il nuovo acquisto dei Clippers ha pubblicato sul sito "The Players' Tribune" una toccante confessione sugli ultimi due-tre anni della sua vita, scanditi da mille sfortune e tragedie, dagli infortuni in campo alla morte della madre per un tumore al seno. La depressione ha spinto l'ex stella di Washington vicino al baratro, ma riconoscendo le sue difficoltà e accettando l'aiuto di un terapisto ora a Wall è tornato il sorriso
Si apre con delle parole fortissime la lettera che John Wall sceglie di rendere pubblica su "The Players' Tribune": "Sono andato vicinissimo a togliermi la vita". Ora che si riaffaccia ai palcoscenici NBA con la maglia dei Clippers dopo due anni lontano dai parquet, Wall sceglie di raccontare senza mezzi termini il baratro nel quale era caduto: "Un posto così buio che il suicidio mi sembrava l'unica opzione", scrive. A farlo precipitare nel baratro una serie di eventi negativi: "Nel giro di tre anni sono passato dal portare gli Wizards a una gara-7 contro Boston - e sentirmi il re della città - alla rottura del tendine d'Achille, l'infortunio che mi ha tolto la mia valvola di sfogo, il basket". Da lì le cose non fanno che peggiorare: "Un'infezione mi ha portato vicino all'amputazione del piede. Poi ho perso la mia migliore amica, mia madre, per un tumore al seno" (il padre di Wall - racconta nella lettera - è stato in carcere fin da quando il giocatore aveva un anno, venendo a mancare quando ne aveva 9 per un tumore al fegato). Ed è proprio la mancanza della madre, la persona più importante della sua vita, che fa deragliare la persona John Wall e il giocatore John Wall: "Anche dopo la sua morte, chiamavo il suo numero di cellulare 6 o 7 volte al giorno, anche solo per sentire la sua voce sulla segreteria telefonica". Anche l'amore per il gioco vacilla ("Che senso ha giocare se lei non c'è?") e le voci di una possibile cessione lontano da Washington lo devastano: è in quel momento che Wall pensa realmente al suicidio ("Dobbiamo parlarne, perché è ancora un taboo", dice).
L'importanza di chiedere aiuto
Ma nel momento più difficile Wall riesce a chiedere aiuto: "Farlo ha cambiato la mia vita", scrive. La terapia lo aiuta, e ora il giocatore dei Clippers può dire di sentirsi "meglio di come mi son sentito negli ultimi anni", pronto a godersi nuovamente la vita, i figli e - perché no? - anche il basket. "Sono ancora qui", conclude Wall. Bentornato.