Lo si ripete spesso: il Draft è una scienza inesatta. Ma vista oggi la trade voluta a tutti i costi da Philadelphia (e dall'allora general manager Brian Colangelo) per ottenere la prima scelta assoluta e assicurarsi Markelle Fultz appare come un gigantesco errore. Boston accettò lo scambio, si liberò della n°1 e con la terza scelta chiamò proprio Jayson Tatum
Il giorno dopo l'eliminazione dei Sixers dai playoff 2023 per mano di un Jayson Tatum scatenato, a più di un osservatore è tornato alla memoria il Draft 2017, quello cioè in cui i Celtics scelsero il prodotto di Duke con la scelta n°3. Una scelta che inizialmente era nelle mani proprio dei Sixers (mentre Boston aveva la prima assoluta) ma che non lasciava tranquillo l'allora general manager di Philadelphia Brian Colangelo. Colangelo infatti era innamorato del prodotto di Washington University Markelle Fultz, da lui considerato il complemento perfetto al giovane nucleo dei Sixers composto da Joel Embiid e Ben Simmons (scelto con la n°1 assoluta solo l'anno prima). E allora, per aver la certezza di poter mettere le mani su Fultz senza farselo scippare dalle altre due squadre (Celtics e Lakers) chiamate a scegliere prima dei suoi Sixers, Colangelo organizzò una trade con Boston, per ottenere la prima scelta assoluta in cambio della terza e di una scelta al primo giro futura (al Draft 2018 o a quello 2019). E così andò: il 22 giugno 2017 al Barclays Center Philadelphia scelse Markelle Fultz, i Lakers presero Lonzo Ball (da UCLA) e Boston chiamò Tatum.
La draftboard 2017 dei Sixers: vista oggi fa pensare
Già solo questo scambio non fa che aumentare le ricriminazioni dei tifosi dei Sixers, vista non solo la gara-7 di Tatum ma anche le carriere, fin qui, dei due giocatori. Un errore che però è ancora più marchiano considerando che - anche senza l'eventuale trade, e quindi usufruendo della "normale" chiamata alla n°3 (ipoteticamente dopo Fultz e Ball) - Colangelo non avrebbe comunque scelto il prodotto di Duke. Il front office dei Sixers , a differenza di Danny Ainge (al tempo il GM di Boston), preferiva infatti il potenziale di diversi altri giocatori rispetto a quello di Tatum: nella draftboard dei 76ers venivano prima dell'attuale n°0 di Boston sia Jonathan Isaac (un "pallino" di coach Brett Brown) che anche l'ala piccola di Kansas Josh Jackson e il talento di Kentucky De'Aaron Fox (oggi ai Kings). Forse Jayson Tatum queste cose le ha sapute e ha voluta vendicarsi a modo suo: con una prestazione da 51 punti rifilata a una franchigia che non ha creduto in lui.