L'ala è passata ai Brooklyn Nets nella trade per Kyrie Irving, ma il legame con la franchigia dove ha trascorso le prime sette stagioni della sua carriera non si è spezzato. E i Mavericks non hanno mai smesso di aiutare Finney-Smith nella risoluzione di una dolorosa questione familiare
C'è un'espressione che riccorre spesso nei commenti agli scambi e più in generale ai movimenti di mercato, anche clamorosi, che caratterizzano l'NBA: it's a business, si tratta di affari. I trasferimenti da una squadra all'altra avvengono in effetti spesso con modalità brusche, che in diversi casi ignorano del tutto i rapporti personali e d'affetto in essere tra giocatore, staff tecnico, dirigenza e tifoseria locale. Le regole dell'NBA, d'altro canto, sono chiare e implacabili e ogni giocatore, a eccezione forse del cerchio ristretto delle superstar, è ben conscio della possibilità di dover traslocare altrove e cambiare maglia da un momento all'altro. A volte, tuttavia, può succedere che il legame tra il giocatore e la squadra, intesa nel senso più ampio del termine, resista anche alle esigenze del mercato. Come nel caso del rapporto tra Dorian Finney-Smith e i Dallas Mavericks. Rapporto che, dal punto di vista formale, si è concluso lo scorso 6 febbraio, quando l'ala è stata spedita a Brooklyn nella trade che ha portato in Texas Kyrie Irving. Finney-Smith, arrivato a Dallas nel 2016 da undrafted e lì cresciuto fino a diventare uno dei role-player più apprezzati della lega, non si è però dimenticato dei Mavs e i Mavs non si sono dimenticati di lui. E insieme, giocatore e franchigia, hanno portato a termine un'impresa iniziata anni prima e che con il basket ha poco a che vedere.
Una rincorsa lunga 28 anni
C'è una cosa di cui Finney-Smith, nei suoi trent'anni di vita, non ha memoria: abbracciare suo padre. Dalla primavera del 1995, infatti, quando Dorian non aveva nemmeno due anni, Elbert Finney Jr. vive in carcere. Condannato a una pena di 44 anni per omicidio di secondo grado, il padre del giocatore ora ai Nets è stato oggetto di un lungo procedimento giudiziario conclusosi mercoledì 26 luglio. Il Consiglio della Virginia, stato dove era stato commesso il delitto originario, ha infatti concesso al padre del giocatore la libertà vigilata. Il Consiglio ha stabilito che Elbert Finney Jr. ha scontato una pena sufficiente e potrtà quindi uscire per la prima volta di prigione dopo oltre 28 anni. Si tratta di una concessione a dir poco inusuale per lo Stato della Virginia, che nei precedenti 1255 casi presi in esame aveva concesso il beneficio della libertà vigilata solamente a 23 richiedenti. Dal punto di vista legale, l'impresa ha dello straordinario e, oltre a quella di Finney-Smith, porta la firma dei Dallas Mavericks. La franchigia, con il proprietario Mark Cuban e il suo braccio destro Jason Lutin, ha infatti assistito il giocatore durante tutte le fasi del procedimento durato oltre due anni. Durante l'ultima, decisiva audizione, tenutasi a Richmond, capitale della Virginia, lo scorso 25 gennaio, Finney-Smith era accompagnato dal General Manager dei Mavs Nico Harrison e sono state ascoltate testimonianze di Cuban e dell'ex coach di Dallas Rick Carlisle, oltre a quella del giocatore. La sera successiva Finney-Smith ha raggiunto la squadra nella trasferta di Phoenix, dove ha aiutato i compagni a vincere con 18 punti e 12 rimbalzi. Dieci giorni dopo si trovava su un aereo diretto a New York, pronto a vestire una nuova maglia per la prima volta nella sua carriera da professionista. Oggi, però, Finney-Smith e la sua ex franchigia festeggiano insieme. "Non riesco nemmeno a esprimere la mia gratitudine per tutto ciò che i Mavericks hanno fatto a porte chiuse, senza cercare pubblicità. Amerò per sempre Dallas e tutte le persone che mi hanno aiutato". L'NBA è prima di tutto una questione d'affari, ma a volte sa essere anche molto altro.