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NBA, per "GQ" Paolo Banchero è "l'eroe dei due mondi": ecco perché

NBA
©Getty

Il giocatore degli Orlando Magic e attuale membro di Team USA ha catturato anche l'attenzione del celebre magazine di stile, cultura e lifestyle che ha pubblicato, proprio in occasione del suo debutto ai Mondiali, un servizio super griffato realizzato in occasione del suo viaggio estivo in Italia. Tornando anche sul no all'Italia, ribadendo l'importanza della madre nella sua scelta 

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Oggi è in campo con la maglia della nazionale USA e le sue (fin qui ottime) prestazioni ai Mondiali confermano il motivo per cui, per mesi, in Italia si è fatto di tutto perché Paolo Banchero potesse indossare la canotta azzurra (e non quella a stelle e strisce). Il passato è passato, la decisione - legittima - è stata presa, ma questo nulla toglie all'affascinante storia di questo ragazzo di soli 20 anni che per il nostro Paese continua a nutrire un interesso sincero (ancora di più dopo il suo primo viaggio italiano, quest'estate). Ecco perché "GQ", la storica testata italiana emblema di stile, ha intitolato "L'eroe dei due mondi" il servizio dedicato al giocatore degli Orlando Magic, ritratto "a casa" di Dolce & Gabbana, in un servizio super griffato, tra Rolex, D&G e Jordan Brand, suo sponsor personale. "Anche se non giocherà mai per la nostra Nazionale - si legge nel pezzo che lo vede protagonista - Paolo Banchero non smette di essere italiano", perché " l’identità – intesa come monolite inscalfibile – non esiste più". E, continua l'articolo, "in un mondo dove per fortuna, tutte le rigide divisioni del passato sono state rimesse in discussione e sfumate, è bizzarro che si richieda ancora agli atleti di riconoscersi, loro soli, in categorie così nette e definite". 

Ancora sul "no" all'Italia: il ruolo della madre

Inevitabile, però, nel corso dell'intervista, tornare anche sulla telenovela che a lungo ha riguardato il giocatore dei Magic. E qui ritorna, nuovamente, l'importanza giocata dalla madre nella decisione di Banchero: "Mia mamma è uno dei miei modelli e lei ha giocato nella Nazionale statunitense. Poter continuare sulla strada aperta da lei significa molto". Un no, quindi, che non è equivale a un rifiuto: "L’Italia avrà sempre un posto speciale nel mio cuore - assicura lui - perché scorre nel mio sangue, a prescindere dalla Nazionale in cui gioco". 

No ai superteam: l'esempio di Denver e Miami

Ma ovviamente quelle che interessano di più sono le parole che Banchero ha rilasciato in prima persona a "GQ", a partire da quegli stessi obiettivi che già aveva confessato a Sky, intervenuto alla festa dei nostri 20 anni: "L’anno prossimo puntiamo a raggiungere i playoff", dice, unendo l'urgenza di un obiettivo che vede alla portata alla pazienza necessaria a costruire qualcosa di grande: "Non sono i superteam costruiti in poco tempo sul mercato a vincere, ma le squadre costruite con pazienza", dice, facendo riferimento a Denver e Miami, le ultime due finaliste, come esempi. 

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Gli avversari più duri del suo primo anno

Nei Nuggets e negli Heat giocano anche due dei giocatori che più hanno impressionato Banchero nel suo primo anno in NBA: "Chi mi ha dato più filo da torcere? Penso Jimmy Butler, anche perché abbiamo incontrato Miami quattro volte. Poi naturalmente LeBron James e Kevin Durant, ma tra i giocatori che non ti aspetti mi ha colpito molto Aaron Gordon". Sono tanti anche quelli a cui lui ha dato filo da torcere, in un'annata da 20 punti di media con quasi 7 rimbalzi e 4 assist che gli è valsa il premio di Rookie dell'Anno. Un premio che neppure Kobe Bryant (allora appena 18enne) era riuscito a vincere, ma il tentativo di avvicinare l'ex leggenda dei Lakers dal passato italiano a Banchero è rispedito al mittente per primo dal diretto interessato: "Lui ha vissuto per tanti anni qui, parlava bene la lingua. Per me è diverso perché questa è la mia prima volta in Italia e sono cresciuto a Seattle", fa giustamente notare. Americano, quindi. Ma anche cittadino del mondo. E con tanto interesse per l'Italia.