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NBA, Wade spiega le differenze tra la NBA e il resto del mondo: "Ora noi siamo soft"

NBA

Intervenuto nel programma settimanale di Tony Parker, Dwyane Wade ha spiegato come è cambiata la sua percezione del basket internazionale dopo averlo provato sulla propria pelle: "Prima pensavo che avremmo battuto tutti, poi quando ho giocato a livello FIBA ci hanno preso a calci. Il gioco internazionale è duro e quello NBA è soft, se vogliamo essere onesti"

Tony Parker, Dwyane Wade, Pau Gasol e Dirk Nowitzki hanno in comune l’ingresso nella Hall of Fame, visto che tutti e quattro sono entrati nell’arca della gloria di Springfield insieme in una classe tra le più talentuose di sempre. Da buon padrone di casa Parker ci ha tenuto a invitare i suoi tre colleghi, accompagnato anche dal suo amico fraterno Thierry Henry e dal cantante M. Pokora, nel suo programma settimanale SKWEEK SHOW. Occasione nella quale Wade ha espresso un concetto non banale sulle differenze tra il basket NBA e quello che si gioca nel resto del mondo. "Da dove vengo io, quando vedevamo un ragazzino bianco ci dicevamo 'Questo lo batto'. Partivo dal presupposto che non potesse essere meglio di me" ha detto il tre volte campione NBA. "E tanti ragazzini afro-americani partono da quel punto di vista ignorante. Anche quando sono diventato professionista, si pensava che i giocatori internazionali fossero ‘soft’. Poi però ho giocato a livello FIBA, mi hanno preso a calci in c… e ho detto ‘Oh no, sono forti per davvero’. Ora è il contrario: il gioco internazionale è duro e quello in NBA è soft, a essere onesti. Anche dal punto di vista dell’arbitraggio è un gioco molto diverso. Giocare a livello internazionale ha cambiato la mia percezione e il mio modo di pensare. Pensavo che saremmo arrivati per travolgere tutti perché pensavo che non fossero duri e forti quanto noi". Wade ha cominciato la sua carriera con Team USA con due delusioni, arrivando terzo alle Olimpiadi di Atene 2004 e ai Mondiali nel 2006, salvo poi far parte della squadra che ha riconquistato l’oro olimpico a Pechino. "Il processo del Redeem Team è cominciato con la sconfitta del 2004, non tanto con quella del 2006 in cui ci hanno presi di sorpresa col pick and roll. Nel 2004 non avremmo mai pensato che avremmo potuto perdere: quando siamo tornati negli spogliatoi con il bronzo, un risultato che per tanti altri paesi sarebbe stato eccezionale, noi avevamo la sensazione che ci avessero preso a calci. Voglio dire, abbiamo creato noi questo gioco. Ma ovviamente il livello in giro per il mondo ha continuato a crescere".