NBA, Lillard non si è ambientato a Milwaukee: "Mi sento solo e mi manca la famiglia"

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In un’intervista a cuore aperto con Sports Illustrated, Damian Lillard ha raccontato di come la transizione da Portland a Milwaukee stia pesando su di lui: "Mi sento solo, mi manca la mia famiglia che è rimasta a Portland. Lì avevo tutto, la famiglia e gli amici vivevano nel mio quartiere. Mi alleno, vado a casa, guardo video sulla boxe e gioco ai videogame. Ma è quello che succede quando si fanno scelte da uomini adulti: sta a me farlo funzionare"

La stagione dei Milwaukee Bucks è ricominciata con tre vittorie in altrettante partite, cercando di raddrizzare un’annata che stava andando talmente male da portare la dirigenza a cambiare l’allenatore in corsa, esonerando Adrian Griffin e chiamando Doc Rivers alla guida della squadra. Per una squadra sempre al centro delle attenzioni, complici le conclamate ambizioni di titoli, molto si è discusso dell’inserimento di Damian Lillard, che pur venendo nominato per l’All-Star Game (peraltro dominato vincendo sia la gara del tiro da tre punti che l’MVP della domenica) ha avuto un calo generalizzato nelle sue cifre rispetto alla passata stagione, probabilmente la migliore della sua carriera. Un rendimento minore che ci si poteva attendere dopo l’arrivo nella squadra di Giannis Antetokounmpo, ma parlando con Sports Illustrated Lillard ha reso note le sue difficoltà soprattutto fuori dal campo: "Stare lontano dai miei figli è dura" ha detto Lillard, che a ottobre ha anche depositato la richiesta di divorzio dalla madre dei suoi figli Kay’La. "A Portland la mia vita era sistemata: mamma viveva alla fine della strada, mio fratello era dall’altra parte, così come mia sorella. Era una grande situazione, perciò andarmene da solo è stato difficile. Sicuramente mi sento solo perché sono un uomo di famiglia, erano loro a riempire le mie giornate. Ora mi alleno, vado a casa, guardo la boxe e gioco ai videogames. Sul serio, non ho granché come vita. Vado su YouTube 100 volte al giorno cercando video di FightHype [un noto di sito di boxe, ndr] pregando che ci sia qualcosa di nuovo. Ma sono cose che bisogna affrontare quando si prendono decisioni da adulti: bisogna essere pronti e trovare il modo di farlo funzionare".

Lillard: "Pensavo saremmo stati come Boston, ma abbiamo avuto i nostri momenti"

Lillard ha anche parlato a lungo della stagione dei Bucks, predicando sopratutto pazienza pur ammettendo che si aspettava qualcosa di diverso. "Prima della stagione pensavo che saremmo andati come è andata Boston quest’anno. Ma quello che ho imparato è che per certe cose ci vuole tempo: non puoi pensare di arrivare e che sia tutto rose e fiori. Abbiamo avuto i nostri alti e bassi, un cambio di allenatore. Io stesso non ho ancora capito perfettamente che ruolo ho in questa squadra. Penso che per tutte le stelle che hanno cambiato situazione sia andata così, anche LeBron quando è andato a Miami. Sono sicuro che abbia pensato: ‘Io so chi sono, ma chi posso essere all’interno di questa squadra? Quale è la miglior versione di me stesso in questa squadra’. Ma è prosciugante cercare costantemente di capirlo".

Nonostante le evidenti difficoltà, Lillard comunque sostiene che ci sia ancora tempo per essere al massimo entro la fine della stagione. "Ne sono convinto perché abbiamo avuto i nostri momenti. Quest’anno più degli altri ho capito che le persone non guardano le partite: guardano i tabellini, gli highlights o al massimo le parole post-partita. Ma Giannis e io abbiamo avuto grandi momenti di pick and roll e di situazioni in cui abbiamo giocato l’uno per l’altro. Solo che non sono stati abbastanza. La gente vuole che lo facciamo sempre, ogni singola volta, e sicuramente dobbiamo farlo di più. Deve diventare il nostro ‘pane e burro’. Ma anche Nikola Jokic e Jamal Murray ci hanno messo del tempo per funzionare assieme e ora sono telepatici". Le difficoltà però, secondo Lillard, renderanno il tutto ancora più soddisfacente alla fine: "Sono il primo a dire che è stato un anno complicato, ma per la persona che sono, quando succedono cose del genere comincio subito a pensare che ci sia una ricompensa alla fine. Lo so perché faccio le cose nel modo giusto: io non cambio, non tratto male le persone, non mi prendo gioco del processo. Vado ancora in palestra ogni sera, mi prendo cura del mio corpo e faccio tutto il necessario. Pensavo che avremmo cominciato a funzionare molto prima, ma so che possiamo arrivare a quel livello".

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