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NBA, Riccardo Fois a Sky: "Ho scelto Sacramento perché qui possiamo vincere"

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Intervista Zeno Pisani [video: Sheyla Ornelas]

Dopo tre anni sulla panchina dell’università di Arizona, Riccardo Fois torna in NBA come assistente allenatore dei Sacramento Kings. A pochi giorni dall’inizio della regular season, il membro dello staff della nazionale italiana con Gianmarco Pozzecco ha parlato delle motivazioni che lo hanno spinto ad accettare l’offerta dei Kings e quali sono le aspettative per la stagione

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L’ultima volta che Riccardo Fois ha preso parte a una partita NBA era gara-6 delle NBA Finals nel 2021, uscendo sconfitto sul campo dei Milwaukee Bucks guidati al titolo dai 50 punti di Giannis Antetokounmpo. A tre anni di distanza dalla fine della sua esperienza con i Phoenix Suns, l’assistente allenatore della nazionale al fianco di Gianmarco Pozzecco ritorna in NBA ripartendo da Sacramento, dove ritrova non solo coach Mike Brown ma anche Domantas Sabonis, incontrato quasi dieci anni fa all’università di Gonzaga. Una squadra che in estate ha aggiunto DeMar DeRozan a un gruppo ben collaudato nelle ultime due stagioni, ma che vuole fare il definitivo salto di qualità ritornando ai playoff dopo averli mancati lo scorso anno perdendo al torneo play-in contro New Orleans. Così che anche Fois possa chiudere il cerchio aperto tre anni fa con le Finals, ritornando e conquistando il titolo NBA a cui tutta la franchigia aspira.

Di nuovo in NBA con i Sacramento Kings: come si è concretizzato il tuo passaggio da Arizona a Sacramento?

"Quest’estate c'è stata l’opportunità di tornare a lavorare con coach Mike Brown, con il quale avevo già collaborato con la nazionale americana. Sacramento raccoglieva un po' tutte le cose che cercavo se mai fossi dovuto tornare in NBA: questa è la lega migliore del mondo, e se uno vuole essere il migliore, è un’opportunità e un privilegio enorme farne parte".

 

Ai Kings ritrovi Domas Sabonis che avevi avuto all’università di Gonzaga: è uno dei motivi che ti hanno spinto ad accettare questa avventura?

"Sì, non è il motivo principale, però Domas è come un fratellino per me e sicuramente la sua presenza qua è uno dei motivi che mi hanno spinto ad accettare. L’ho avuto a Gonzaga quando era veramente un ragazzino e adesso lo ritrovo da All-Star. La sua presenza qua e l’opportunità di fare qualcosa di incredibile insieme a questo livello è qualcosa che mi ha influenzato e di cui sono molto contento".

 

Che ambiente hai trovato?

"È un altro dei motivi che mi hanno convinto a fare questa scelta. Ho trovato un ambiente fantastico: c’è una grande famiglia tra gli allenatori, una grande famiglia a livello di front office, una grande famiglia di giocatori con una cultura di altissimo livello. Ho trovato veramente tutti disponibilissimi e questa empatia tra tutte le parti, in più l'empatia con la città di Sacramento che è una delle città che ama il basket in assoluto di più del panorama NBA, è veramente bello. È bello far parte di questa organizzazione".

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Una settimana dall'inizio del regular season, siamo in training camp, su cosa vi state concentrando a livello tecnico?

"Ci stiamo concentrando sul crescere insieme: è una squadra che gioca insieme già da due anni e ha fatto molto bene, quindi innanzitutto speriamo di non rovinare quello che hanno fatto. Abbiamo aggiunto un grande pezzo come DeMar DeRozan e quindi il training camp è stato importante per integrare lui all’interno del nostro sistema. In più abbiamo lavorato per migliorare quelle che sono state alcune lacune negli ultimi due anni come la nostra difesa, che sicuramente ha dei margini di miglioramento".

 

Cosa vi può dare DeMar DeRozan?

"Spero che ci dia quello che mancava a questa squadra: un pizzico di esperienza nei momenti decisivi. Anche se non ha vinto il titolo e non è arrivato in finale NBA, è stato tantissime volte lì lì per andarci con Toronto e ha preso parte a gare di altissimo livello nei playoff. La situazione qui mi ricorda quella di Phoenix: lì c’era una squadra giovane e talentuosa ed arrivò Chris Paul che riuscì a portarci al livello successivo. DeRozan può essere quel giocatore per noi".

 

Una squadra per non è fatta solamente da superstar. In quintetto per voi parte Keon Ellis: ci puoi raccontare la sua storia?

"La storia di Keon Ellis è bellissima perché è un giocatore undrafted che va in G-League e si deve conquistare tutto. Poi entra nelle rotazioni, poi arriva in quintetto e diventa un giocatore amato dai compagni e amato dai tifosi perché rappresenta proprio quello che è l'American Dream. È chiaro che ci sono solo pochi LeBron, pochi Giannis e pochi Doncic al mondo, ma tutti i giocatori di basket possono avere una carriera guardando a Keon Ellis, lavorando duro e diventando una stella nel proprio ruolo".

 

Che ambizioni hanno i Kings? Si parla di titolo? Sentite che potete fare l'ultimo passo?

"Sicuramente quella è l'ambizione della squadra e l'ambizione personale. L’ultima volta che sono stato in NBA ho perso contro Milwaukee nella finale NBA: quella è stata la mia ultima partita. Un altro dei motivi per cui sono venuto a Sacramento è perché penso che qui possiamo vincere, possiamo completare un po' quel cerchio che era partito con Mike Bibby, Chris Webber, Vlade Divac e che si interruppe solo di fronte a dei Lakers fenomenali. È chiaro che bisogna fare un passo per volta perché l'Ovest è super competitivo e i Boston Celtics sono una squadra dominante negli ultimi anni, però è sicuramente lì che vogliamo arrivare noi".

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