Denver arranca, Jokic sta sprecando il momento migliore della sua carriera?

Sono molte le cose per cui Nikola Jokic si è fatto conoscere da tifosi e addetti ai lavori di tutto il mondo negli ultimi anni, tra cui spicca ovviamente il fatto di essere stato senza alcun dubbio il miglior giocatore di basket del pianeta. Il ragazzo di Sombor, però, è diventato celebre anche per il distacco, a volte vicino al vero e proprio disinteresse, con cui ha affrontato sia i trionfi, che non sono mancati, che le inevitabili delusioni. Anche per uno come Jokic, apparentemente imperturbabile, però, esiste un limite alla pazienza e alla sopportazione. E quel limite pare essere stato superato sabato notte, quando il tre volte MVP ha ritoccato il suo massimo in carriera in una singola partita segnando 56 punti, a cui ha aggiunto 16 rimbalzi e 8 assist, sfiorando la 140° tripla doppia in regular season della sua carriera. Una prestazione semplicemente mostruosa, arrivata all’interno di un inizio di stagione in cui il centro di Denver sta giocano forse la sua miglior pallacanestro, di certo la più efficiente dal punto di vista statistico, e che non è comunque bastata per vincere sul campo della peggior squadra di tutta la NBA. Gli Wizards, infatti, prima di affrontare i Nuggets venivano da 16 sconfitte consecutive, e la loro ultima vittoria risaliva addirittura allo scorso 30 ottobre. Eppure, trascinata dai 39 punti di Jordan Poole, che dopo aver vinto il titolo con Golden State nel 2022 nelle ultime due stagioni è finito con maggiore frequenza nel bersaglio di Shaquille O’Neal a “Shaqtin’ a Fool” piuttosto che negli highlights di giornata, Washington ha finito per prevalere nettamente 122-113. E dopo la sconfitta, la 6° nelle ultime 10 partite, Jokic ha sbottato in conferenza stampa, arrivando addirittura a sostenere che, considerate le prestazioni fornite dalla squadra nelle ultime settimane, forse andrebbero rivisti, se non del tutto bloccati, i ricchi stipendi percepiti da lui e dai compagni. Lo scossone che “The Joker” ha provato a dare all’ambiente sembra aver prodotto i risultati sperati, perché ventiquattr’ore dopo, grazie soprattutto a un’altra prestazione strepitosa da 48 punti, 14 rimbalzi e 8 assist della loro stella, i Nuggets sono riusciti a battere Atlanta. Il futuro a breve termine della squadra, però, rimane come minimo incerto. I PASSI INDIETRO DEI NUGGETS CAMPIONI Il prezzo pagato dai Nuggets per queste ultime settimane contraddistinte da prestazioni fiacche, quasi mai all’altezza delle attese, si è tradotto in uno scivolamento verso il basso nella classifica della Western Conference, che ora vede i campioni NBA del 2023 al 7° posto, in piena lotta per il play-in. Un tracollo, quello di Denver, difficile da immaginare prima dell’inizio della stagione, ma che a ben guardare era stato anticipato da segnali piuttosto chiari. Segnali culminati in quella gara-7 persa in maniera clamorosa in casa contro Minnesota al secondo turno degli ultimi playoff, eppure presenti già dall’estate successiva alla conquista del primo titolo nella storia della franchigia. Le sessioni di mercato seguite alla vittoria su Miami alle Finals del 2023, infatti, hanno visto coach Mike Malone perdere giocatori fondamentali per gli equilibri di squadra come Bruce Brown prima e Kentavious Caldwell-Pope poi, oltre a una presenza di notevole importanza nello spogliatoio come il veterano Jeff Green. Le scelte operate dai Nuggets, e fortemente influenzate da una struttura salariale appesantita dai contratti concessi ai loro quattro migliori giocatori, hanno finito per indebolire in maniera sempre più evidente la squadra. Ai giovani arrivati attraverso gli ultimi Draft, Christian Braun, Peyton Watson e Julian Strawther in testa, sono state affidate man mano speranze puntualmente deluse. Così come deludenti sono state le ultime due stagioni giocate da Jamal Murray, invischiato in una involuzione tecnica che si accompagna a continui problemi fisici, e da Michael Porter Jr., il cui tanto auspicato salto di qualità da role-player di lusso a vera e propria stella sembra ormai irrealizzabile. I risultati arrivati sul campo, quindi, sono l’espressione tangibile di una crisi ora divenuta palese in tutta la sua evidenza, e maturata nonostante la presenza di quella che appare a tutti gli effetti una delle più formidabili macchine da pallacanestro mai viste sui parquet della NBA. UNA INARRESTABILE MACCHINA DA PALLACANESTRO In teoria, arrivato ormai alla sua 10° stagione in NBA, Jokic dovrebbe essere tutto fuorché un oggetto misterioso per le altre 29 squadre all’infuori di Denver. E, in effetti, tutti i coaching staff e gli scout della lega, dopo averlo visto dominare le stagioni che l’hanno portato a vincere tre premi di MVP nell’arco di quattro anni, conoscono in profondità le caratteristiche tecniche di “The Joker” e il modo in cui gioca. Eppure, nonostante questo e nonostante le attenzioni che a ogni partita gli vengono riservate dalle difese avversarie, Jokic continua a risultare un rebus del tutto irrisolvibile per chi affronta i Nuggets. Il serbo, infatti, sta vivendo la miglior stagione della sua carriera per punti , assist , triple segnate e palle rubate a partita, mentre i rimbalzi di media a partita sono il secondo miglior dato della sua carriera. Numeri, quelli del centro di Denver, che attualmente lo vedono al 2° posto nella classifica marcatori, in quella dei rimbalzisti e in quella dei migliori assistman. Difficile, anzi quasi impossibile fare meglio di così, eppure la squadra attorno a lui naviga nella mediocrità assoluta. D’altronde, basta confrontare il rendimento dei Nuggets con lui in campo e quello nei momenti, peraltro molto brevi, in cui la stella della squadra resta in panchina a riprendere fiato. Con Jokic sul parquet i Nuggets hanno un offensive rating di 123.9, che sarebbe nettamente il migliore della lega, un dato che quando lui rifiata crolla a 94.9, ovvero oltre 10 punti sotto gli Wizards, titolari del peggior attacco della lega. Senza Jokic, insomma, Denver non sarebbe nemmeno una squadra NBA, e, arrivati a questo punto, l’inconsistenza dei Nuggets sembra davvero in grado di sprecare il picco di carriera di quello che, arrivato alla soglia dei trent’anni, può a pieno diritto essere considerato uno dei più grandi giocatori di sempre. IL FUTURO DI DENVER E QUELLO DI JOKIC Per come si sono messe le cose, è complicato immaginare un modo in cui Denver possa risollevare le sorti di una stagione avviata a essere a dir poco deludente. Di certo l’aver potuto contare su Aaron Gordon, che con il suo arrivo in Colorado nella primavera del 2021 aveva fatto fare un salto di qualità alla squadra, solo per metà delle partite disputate ha influito, ma nel complesso le radici della crisi ormai manifesta appaiono profonde. La traiettoria dei Nuggets e quella di Jokic, quindi, paiono viaggiare in direzioni opposte, e per la dirigenza di Denver non sarà facile invertire la rotta. Ammesso che il General Manager Calvin Booth voglia sondare il mercato, infatti, considerate le prestazioni fornite nel corso dell’ultimo anno e mezzo, i contratti concessi a Murray, 260 milioni di dollari complessivi con scadenza 2029, e a Porter Jr., 113 milioni per le prossime tre stagioni, non sembrano poter suscitare grande interesse da parte di eventuali acquirenti. E di altri margini di manovra in entrata i Nuggets non ne hanno, ragion per cui la squadra pare destinata a rimanere questa, con tutti i limiti e i difetti emersi nella prima parte di regular season. E per quanto Jokic, legato alla franchigia fino al 2028, si sia sempre detto felice a Denver, un’altra stagione deludente potrebbe anche portarlo a riconsiderare il suo orizzonte futuro.

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Dario Costa