Lo sfogo di Antetokounmpo e l'NBA Cup come svolta della stagione di Milwaukee

Provare a individuare uno snodo all’interno della stagione di una squadra è sempre un’opera complessa, a maggior ragione se si tratta di una squadra della NBA, che con la sua regular season lunghissima e logorante offre possibilità quasi infinite di perdersi così come di ritrovarsi. Nel caso dei Bucks e dell’annata cominciata lo scorso ottobre, però, è quasi impossibile non individuare la data dell’8 novembre come un momento chiave. Quella sera Milwaukee perdeva e perdeva male 116-94 contro i Knicks al Madison Square Garden, ultima tappa di un avvio di stagione tutto in salita. E nelle interviste del dopo partita, Giannis Antetokounmpo si lasciava andare a uno sfogo decisamente sopra le righe, in cui ribadiva la sua frustrazione per il fatto che i compagni non provassero nemmeno a vincere e, rivolgendosi a qualcuno in quel momento non inquadrato dalle telecamere, lo invitava platealmente ad andarsene nel caso non gradisse giocare con i Bucks. Dopo lo sfogo della sua stella, Milwaukee avrebbe perso ancora, in casa contro i Celtics campioni in carica, portando il record complessivo a un poco meno che disastroso 2-8. Da lì, dal punto più basso raggiunto da quella che nei pronostici estivi veniva considerata una contender per il titolo dalla maggior parte degli addetti ai lavori, sarebbe però cominciata una risalita a tratti inarrestabile e culminata nella recente nottata di gloria a Las Vegas. Una gloria forse non effimera Anche se sul peso specifico e l’importanza da attribuire alla Emirates NBA Cup, arrivata solamente alla sua seconda edizione, rimangono ancora dubbi e opinioni contrastanti, alzare un trofeo non rappresenta mai una cosa banale o scontata. E non lo è stato di certo per i Bucks, che partendo proprio dal buco nero in cui erano sprofondati dopo le prime dieci partite della regular season sono riusciti a regalarsi una gioia che mancava oltre tre anni, ovvero dalla conquista del secondo titolo nella storia della franchigia alle Finals del 2021. Un percorso netto, quello di Antetokounmpo e compagni nel nuovo torneo creato dalla NBA, passato attraverso 4 vittorie su 4 partite nella fase a gruppi e quindi costruito con i successi su Orlando ai quarti, Atlanta in semifinale e Oklahoma City nella finalissima della scora notte. Tre squadre, quelle affrontate da Milwaukee nelle tre partite da dentro o fuori, accomunate dal fatto di avere un nucleo giovane e in grande crescita e dall’aver nel complesso poche pressioni riguardo al risultato finale. Tutto il contrario dei Bucks, insomma, per cui la Emirates NBA Cup ha rappresentato all’inizio una sorta di via di fuga, almeno momentanea, dagli scarsi risultati arrivati in regular season e si è poi trasformata nell’occasione ideale per accompagnare una risalita verso la luce che man mano si è fatta sempre più spedita. Il trionfo sui Thunder, arrivato grazie all’ennesima prestazione mostruosa di Antetokounmpo, autore di una tripla doppia da 26 punti, 19 rimbalzi e 10 assist e eletto MVP di un torneo chiuso a 30.5 punti, 10.2 rimbalzi e 7.7 assist di media, ha quindi riportato Milwaukee alla ribalta un po’ come era successo ai Lakers un anno prima. E proprio quel precedente, che sembrava la premessa perfetta per una seconda parte di stagione da vivere con grandi ambizioni per LeBron James e compagni, in qualche modo obbliga a frenare gli entusiasmi in casa Bucks. Per i Lakers, infatti, una volta arrivati alle fasi decisive dell’annata tra la fine della regular season e l’inizio dei playoff, la gloria maturata sul parquet della T-Mobile Arena di Las Vegassi è rivelata alquanto effimera e ha portato alla netta eliminazione al primo turno contro Denver. Al di là del successo ottenuto ai danni di Oklahoma City, però, i numeri sembrano confermare come i ragazzi agli ordini di coach Doc Rivers siano stati capaci di cambiare marcia nell’ultimo mese e, con ogni probabilità, la vittoria della Emirates NBA Cup ha rappresentato solo una tappa, per quanto importante, di un percorso che potrebbe portarli ancora lontano. La svolta nei numeri Anche senza volersi addentrare nel dettaglio delle singole statistiche di squadra, la svolta nella stagione dei Bucks appare già evidente nel record delle prime dieci partite, come già detto un 2-8 che proiettava i campioni NBA 2021 alla penultima posizione della classifica della Eastern Conference, e quello tenuto da lì in poi, un perentorio e convincente 12-3. Lo scarto nel rendimento complessivo è macroscopico e le ragioni di un cambio di marcia così brusco, al netto dello scossone emotivo generato dalle parole di Antetokounmpo citate poco fa, vanno ricercate in un equilibrio tattico che Milwaukee pare aver finalmente trovato. Durante le prime dieci partite della regular season, i Bucks avevano messo in mostra il 20° attacco e la 26° difesa di tutta la lega, dati che di solito si legano a squadre destinate a soggiornare nelle zone basse se non bassissime delle classifiche delle due Conference. Nelle quindici partite successive, Giannis e compagni hanno invece avuto il 7° attacco e la 13° difesa di tutta la NBA. Lo scatto in avanti nell’efficacia offensiva è passato, com’è ormai quasi inevitabile nella pallacanestro contemporanea, dalla precisione al tiro da tre, dove nelle ultime quindici partite Milwaukee è stata la miglior squadra di tutta la lega con un eccellente 41.9% complessivo. E la maggior accuratezza al tiro dalla lunga distanza ha finito quasi inevitabilmente per trascinare in altro anche la percentuale reale al tiro complessiva, passata dal 55% delle prime dieci partite al 59.2% delle successive quindici, miglior dato d tutta la NBA. E il tiro da tre, volente o nolente, ha rappresentato anche una delle chiavi di volta nella metà campo amica. Nelle prime dieci partite i Bucks concedevano agli avversari di prendere il 42.2% delle loro conclusioni da dietro la linea dei tre punti, 3° peggior dato di tutta la lega, e gli avversari realizzavano con il 38% dalla lunga distanza. Dopo la svolta di metà novembre, invece, la percentuale di conclusioni da tre concessa alle altre squadre è scesa al 36.2%, 3° miglior dato di tutta la lega, e gli avversari hanno sfruttato il tiro dalla lunga distanza realizzando con il 36.3% di media . In sostanza non pare azzardato affermare che dopo una fase piuttosto lunga di assestamento, Milwaukee abbia capito cosa fare su entrambi i lati del campo e come farlo per sfruttare al meglio le caratteristiche del gruppo di giocatori a disposizione. Un gruppo di giocatori che, trascinato dal duo di stelle che nell’estate del 2023 aveva fatto fantasticare di traguardi fin qui rimasti per l’appunto immaginari, ora può quantomeno guardare al futuro con una sana dose di ottimismo. Nelle mani di Giannis e Dame Dopo aver coronato con la vittoria in Emirates NBA Cup la svolta impressa alla loro stagione da metà novembre in poi, la domanda ora diventa: dove possono arrivare questi Bucks? Nei pronostici di inizio stagione Milwaukee veniva quasi sempre inserita tra le possibili inseguitrici di Boston a Est, spesso accanto a New York e Philadelphia. Il pessimo avvio di stagione dei ragazzi di coach Rivers, accompagnato viceversa dalla strabiliante regular season fin qui disputata da Cleveland e dalla crescita di una Orlando ormai stabilmente da piani alti, aveva però subito cambiato la geografia della Eastern Conference. Al momento Milwaukee, con il suo record di 14-11, occupa la 5° posizione a Est, ancora piuttosto lontano da Magic e Knicks, rispettivamente 4° e 3°, e con Heat e Hawks nelle immediate vicinanze e pronte a disputarsi gli ultimi due posti che portano direttamente ai playoff senza passare dalla lotteria del play-in. Quella occupata da Milwaukee, insomma, è una posizione di mezzo che concede ben poche speranze di poter fare la corsa su Cavs e Celtics, a oggi per distacco le due squadre migliori della Conference. Qualora i Bucks dovessero riuscire a dare continuità ai risultati ottenuti nell’ultimo mese abbondante, però, un posto tra le prime quattro dell’Est, con relativo vantaggio del fattore campo almeno al primo turno dei playoff, non sarebbe affatto un miraggio. E, sempre se la squadra dovesse confermare anche nei prossimi mesi la consistenza e la continuità dimostrate dopo la svolta di inizio novembre, dalla primavera in poi Milwaukee potrebbe davvero recitare il ruolo dell’outsider e coltivare la legittima aspirazione di sorprendere tutti, un po’ come ha appena fatto con la repentina risalita dopo il pessimo avvio di stagione. D’altronde, quando si ha un Antetokounmpo così, confermatosi leader emotivo ancor prima che tecnico della squadra e, ora come ora, forse unico antagonista credibile di Nikola Jokic per il premio di MVP, sognare non è affatto vietato. Soprattutto se, come avvenuto durante la cavalcata che li ha portati ad alzare la Emirates NBA Cup, i Bucks potranno contare anche su un Damian Lillardfinalmente ritrovato. Con quei due, Giannis e Dame, al meglio della condizione fisica e dell’intesa reciproca e supportati da un impianto tattico stabile, c’è da scommettere che sarebbero in molti a volerli evitare il più a lungo possibile nella lotta per il Larry O’Brien Trophy.

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Dario Costa