Ha giocato in NBA per nove stagioni vestendo le maglie di otto squadre diverse, ma per tutti Jeremy Lin è il protagonista dell’indimenticabile ‘Linsanity’ vissuta con i Knicks nel febbraio 2012. Ora, a 37 anni e dopo aver trascorso le ultime annate tra la Cina e Taiwans, l’ex anche di Lakers e Rockets ha deciso di dire basta. Si chiude così una carriera bizzarra, vissuta tra picchi di popolarità clamorosi e prestazioni individuali non sempre all’altezza delle aspettative
Negli ultimi anni se ne erano perse un po’ le tracce, perché le sue avventure cestistiche tra Cina e Taiwanl’avevano allontanato parecchio dai riflettori, ma il nome di Jeremy Lin ha continuato comunque a vivere di una notorietà frutto di imprese risalenti ormai a oltre dieci anni prima. Snobbato al Draft del 2010, infatti, l’ex Harvard è riuscito a costruirsi una solida carriera in NBA durata nove stagioni grazie alla testarda convinzione nei propri mezzi. In quelle nove stagioni, Lin ha vestito la maglia di ben otto squadre diverse, tra cui Lakers, Rockets e Nets, chiudendo con 11.6 punti e 4.3 assist di media a partita il suo percorso nella lega. La sua notorietà, o forse sarebbe meglio dire la sua leggenda deriva però da quell’incredibile febbraio del 2012 vissuto in uno stato di autentica grazia da mattatore dei Knicks e passato alla storia come ‘Linsanity’. Ed è assai probabile che proprio per quel mese incredibile verrà ricordato anche adesso che ha deciso di dire basta con il basket.
La ‘Linsanity’ e una carriera inaspettata
11 partite, 24.6 punti, 9.2 assist,4.1 rimbalzi di media e canestri del tutto impossibili per vittorie di squadra altrettanto improbabili. Questo, in estrema sintesi, il riassunto di quel mese di febbraio che nel 2012 ha catturato l’attenzione e la fantasia di tifosi e appassionati di tutto il mondo. Lin, che fin lì era rimasto un giocatore quasi anonimo sul fondo delle rotazioni della squadra, sfruttava in quel modo lo spazio lasciatogli dai tanti infortuni che avevano colpito il roster dei Knicks, diventando immediatamente il beniamino indiscusso dei tifosi newyorkesi e non solo. La portentosa impennata a livello di popolarità avrebbe poi aperto a Lin le porte verso un percorso di carriera prima inimmaginabile, anche se dopo l’addio a New York, arrivato solo pochi mesi dopo la ‘Linsanity’, il ragazzo di origini taiwanesi non è mai stato più davvero in grado di ritrovare quella magia. E, in fondo, è andata bene anche così, perché come ha scritto lo stesso Lin nell’annunciare il suo ritiro: “Ho potuto vivere il sogno che avevo fin da bambino e sono andato addirittura oltre, sfidando gli stereotipi rispetto a quanto uno con il mio aspetto avrebbe potuto combinare su un campo da basket”.