Danilo Gallinari: praticamente un All Star

Se dovessi raccontare Danilo Gallinari a qualcuno che non lo ha mai visto giocare, partirei dicendo che Danilo è stato un giocatore unico, una combinazione di talento, fisicità, atletismo e aggressività fuori dal comune. Una guardia nel corpo di un’ala grande di quasi 2 metri e 10, un cestista di una completezza semplicemente disarmante, che poteva fare canestro in decine di modi differenti. È stato un atleta ‘ammorbante’, di quelli che non ti stancheresti mai di vedere. Il primo ricordo che ho di lui è di quando a 17 anni andò a disputare la prima stagione con i ‘grandi’ a Pavia, in A2. Fu da subito molto sfortunato, perché un problema fisico lo obbligò a saltare buona parte del campionato. Al tempo giocavo a Biella, e il mio allenatore mi raccontava spesso di quanto Danilo fosse già un fenomeno, aggressivo e super duttile in campo, nonostante fosse ancora un ragazzino. Quando ci ritrovammo in Serie A la stagione successiva, io con Treviso e lui con Milano, mi impressionò per la sua sicurezza sul parquet: un atteggiamento non comune a quell’età, un atteggiamento di chi sa di essere ‘diverso’ dai suoi coetanei e non ha un minimo di timore reverenziale nei confronti dei giocatori di 30 anni con cui divide il campo. Se per Marco Belinelli il tratto distintivo era il movimento continuo e le triple in uscita dai blocchi, il marchio di fabbrica di ‘Gallo’ è stata la bravura di sapere sempre come attaccare in base all’avversario che lo stava marcando: poteva andare con il fisico, spalle a canestro, contro quelli più piccoli; poteva attaccare fronte a canestro chi era più grosso e lento; poteva uscire dai blocchi e tirare contro i pari ruolo. Sapendo fare praticamente tutto, ‘Gallo’ sapeva adattare la sua pallacanestro in ogni situazione, quasi sempre sotto controllo. Credo sia stato questo il segreto della sua lunghissima carriera: 16 anni in NBA ininterrottamente, nonostante i tantissimi infortuni, e per 12 stagioni consecutive in doppia cifra di punti. Gallinari è stato un giocatore vero anche per gli standard NBA, più volte vicino ai 20 di media: sono convinto che se fosse stato sempre 'sano' staremmo parlando di un All Star. Purtroppo il fisico troppo spesso gli ha giocato dei brutti scherzi. Paradossalmente non abbiamo mai visto il suo ‘vero’ potenziale, eppure si può azzardare dicendo che è stato il giocatore più completo che il basket italiano abbia mai visto. Poi si può obiettare dicendo che Marco Belinelli è stato capace di vincere un titolo, o che Andrea Bargnani sulla singola stagione ha segnato di più, ma poco importa: ‘Gallo’ ha lasciato l’Italia che era un bambino e ha avuto la bravura per fare una carriera intera negli Stati Uniti. Vincere in NBA non è facile, lui ha fatto per tanti anni i playoff, la sua sfortuna è stata quella di non aver mai giocato in una squadra che avesse una reale chance di titolo, eppure è stato un giocatore capace di incidere in ogni franchigia in cui è stato, fino all’ultimo momento. Con l’ultima stagione a Porco Rico ha fatto vedere di poter avere ancora qualcosa da dare, pur avendo lasciato intendere che un ritorno in Italia, o in generale in Europa, fosse da escludere. Certo, ha sempre sostenuto che gli sarebbe piaciuto finire all’Olimpia; forse, pensandoci bene, l’ultima apparizione all’Europeo della scorsa estate è stata un modo per chiudere il cerchio con il basket italiano. Chiudere quantomeno con la Nazionale prima di salutare definitivamente l'universo della palla a spicchi, dopo una carriera dedicata alla NBA che con tutta probabilità gli ha presentato il conto. In Nazionale purtroppo l'ho vissuto in poche occasioni: il suo esordio, qualche amichevole insieme, un All Star Game. Ma ho il ricordo di un ragazzo che sapeva sia essere leggero che serio, estremamente maturo – un tratto che ha mantenuto per tutta la carriera durante le interviste – ma che sapeva stare, vivere e godersi lo spogliatoio con tutte le sue dinamiche. ‘Gallo’ fin da giovanissimo è stato un professionista vero, ma anche tanto sfortunato. Chissà cosa avrebbe potuto raggiungere senza tutti i vari infortuni – alcuni molto gravi – che ne hanno costellato la carriera. Fosse stato sempre sano, specie durante il suo prime, parleremmo di un atleta molto vicino allo status di superstar. Eppure, nonostante i rimpianti di quella generazione d’oro della Nazionale, per attaccamento alla maglia e qualità di quel gruppo, sono convinto che sarà comunque molto orgoglioso della carriera che ha fatto. Perché Danilo Gallinari è stato uno dei migliori cestiti che l’Italia abbia mai visto. Non serve aggiungere altro.

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Matteo Soragna