I divini del ghiaccio sulla scia di zar Plushenko. IL VIDEO

Olimpiadi
Evgeni Plushenko, lo zar siberiano, è tornato a incantare tutti sul ghiaccio di Vancouver
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Il russo nato in Siberia e adottato da San Pietroburgo è tornato a Vancouver, dopo la pausa dall'oro di Torino, per non farsi rubare il titolo. Il nostro Contesti non incanta nel programma corto (14°). Ed è solo l'inizio... FOTO, SPECIALE E HIGHLIGHTS

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I divini del ghiaccio scendono in pista stretti nei lustrini un po' Canzonissima anni 70, un po' supereoi, volteggiano sui Carmina Burana e l'Amelie di cinematografica memoria, ma c'è anche chi osa la chitarra di Jimy Hendrix. Difficile che cadano, la legge di gravità è meno impietosa per i ragazzi che ballano sul ghiaccio: ma stare in piedi non basta per scalare la classifica.

Lo sanno i tanti virtuosi dei pattini che si susseguono senza lasciare il segno, a parte le righe sul ghiaccio. Quasi tutti, tranne uno: a Evgeni Plushenko basta muovere i passi, uno dietro l'altro senza strafare, per disegnare tra lui e il resto del mondo una linea anche quando il suo punteggio si ferma, per così dire, a 90.85, un punto meno di quanto messo insieme a gennaio a Tallin, quando vinse l'Europeo. Il russo nato in Siberia e adottato da San Pietroburgo è tornato a Vancouver, dopo la pausa dall'oro di Torino, per non farsi rubare il titolo.

E' il decimo a scendere nell'ovale del Pacific Coliseum, ma gela tutti con la sua sequenza choc: quadro e triplo toeloop, e poi triplo axel, triplo luz e una serie di trottole e passi ad effetto. Solo una sbavatura, poi la standing ovation mentre si risistema il grosso crocefisso sotto la tuta nera e paillettes. Lo zar è tornato, e  confesserà lui stesso perché: soffriva in quei tre anni di pausa a non vedere nessuno girare per quattro volte in aria.

"Senza il salto quadruplo il pattinaggio maschile non esiste - ha detto sorridendo - Non è possibile, devo tornare mi sono detto". Anche altri tre dichiarano la figura killer nel programma (Stephane Lambiel, Brian Joubert e Tomas Verner), ma solo lui la sa confezionare fino alla fine, senza barare. Ed è questa la sua forza, che non viene meno nemmeno quando racconta di aver perso due chili negli ultimi due giorni, di non aver mangiato nemmeno prima della gara, di sentire qualche doloretto ai muscoli, ma di non avere l'ossessione dell'oro: "Non ci penso, piuttosto penso ai miei salti e sono soddisfatto di come è andata. Io del resto sono già nella storia perché sono tornato".

Quanto basta perché quella linea nera, seppure sottile in termini di punteggio, diventi un solco anche per l'americano Evan Lysacek che pure lo insegue a un soffio con 90.30, campione del mondo in carica costretto a inseguire in questa gara che mette in fila ben quattro iridati. Tra loro lo svizzero Lambiel che, nei panni di Guglielmo Tell in omaggio all'opera rossiniana, si è fermato al quinto posto: decisamente peggio ha fatto il francese mondiale nel 2007, Brian Joubert, che paga pesantemente una caduta finendo 18° e dice addio a qualsiasi ambizione da podio.

Tanto rumore per nulla, o quasi, ha sollevato l'altro statunitense in pista, l'istrionico Johnny Weir. Dopo le animate proteste degli ambientalisti ha abbandonato il collo di pelliccia  e si è presentato, lui che negli States ha addirittura un Reality tutto suo, quasi in lingerie: la tutina nera lo stringeva come una guepiere, con stringhe rosa fluorescenti intorno alla vita e schiena velata. L'esibizione, quella sui pattini, gli è valsa il sesto posto davanti all'idolo di casa Patrick Chan, argento agli ultimi mondiali di Los Angeles.

Il giro di pista non fa sorridere invece l'Italia: Samuel Contesti, che pure è nato a Le Havre e se è finito nella nazionale azzurra lo deve al matrimonio con Geraldine Zulini (che sfoggia un tricolore dedicato al figlioletto 'Ennio we miss you') sperava che fosse arrivato il suo momento, dopo l'argento europeo di un anno fa. A Vancouver l'esibizione non è accattivante, la musica sottotono e  finisce pure pancia a terra sul triplo flip. Solo 14°, con 70,60 e annesso addio alle ambizioni della vigilia, che potevano anche concretizzarsi visti alcuni scivoloni eccellenti.

Fa festa invece come un bambino Paolo Bacchini: è ventesimo, ma non è mai caduto. Peccato però che non vinca chi resta in piedi, ma chi incanta: solo Plushenko lo sa fare: "Sono soddisfatto, ho saltato bene" dice. E il piatto migliore lo deve ancora servire: nel libero ci sarà il vero zar, con tutta la fantasia al potere. Gli altri provino a tirare fuori dal cilindro i numeri di magia, i lustrini non bastano.