Dalla Kostner a Zoeggeler, da Fabris al fondo: Vancouver amara per gli azzurri. Non fosse per Razzoli, che indora la pillola, si tornerebbe in Italia con le pive nel sacco come mai. Analisi di un fallimento. IL VIDEO, LE FOTO, LO SPECIALE E GLI HIGHLIGHTS
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L'ANALISI DI COTELLI: RAZZOLI IMBATTIBILE
La chicca del Razzo dell'Appennino indora la pillola, ma non salva l'Italia. Le tinte dei Giochi di Vancouver restano in chiaroscuro, e che non fossero mai state azzurre lo si era capito fin dall'esordio, quando il flop di Enrico Fabris e l'oro mancato di Armin Zoeggeler avevano già ridimensionato i sogni del clan tricolore: poi il lampo finale di Giuliano Razzoli, in una disciplina di peso come lo sci, ha dato una raddrizzata che comunque non garantisce la sufficienza.
"E' stata una sofferenza, sono stati Giochi in chiaroscuro, da cinque e mezzo", ammette il presidente del Coni, Gianni Petrucci, nel giorno in cui non si fanno i processi, ma i conti sì. Da 22 anni, cioè dall'altra edizione canadese di Calgary 88, l'Italia non chiudeva con una sola cifra nel medagliere, e a parte le vacche grasse di Lillehammer per tutto il decennio '90 e fino a Torino 2006 si è vissuta un'età dell'oro.
Vancouver rappresenta un passo indietro nei numeri e nella sostanza, e se l'età media delle medaglie diminuisce rispetto a quattro anni fa (27 contro i 30,47 anni di allora) il Paese sportivo resta comunque vecchio se confrontato con il resto del mondo. E anche non all'avanguardia con i nuovi sport inseriti nei programmi a cinque cerchi, che tanto piacciono al Cio (e ai giovani), ma su cui l'Italia non c'è.
La vittoria dello slalom rende il disastro meno disastroso, insomma "lo scenario cambia un po', ma non sono stati Giochi esaltanti. La Quaresima è stata interrotta, e se non è Pasqua almeno abbiamo avvicinato la pasquetta", ammette Petrucci. Sono mancate medaglie importanti, ma alla fine si salvano tutti: perchè le federazioni passano a voti dignitosi, quanto agli atleti sono sacri.
"Io sono sempre dalla loro parte, quando rispettano l'etica". Certo in futuro qualcosa deve cambiare: intanto il peso specifico per gli azzurri stessi delle Olimpiadi. Da adesso in poi i Giochi saranno il primo obiettivo per chi sta in nazionale: dopo vengono mondiali e proprio in fondo le coppe del mondo. Perché anche secondo il segretario generale, Raffaele Pagnozzi, in molti hanno sottostimato il valore della partecipazione olimpica, che potrebbe anche essere ristretta nei prossimi anni. Che senso ha portare 109 atleti per poi finire nelle retrovie con la maggior parte di loro?
Un altro punto su cui il Coni è deciso a riflettere. "Un campione olimpico lo è per sempre, quelli mondiali sono ex" aggiunge Pagnozzi. Tra le novità ci sono i rapporti tra la preparazione olimpica e le federazioni "ma in sintonia". Petrucci spiega che serve una "maggiore incisività, non contro le federazioni". Il dopo Vancouver in vista di Sochi vedrà applicate alle Olimpiadi invernali le regole delle estive: la commissione sulla preparazione (quella in cui siede anche Arrigo Sacchi) farà una "verifica annuale e se tutto viene attuato" secondo le indicazioni del Coni. Così come sarà il comitato olimpico a dire la sua sulla scelta dei direttori tecnici delle nazionali, e sebbene il made in Italy resti di grande qualità, non è escluso che si peschi all'estero per fare il salto di qualità in alcune discipline. Avanti anche con la ricerca scientifica e il lavoro in tandem con la Ferrari. Ed anche i finanziamenti saranno in base ai programmi e sui risultati che si raggiungono.
Quanto agli investimenti record, non esisteranno atleti a statuto speciale. Il discorso riguarda Carolina Kostner e il fallimento sul ghiaccio canadese dopo i 120mila euro stanziati per la sua trasferta americana. "Ho detto che non era una campionessa parlando da padre - dice Petrucci - perché il campione si vede in queste circostanze. Non la si difende ovattandola, la speranza è nei risultati. Le è stato dato tutto quello che ha chiesto, io ho ancora fiducia, non c'è alcun attacco perché la considero comunque un patrimonio italiano".
Quanto al clima pesante nello short track (considerando che la massima delusioneè arrivata dalla pista lunga, con Fabris su tutti) e ai litigi interni "spetta al Coni tutto quello che succede ai Giochi". Nessuna punizione per la ribelle Arianna Fontana: "Il fatto non sussiste" sorride Pagnozzi. E poi è una delle rare medaglie con cui torna a casa l'Italia e forse è meglio tenersela stretta.
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La chicca del Razzo dell'Appennino indora la pillola, ma non salva l'Italia. Le tinte dei Giochi di Vancouver restano in chiaroscuro, e che non fossero mai state azzurre lo si era capito fin dall'esordio, quando il flop di Enrico Fabris e l'oro mancato di Armin Zoeggeler avevano già ridimensionato i sogni del clan tricolore: poi il lampo finale di Giuliano Razzoli, in una disciplina di peso come lo sci, ha dato una raddrizzata che comunque non garantisce la sufficienza.
"E' stata una sofferenza, sono stati Giochi in chiaroscuro, da cinque e mezzo", ammette il presidente del Coni, Gianni Petrucci, nel giorno in cui non si fanno i processi, ma i conti sì. Da 22 anni, cioè dall'altra edizione canadese di Calgary 88, l'Italia non chiudeva con una sola cifra nel medagliere, e a parte le vacche grasse di Lillehammer per tutto il decennio '90 e fino a Torino 2006 si è vissuta un'età dell'oro.
Vancouver rappresenta un passo indietro nei numeri e nella sostanza, e se l'età media delle medaglie diminuisce rispetto a quattro anni fa (27 contro i 30,47 anni di allora) il Paese sportivo resta comunque vecchio se confrontato con il resto del mondo. E anche non all'avanguardia con i nuovi sport inseriti nei programmi a cinque cerchi, che tanto piacciono al Cio (e ai giovani), ma su cui l'Italia non c'è.
La vittoria dello slalom rende il disastro meno disastroso, insomma "lo scenario cambia un po', ma non sono stati Giochi esaltanti. La Quaresima è stata interrotta, e se non è Pasqua almeno abbiamo avvicinato la pasquetta", ammette Petrucci. Sono mancate medaglie importanti, ma alla fine si salvano tutti: perchè le federazioni passano a voti dignitosi, quanto agli atleti sono sacri.
"Io sono sempre dalla loro parte, quando rispettano l'etica". Certo in futuro qualcosa deve cambiare: intanto il peso specifico per gli azzurri stessi delle Olimpiadi. Da adesso in poi i Giochi saranno il primo obiettivo per chi sta in nazionale: dopo vengono mondiali e proprio in fondo le coppe del mondo. Perché anche secondo il segretario generale, Raffaele Pagnozzi, in molti hanno sottostimato il valore della partecipazione olimpica, che potrebbe anche essere ristretta nei prossimi anni. Che senso ha portare 109 atleti per poi finire nelle retrovie con la maggior parte di loro?
Un altro punto su cui il Coni è deciso a riflettere. "Un campione olimpico lo è per sempre, quelli mondiali sono ex" aggiunge Pagnozzi. Tra le novità ci sono i rapporti tra la preparazione olimpica e le federazioni "ma in sintonia". Petrucci spiega che serve una "maggiore incisività, non contro le federazioni". Il dopo Vancouver in vista di Sochi vedrà applicate alle Olimpiadi invernali le regole delle estive: la commissione sulla preparazione (quella in cui siede anche Arrigo Sacchi) farà una "verifica annuale e se tutto viene attuato" secondo le indicazioni del Coni. Così come sarà il comitato olimpico a dire la sua sulla scelta dei direttori tecnici delle nazionali, e sebbene il made in Italy resti di grande qualità, non è escluso che si peschi all'estero per fare il salto di qualità in alcune discipline. Avanti anche con la ricerca scientifica e il lavoro in tandem con la Ferrari. Ed anche i finanziamenti saranno in base ai programmi e sui risultati che si raggiungono.
Quanto agli investimenti record, non esisteranno atleti a statuto speciale. Il discorso riguarda Carolina Kostner e il fallimento sul ghiaccio canadese dopo i 120mila euro stanziati per la sua trasferta americana. "Ho detto che non era una campionessa parlando da padre - dice Petrucci - perché il campione si vede in queste circostanze. Non la si difende ovattandola, la speranza è nei risultati. Le è stato dato tutto quello che ha chiesto, io ho ancora fiducia, non c'è alcun attacco perché la considero comunque un patrimonio italiano".
Quanto al clima pesante nello short track (considerando che la massima delusioneè arrivata dalla pista lunga, con Fabris su tutti) e ai litigi interni "spetta al Coni tutto quello che succede ai Giochi". Nessuna punizione per la ribelle Arianna Fontana: "Il fatto non sussiste" sorride Pagnozzi. E poi è una delle rare medaglie con cui torna a casa l'Italia e forse è meglio tenersela stretta.