Le protesi? Da sole non servono. E Pistorius resta il re
OlimpiadiLE PARALIMPIADI DI GIUSY VERSACE. L'atleta azzurra, commentatrice Sky per Londra 2012, spiega che dietro alla vittoria di Oliveira sui 200 metri T44 c'è soprattutto una preparazione perfetta: "La tecnologia non basta. Il livello è sempre più alto"
di Giusy Versace
Chi se l'aspettava? Pistorius battuto nella finale dei 200 metri dopo quell'incredibile 21.30 in finale... Probabilmente non l'avrebbe immaginato neppure lui, l'uomo copertina di questa Paralimpiade, il primo biamputato a partecipare nei Giochi per "normodotati". Invece il brasiliano Oliveira ha fatto una grande rimonta e, anche se dal punto di vista tecnico è decisamente meno elegante di Pistorius, è riuscito nell'impresa di batterlo.
Poi sono partite le polemiche sulle protesi: quelle del brasiliano lo renderanno davvero 5 centimetri più alto? Difficile dirlo: potrebbe essere anche un effetto ottico, visto che Oliveira ha un amputazione più evidente di Pistorius. Chi sembra meno proporzionato è l'americano che è arrivato terzo, Leeper, ma nessuno ne ha parlato.
I controlli ci sono, ma potrebbero essere più accurati: degli atleti in carrozzina viene misurata ogni volta l'altezza da terra e lo stesso si potrebbe fare con quelli con protesi. Una cosa però è certa: l'aspetto tecnologico conta, ma è nulla senza la capacità di gestire la spinta delle protesi e senza una preparazione perfetta.
E anche se ha perso, Pistorius può essere orgoglioso di aver aperto la strada. Il re è sempre lui e può essere fiero anche di esser servito da stimolo. Non è certo un caso che il livello dei T43, amputati ad entrambe le gambe, si sia alzato al punto che proprio nei 200 metri, per la prima volta, c'è stato un podio solo di biamputati. Il movimento sta crescendo e anche io, che sono stata la prima donna europea a gareggiare con le protesi in carbonio, ne posso essere orgogliosa.
Chi se l'aspettava? Pistorius battuto nella finale dei 200 metri dopo quell'incredibile 21.30 in finale... Probabilmente non l'avrebbe immaginato neppure lui, l'uomo copertina di questa Paralimpiade, il primo biamputato a partecipare nei Giochi per "normodotati". Invece il brasiliano Oliveira ha fatto una grande rimonta e, anche se dal punto di vista tecnico è decisamente meno elegante di Pistorius, è riuscito nell'impresa di batterlo.
Poi sono partite le polemiche sulle protesi: quelle del brasiliano lo renderanno davvero 5 centimetri più alto? Difficile dirlo: potrebbe essere anche un effetto ottico, visto che Oliveira ha un amputazione più evidente di Pistorius. Chi sembra meno proporzionato è l'americano che è arrivato terzo, Leeper, ma nessuno ne ha parlato.
I controlli ci sono, ma potrebbero essere più accurati: degli atleti in carrozzina viene misurata ogni volta l'altezza da terra e lo stesso si potrebbe fare con quelli con protesi. Una cosa però è certa: l'aspetto tecnologico conta, ma è nulla senza la capacità di gestire la spinta delle protesi e senza una preparazione perfetta.
E anche se ha perso, Pistorius può essere orgoglioso di aver aperto la strada. Il re è sempre lui e può essere fiero anche di esser servito da stimolo. Non è certo un caso che il livello dei T43, amputati ad entrambe le gambe, si sia alzato al punto che proprio nei 200 metri, per la prima volta, c'è stato un podio solo di biamputati. Il movimento sta crescendo e anche io, che sono stata la prima donna europea a gareggiare con le protesi in carbonio, ne posso essere orgogliosa.