Tommie Smith, 45 anni dopo la Pantera Nera ruggisce ancora

Olimpiadi

Ora Tommie Smith è diventato grigio, di capelli. Ma la leggenda dell'uomo che a Mexico '68 piantò in cielo un guanto nero in segno di protesta dopo l'oro nei 200 vive ancora. Ecco perché racconta la sua visione dello Sport, parlando anche di Balotelli

Era il 17 ottobre 1968: ai Giochi di Città del Messico, dopo la finale dei 200 maschili, gli americani Tommie Smith (oro) e John Carlos (bronzo) alzano il pugno nel guanto nero. Un gesto entrato nella Storia. Un clamoroso gesto di denuncia sulla condizione dei neri d'America. Oggi Tommie Smith racconta se stesso, i campioni del passato, la sua visione dello Sport.

"Balotelli probabilmente è il migliore al mondo. Deve continuare a fare quello che fa e mostrare più amore. Alle persone che gli fanno i buu, non per ignoranza ma per gelosia, lui deve restituire amore e dimostrare la sua forza". Smith, diventato simbolo della lotta al razzismo parla anche dell'abbandono del campo da parte dei giocatori oggetto di insulti e cori razzisti. "E' un diritto umano" - dice l'ex velocista, a Roma per la presentazione del Mennea Day -, un sacrificio per ogni atleta che evidentemente ne sente la necessità". Sul razzismo, in generale: "Non è da attribuire solo all'Italia o all'atletica. La tendenza delle persone che pensano che il colore faccia una persona è soltanto dovuta all'ignoranza. Ma il sangue è rosso per tutti. Dobbiamo alzare il livello della conoscenza per eliminare l'ignoranza e l'odio".