Olimpiadi Tokyo 2020, allarme amianto per la pallanuoto

Olimpiadi
Lia Capizzi

Lia Capizzi

A Tokyo è scattato un nuovo allarme per le Olimpiadi: una parte del tetto della piscina che ospiterà le gare di pallanuoto contiene amianto. Gli organizzatori dei Giochi Olimpici sarebbero stati messi al corrente del pericolo due anni fa, senza prendere alcun provvedimento. Si preannunciano misure urgenti per affrontare ora la situazione

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 non avevano certo bisogno di un nuovo allarme. Con l’amianto non si scherza, rappresenta un vero pericolo per la salute, in questo caso ci sarebbe pure l’aggravante dell’omertà. Tracce di amianto sono state trovate all’interno del materiale ignifugo che copre il tetto della piscina destinata al torneo olimpico di pallanuoto. Precisazione necessaria, la piscina in questione è una struttura completamente diversa dall’Aquatic Center e cioè l’avveniristico palazzo del nuoto di recente costruzione, costato 470 milioni di euro e progettato dall’architetto Yamashita Sekkei, che sarà il teatro delle gare di nuoto, tuffi e nuoto sincronizzato.
 

L’allarme amianto riguarda il "Tatsumi International Swimming Center", un polo natatorio che ha 26 anni di vita. Inaugurato nel marzo del 1993 è costruito in gran parte in cemento armato, ad eccezione del tetto formato da una struttura di traliccio con tubi, il tetto per l’appunto incriminato. L’amianto è costituto da fibre minerali naturali, rappresenta un nemico per la salute, è un agente cancerogeno che ha ucciso migliaia di persone nel mondo. I rischi maggiori sono legati alla presenza delle fibre nell’aria, una volta inalate si possono depositare all’interno delle vie aeree e sulle cellule polmonari. La pericolosità dell’amianto è accertata, universale, è proibito in Italia e in molti altri Paesi, come pure il Giappone. Anche dunque a Tokyo le normative del settore edile stabiliscono che l’amianto debba essere rimosso con azioni di bonifica o smaltimento di manufatti esistenti (eternit, soffitti, pavimenti, tubature etc.).

Come mai l’allarme scatta solo adesso, a sette mesi dall’inaugurazione dei Giochi?
La rivelazione del quotidiano nipponico Asahi è inquietante, la presenza di amianto all’interno della piscina “Tokyo Tatsumi” sarebbe venuta alla luce ben due anni fa durante una ispezione datata 2017. Ecco dunque l’aggravante, nella Commissione Tecnica di Tokyo 2020 qualcuno – o più di qualcuno - ha evidentemente fatto orecchie da mercante, ha minimizzato il pericolo e soprattutto ha tenuto la bocca chiusa? Lasciando da parte il ruolo dei possibili furbetti omertosi con licenza di delinquere, il compito di indagare sul reato di omesso allarme spetta alla magistratura nipponica,  in questo momento diventa urgente salvaguardare atleti e tifosi.

I campioni di pallanuoto e gli spettatori delle Olimpiadi hanno il diritto di gareggiare o assistere alle partite senza patemi per la propria salute. Gli organizzatori dei Giochi e pure il Governo metropolitano di Tokyo sono in evidente imbarazzo, evitano di rilasciare un commento ufficiale, fanno solo trapelare la volontà di far fronte alla situazione quanto prima, vengono annunciate misure urgenti, seppur sottovoce e senza specificare alcuna azione in concreto. 

Ricapitolando. In vista di Tokyo 2020 c’è già l'emergenza del caldo afoso, abbiamo appena assistito allo storico spostamento della maratona e della marcia in un’altra sede a 800 Km di distanza (a Sapporo), c’è pure la preoccupazione per i livelli elevati di batteri nell'acqua della baia (per le gare di triathlon e del nuoto di fondo), ci mancava davvero l’inquietudine per la presenza di amianto nella piscina che ospiterà le gare di pallanuoto. Da qui al prossimo 24 luglio, giorno della Cerimonia di Apertura dei Giochi, ci dobbiamo aspettare altri allarmi? Anche no, speriamo.