Dall’acqua del Mar Egeo a quella delle Olimpiadi: la storia di Yusra Mardini

Da sempre l’acqua è al centro della vita dell’essere umano: le prime civiltà sono nate nei pressi di fiumi o mari e i filosofi antichi l’hanno individuata tra gli elementi chiave del mondo. Da sempre una cosa è certa: dove non c’è acqua, non c’è vita. Ma, se possibile, nella storia di Yusra Mardini, nuotatrice olimpica e Ambasciatrice di Buona Volontà dell'UNHCR , l’acqua è qualcosa di più. È vita sì, ma anche paura, speranza e salvezza. Yusra Mardini nasce a Damasco, in Siria, il 5 marzo del 1998 e quando ha appena 3 anni inizia a nuotare. Suo padre è un ex nuotatore e diventa presto il suo allenatore e di sua sorella Sara, più grande di lei di tre anni. In pochi anni le due sorelle diventano due nuotatrici talentuose e di prospettiva, tra le migliori di tutta la Siria. Il nuoto e la famiglia Mardini sono un binomio quasi inseparabile e che solo la guerra riesce – momentaneamente – a scindere. Tra le due sorelle Mardini, Yusra – anche se più piccola – sembra avere qualcosa in più in vasca. Nel 2012, con la guerra civile alle porte, rappresenta la Siria ai campionati del mondo di nuoto in vasca corta. Il suo sogno, fin da quando ne ha memoria, è arrivare alle Olimpiadi. Un sogno che deve scontrarsi con la dura realtà. La guerra arriva e la famiglia Mardini prova ad allontanarsene lasciando Damasco. Ma in quegli anni trovare la pace in Siria è purtroppo impossibile. Bombardamenti, forze militari ovunque, paura. Questa è la quotidianità. Anche la piscina dove la famiglia Mardini si allena viene bombardata, proprio mentre Yusra è in acqua e sta gareggiando. Alcune bombe colpiscono parte del tetto e una in particolare entra in piscina. Yusra vede la bomba cadere mentre sta nuotando, si ferma terrorizzata, non sapendo cosa fare. Fortunatamente, quella bomba rimane inesplosa e Yusra si salva. Vivere in questo contesto diventa sempre più difficile. Nuotare e sognare è ancor più complicato. L’unica soluzione possibile sembra andarsene. Non è facile. Il padre si oppone a lungo alla sola idea che Sara e Yusra possano partire da sole per provare a raggiungere l’Europa. Ma poi comprende il loro desiderio e acconsente. Le sorelle Mardini decidono di mettersi in pericolo per potersi salvare. Uno strano ossimoro che è però realtà per tutti coloro che scappano dalla guerra. E così, nel 2015, Yusra e Sara Mardini lasciano la Siria per provare a raggiungere la Germania. Una volta lì, proveranno a richiedere il ricongiungimento familiare per far arrivare anche i loro genitori e la loro sorellina più piccola, Shahed. Il lungo viaggio inizia su un aereo, destinazione Turchia. Da lì, le sorelle Mardini provano a raggiungere la Grecia. E lo fanno a bordo di un piccolo gommone, insieme a circa altre trenta persone: uomini, donne, bambini e anche un neonato. Durante il viaggio, in mezzo al Mar Egeo, il motore del gommone si rompe. Mentre alcune persone provano a farlo ripartire, la piccola ‘imbarcazione’ inizia a imbarcare acqua. Troppo peso. Lanciano in mare tutti i bagagli e oggetti che hanno con sé per alleggerire il carico, ma non basta. I soccorsi non arrivano, la paura e la disperazione prendono il sopravvento. Sembra la fine. In un istante, Sara si tuffa in mare. Yusra la segue. Con loro anche un altro uomo. Il peso diminuisce, il motore riparte timidamente. Le sorelle Mardini e l’altro uomo iniziano a nuotare e a trascinare il gommone verso un’isperata salvezza. Nuotano in un’acqua a cui non sono abituate. È senza cloro, senza corsie, senza bordi. Un’acqua salata, ma soprattutto nera e fredda. Può lo stesso elemento essere così diverso da sé stesso in due ambienti differenti? Quell’acqua che è da sempre simbolo di amore e famiglia per Yusra e Sara, diventa simbolo di paura. Restano in quest’acqua per circa quattro ore, nuotando e salvando le vite di chi è a bordo. Arrivano, stremate, a Lesbo. Ma non è finita, la strada verso la Germania è ancora lunga. Da qui, il viaggio prosegue via terra. Dalla Grecia alla Serbia, attraversano la Macedonia fino all’arrivo al confine con l’Ungheria. Una riga che riassume settimane di lunghe ed estenuanti camminate e altra paura. Viaggi in treno, in autobus e in camion con dentro decine di altri profughi. Sempre con la paura di essere trovate dalla polizia. Con l’incertezza di ciò che accadrà. E con la speranza di un futuro migliore. Una speranza che a volte vacilla, davanti all’indifferenza o alla cattiveria delle persone incontrate lungo la strada. Davanti alla crudeltà dei trafficanti di persone, che si fanno pagare centinaia o migliaia di euro per trasportare i profughi da un Paese all’altro. Una speranza che rinasce davanti a semplici atti di gentilezza e accoglienza di alcune associazioni che dedicano la loro vita per migliorare quella degli altri. Dopo un lungo viaggio e tanta attesa, le sorelle Mardini e loro cugino riescono a lasciare l’Ungheria e ad arrivare in Germania, a Berlino, a bordo di un autobus. Inizia così la lunga pratica burocratica per richiedere lo status di rifugiati di guerra e il ricongiungimento familiare. Nel frattempo, vivono in un campo profughi in stanze minuscole e affollate. Vicino al campo c’è un club di nuoto, il ‘Wasserfreunde Spandau 04’, dove Yusra e Sara possono tornare a nuotare. Colpito dal loro talento e dalla loro storia, l’allenatore Sven Spannekrebs riesce a farle trasferire all’interno del club. Per Yusra è una rinascita. Il sogno di partecipare alle Olimpiadi riprende improvvisamente vita. Sara, invece, ama meno il nuoto e fa più fatica ad ambientarsi. Per entrambe arriva presto una brutta notizia: il ricongiungimento familiare non è possibile. Yusra compirà 18 anni tra poco, a marzo 2016, e non ci sono i tempi tecnici per metterlo in atto. Ciò significa che i loro genitori e la loro sorellina dovranno provare a raggiungere l’Europa da profughi, proprio come è accaduto a loro. Presto arriva un’altra brutta notizia: solamente sette atleti siriani parteciperanno alle Olimpiadi di Rio 2016, Yusra non è tra loro. Tutto quello per cui hanno messo in pericolo la loro vita sembra svanire. I loro sogni, le loro speranze, le loro vite… Ma le sorelle Mardini, lo dimostra la loro storia, non cedono facilmente davanti alle avversità. Sara trova la sua strada. Capisce che vuole aiutare gli altri. Vuole tornare a Lesbo, per aiutare i profughi che arrivano in Europa dal mare. Vuole dare agli altri ciò che non ha ricevuto lei. Assistenza, vestiti, cibo, acqua o anche un semplice sorriso. Yusra ritrova la speranza grazie al nuoto e a quell’acqua che le torna amica. Il Comitato Olimpico decide, per la prima volta nella storia, di creare una squadra di atleti rifugiati per le Olimpiadi di Rio. Yusra, grazie a un duro allenamento, riesce a qualificarsi. Nonostante non possa partecipare ai Giochi Olimpici per il suo Paese, andrà alle Olimpiadi. A Rio, la sua storia fa velocemente il giro del mondo. Tutti parlano delle sorelle Mardini, le due ‘supereroine’ che hanno salvato un gommone di profughi nuotando. Ma Yusra non presta attenzione a tutto ciò, il suo focus è sulla gara, sul suo sogno. Vince la sua batteria, dimostrando a tutti di essere alle Olimpiadi per il suo talento e non per la sua storia. Non riesce a conquistare una medaglia, ma poco importa. Quello che ha fatto è comunque un qualcosa di unico. Nel 2021 parteciperà anche alle Olimpiadi di Tokyo, ancora nella squadra dei rifugiati di guerra ma questa volta da portabandiera. Nel frattempo, la famiglia Mardini si è da tempo riunita a Berlino. Anche i genitori Mardini e la piccola Shahed sono arrivati come profughi, attraversando il mare e camminando per mesi. Realizzato il sogno di arrivare alle Olimpiadi, per Yusra inizia una nuova missione. Dal 2017 è Ambasciatrice di Buona Volontà dell'UNHCR e attivista per i diritti dei profughi e rifugiati di guerra. Yusra oggi ha una sua fondazione, la ‘Yusra Mardini Foundation’, che si occupa di “promuovere l'accesso allo sport e all'istruzione per le comunità di rifugiati in tutto il mondo, nonché a sostenere direttamente gli atleti rifugiati fornendo loro le opportunità, le risorse e le reti necessarie per eccellere nello sport e ricostruire le loro vite”. La storia delle sorelle Mardini è raccontata in un libro, ‘Butterfly: da profuga ad atleta olimpica’, e in un film del 2022, ‘The Swimmers’. Nel 2023 Sara e Yusra sono state nominate dalla rivista TIME tra le 100 persone più influenti del mondo. Lo scorso 14 marzo Yusra è tornata per la prima volta, a circa 10 anni dalla sua partenza, a Damasco e in Siria. Commossa, ha rivisto la sua piscina, oggi restaurata, mentre non ha avuto modo di rivedere la sua vecchia casa, ormai un cumulo di macerie. Da anni lei e sua sorella Sara dedicano le loro vite agli altri e ai diritti dei rifugiati. Fanno sentire la loro voce per chi non ha modo di farsi sentire. Per far sì che l’acqua sia sinonimo di gioia e vita, non di morte e paura.

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