Galles, i misteri di Bridgend: chi non gioca a rugby muore

Rugby
Jones, della Nazionale gallese. Dal Galles vengono grandi rugbisti, ma anche grandi angosce esistenziali
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A Sei Nazioni archiviato con la vittoria dell'Irlanda, un inquietante reportage de Il Giornale dalla minuscola cittadina sul fiume Ogmore, patria della palla ovale, sconvolta da una lunga catena di suicidi. Chi non gioca si deprime e si toglie la vita...

"Loro, orgogliosamente, la chiamano città. Ma è solo un paese nel sud del Galles. Un paese che vive al contrario. Qui, i genitori non vanno a prendere a scuola i figli piccoli, bensì quelli grandi. Perché i primi rischiano nulla, gli altri rischiano molto. O almeno, hanno rischiato fino a qualche mese fa, quando la noia, insinuatasi sotto diversi, falsi, nomi, ha fatto strage di anime giovani".

Inizia così il reportage dal Galles, cittadina di Bridgend, scritto per Il Giornale dall'inviato Benny Casadei Lucchi. A Bridgend chi non è un rugbista finisce per morire, perché la città è sconvolta da una lunga catena di suicidi. I più grandi campioni della palla ovale vengono da qui, dove il rugby è una religione. E in 18 mesi 24 giovani tra i 15 e i 27 anni si sono impiccati: "Se non si gioca non c'è nulla da fare. E ci si deprime", racconta Casadei Lucchi.

"La popolazione conta 39mila abitanti, ma la cittadina fa numero anche grazie a chi vive sparpagliato nei dintorni. Un territorio di piccoli borghi di ex minatori, cottage isolati, rovine medievali. Un mondo che se il sole splende alto e forte come in questi giorni pare anche bello, ma quando è inverno pieno, quando fa freddo e la nebbia è padrona, vien quasi da ammazzarsi". 

Per spiegare l'inquietante fenomeno, gli inquirenti hanno prima pensato a un tragico passaparola via Internet, ma non sono state trovate le prove. Invece, se non si gioca a rugby, in questo piccolo borgo sulle rive del fiume Ogmore dove venne girata gran parte del film Lawrence d'Arabia con Peter O'Toole, la vita non ha senso. Una storia da non perdere.