Niente cucchiaio di legno, l'Italia piega la Scozia 13-6
RugbyNell'ultima giornata del Sei Nazioni arriva il primo successo per gli azzurri. In un Olimpico stracolmo la meta di Venditti, i calci di Burton e Bergamasco, il rientro di Castrogiovanni consentono al XV di Brunel di evitare l'ultimo posto. FOTO, VIDEO
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di ANTONIO RAIMONDI
Certe partite si possono raccontare solo attraverso le emozioni, perché non c'è nulla di estetico in una cruda, ruvida vittoria, come quella che all'Olimpico di Roma ci ha tolto dall'imbarazzo di un altro cucchiaio di legno, che è andato invece alla Scozia. 13 a 6 e ci sta pure stretto. Chi lo avrebbe detto alla vigilia.
Le emozioni. Quelle di rivedere in campo Martin Castrogiovanni, cinque settimane dopo la frattura alle costole che l'aveva tolto dal gioco con l'Inghilterra. Una prestazione da “Man of the Match” tutta nervi e passione, unica sbavatura per un paio di falli commessi, ma si sa che per chi sta “là davanti” vanno messi in preventivo. Castrogiovanni ha cantato e portato la croce, in un primo tempo fondamentale, senza pensare alle costole, perché se avesse avuto modo di pensarci, non sarebbe neppure entrato in campo.
Emozionante e commovente è stato vedere anche Fabietto Ongaro, al quale il destino ha riservato questo ultimo passo, nel palco internazionale, allo Stadio Olimpico, in una partita che avrebbe dovuto vedere in televisione. L'ottantunesima presenza con la maglia della nazionale e cinquantasei minuti di grande contenuto, con l'adrenalina a mille, come neppure il più estremo degli sport può darci. Dove non può arrivare il corpo stanco arriva la volontà, questa volta premiata con una vittoria.
Dalle emozioni dei vecchi a quelle dei giovani, a quei cento chili portati in giro da Giambattista Venditti, che nella sua Roma è andato ancora in meta. Testa rasata, per la probabile matricola o battesimo dei vecchi a seconda delle regioni italiani, ha segnato come contro l'Inghilterra. Questa volta una meta costruita, voluta, nel momento decisivo, come probabilmente gli azzurri avevano pianificato nell'intervallo. Una meta che ha dato quel vantaggio che è stato poi quello finale, perché successivamente sono arrivati soltanto altri tre punti di Laidlew per gli scozzesi e di Burton per l'Italia. Già anche Burton, il suo drop a tre dalla fine, ci ha dato la certezza della vittoria, l'emozione è stata forte anche per lui, come per noi.
Si è emozionato anche Jacques Brunel che ha raggiunto la prima vittoria alla guida dell'Italia. Una soddisfazione enorme, che si può capire maggiormente se si fosse visto il viso teso del nostro allenatore prima della partita.
L'Italia questa volta ha meritato di vincere, perché ha prodotto più della Scozia, che si è smontata sotto la pressione enorme di beccarsi il cucchiaio di legno, al punto di essere incapace di reagire e di essere pericolosa, tanto che raramente si è vista all'interno dei nostri ventidue metri. Una vittoria che ovviamente non cancella i problemi, ma facilita il proseguimento del lavoro di Jaques Brunel e che permetterà di lavorare sui dettagli, come ad esempio i troppi errori non forzati dalla pressione dell'avversario che hanno soltanto fatto intuire lo sviluppo del gioco di attacco.
Oggi si può far festa e godersi questa vittoria, condividendola con quel popolo del rugby, capace di riempire per la seconda volta l'Olimpico, e che sta indicando a tutta l'Italia che si può vivere lo sport con gioia.
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di ANTONIO RAIMONDI
Certe partite si possono raccontare solo attraverso le emozioni, perché non c'è nulla di estetico in una cruda, ruvida vittoria, come quella che all'Olimpico di Roma ci ha tolto dall'imbarazzo di un altro cucchiaio di legno, che è andato invece alla Scozia. 13 a 6 e ci sta pure stretto. Chi lo avrebbe detto alla vigilia.
Le emozioni. Quelle di rivedere in campo Martin Castrogiovanni, cinque settimane dopo la frattura alle costole che l'aveva tolto dal gioco con l'Inghilterra. Una prestazione da “Man of the Match” tutta nervi e passione, unica sbavatura per un paio di falli commessi, ma si sa che per chi sta “là davanti” vanno messi in preventivo. Castrogiovanni ha cantato e portato la croce, in un primo tempo fondamentale, senza pensare alle costole, perché se avesse avuto modo di pensarci, non sarebbe neppure entrato in campo.
Emozionante e commovente è stato vedere anche Fabietto Ongaro, al quale il destino ha riservato questo ultimo passo, nel palco internazionale, allo Stadio Olimpico, in una partita che avrebbe dovuto vedere in televisione. L'ottantunesima presenza con la maglia della nazionale e cinquantasei minuti di grande contenuto, con l'adrenalina a mille, come neppure il più estremo degli sport può darci. Dove non può arrivare il corpo stanco arriva la volontà, questa volta premiata con una vittoria.
Dalle emozioni dei vecchi a quelle dei giovani, a quei cento chili portati in giro da Giambattista Venditti, che nella sua Roma è andato ancora in meta. Testa rasata, per la probabile matricola o battesimo dei vecchi a seconda delle regioni italiani, ha segnato come contro l'Inghilterra. Questa volta una meta costruita, voluta, nel momento decisivo, come probabilmente gli azzurri avevano pianificato nell'intervallo. Una meta che ha dato quel vantaggio che è stato poi quello finale, perché successivamente sono arrivati soltanto altri tre punti di Laidlew per gli scozzesi e di Burton per l'Italia. Già anche Burton, il suo drop a tre dalla fine, ci ha dato la certezza della vittoria, l'emozione è stata forte anche per lui, come per noi.
Si è emozionato anche Jacques Brunel che ha raggiunto la prima vittoria alla guida dell'Italia. Una soddisfazione enorme, che si può capire maggiormente se si fosse visto il viso teso del nostro allenatore prima della partita.
L'Italia questa volta ha meritato di vincere, perché ha prodotto più della Scozia, che si è smontata sotto la pressione enorme di beccarsi il cucchiaio di legno, al punto di essere incapace di reagire e di essere pericolosa, tanto che raramente si è vista all'interno dei nostri ventidue metri. Una vittoria che ovviamente non cancella i problemi, ma facilita il proseguimento del lavoro di Jaques Brunel e che permetterà di lavorare sui dettagli, come ad esempio i troppi errori non forzati dalla pressione dell'avversario che hanno soltanto fatto intuire lo sviluppo del gioco di attacco.
Oggi si può far festa e godersi questa vittoria, condividendola con quel popolo del rugby, capace di riempire per la seconda volta l'Olimpico, e che sta indicando a tutta l'Italia che si può vivere lo sport con gioia.