Nuova Zelanda, proteste e vacanze senza freni: il rugby perde un po' dei suoi valori

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Francesco Pierantozzi

Francesco Pierantozzi

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In Nuova Zelanda nell'ultimo periodo alcuni comportamenti sembrerebbero aver fatto perdere alcuni dei consueti valori al mondo del rugby. Uno sport che non può permettersi di prendere questa deriva, con i giocatori più famosi che hanno una grande responsabilità nei confronti dei giovani

Il rugby ha sempre ostentato la sua diversità, forte dei suoi valori nella cruda durezza del gioco che poggia sul coraggio, sul rispetto delle regole, degli avversari e dell’arbitro e, naturalmente, su molto altro. Il professionismo, arrivato dopo il Mondiale del 1995, quello di Invictus per capirci, non lo ha, per fortuna, cambiato in questo senso. Ma adesso in Nuova Zelanda il capo degli arbitri, Bryce Lawrence, ex arbitro a sua volta, è dovuto intervenire per richiamare i giocatori a comportamenti da…rugbisti.

 

Nei momenti finali dell’ ultima partita giocata nell’Aotearoa Super Rugby, il nuovo torno tra le 5 migliori squadre neozelandesi, in onda ogni settimana su Sky Sport, i giocatori dei Chiefs, squadra con base nel Waikato, hanno protestato, alla fine del match coi Blues, in modo più che vivace con l’arbitro Pickerill. Il motivo ? Non avrebbe dato una meta alla loro squadra e, soprattutto, non avrebbe fatto ricorso al TMO, il VAR del rugby. Il capitano può parlare, da sempre, con l’arbitro e chiedere spiegazioni (sperando di essere ascoltato…), gli altri assolutamente no. Cane, Cruden e Anton Lienert-Brown, tre All Blacks fra l’altro, hanno circondato l’arbitro, unico giustificato Cane, anche capitano dei soliti All Blacks, oltre che dei Chiefs .

 

“Un comportamento da calciatori non da rugbisti” ha detto Sir John Kirwan, il cui figlio Nico gioca proprio a calcio in Italia nella Reggiana appena salita di categoria. Un atteggiamento inaccettabile, il rugby non può permettersi di prendere questa deriva, deve difendere i suoi valori, e i giocatori più noti hanno oltre tutto una grossa responsabilità nei confronti di tutto il movimento, del cosiddetto “grass roots rugby”, coi ragazzini che possono essere spinti a comportamenti emulativi. Non parliamo nemmeno poi dei 7 giocatori degli Highlanders, squadra del sud, base a Dunedin, che, nel giorno di riposo, il bye, sono stati lasciati liberi e hanno pensato di farsi un weekend a Queenstown, la Cortina neozelandese. Il risultato ? Un appartamento, preso in affitto, semidistrutto…e non solo. Per il momento sono arrivate le scuse del grande capo della squadra, il CEO, cioè l’amministratore. Si aspettano quelle dei responsabili. E a pagare è il rugby, che vale molto meno senza i suoi, da sempre, sbandierati…”valori”.