Sei Nazioni, Scozia-Italia 52-10. Cosa serve agli azzurri per ripartire
RugbyGli azzurri chiudono il torneo con un'altra pesante sconfitta, la trentaduesima consecutiva nel Sei Nazioni. L'Italia del rugby per ripartire ha bisogno di cambiare mentalità e lavorare sugli aspetti negativi che hanno portato alla crisi di risultati degli ultimi anni
C’era una volta la Scozia, quella che si aspettava perché “alla portata”, perché battuta più volte (8 nella storia), perché si sarebbe potuto evitare il cucchiaio di legno, perché ci riportava alla memoria la prima vittoria nella prima partita di sempre nella storia dell’Italia nel Sei Nazioni del 2000. Invece adesso c’è solo un’Italia abituata a perdere, siamo a 32 partite consecutive nel Sei Nazioni, con la peggiore sconfitta di sempre contro la Scozia (52-10, 8 mete a 1), sesto cucchiaio di legno (torneo con sole sconfitte per noi in Italia, whitewash nel mondo anglosassone) consecutivo e la sensazione di non sapere nemmeno da dove cominciare a correggere qualcosa. Non c’entra l’allenatore, che assembla quello che hanno costruito altri, non c’entra la mancanza di talenti, ci sono, eccome se ci sono (Garbisi, Lamaro,gli anglo italiani Polledri e Varney, il bizzoso e dimenticato Minozzi, Mori, Lucchesi), non c’entra la determinazione, sempre presente…si tratta di altro. Proviamo a immaginare un ragazzo che entra in una squadra perdente, è difficile invertire la tendenza, si finisce con l’essere risucchiati in questo atteggiamento. Si dice banalmente che bisogna alzare l’asticella ma le grandi squadre continuano a sollevarla ulteriormente. Manca la continuità, i placcaggi sbagliati sono sempre troppi e quelli “avanzanti”, con l’avversario non solo fermato ma pure respinto, portato indietro, sono rari. E poi la disciplina, nel senso di falli e cartellini. Per arrivare a parlare di attacco è necessario parlare di palloni a disposizione, di fasi di conquista, non così certe come la mischia di un tempo, temuta da tutti, pure dagli All Blacks, nella famosa sfida di San Siro del 2009. Il gioco al piede è tornato di gran moda e abbiamo bisogno di lavorarci. Insomma un po’ tutto ma, su tutto, serve uscire dal tunnel della sconfitta, come scritto prima, dall’abitudine a perdere. D’accordo l’accettazione di essere battuti è uno dei valori del rugby però perseverare, nel mondo professionistico, ha un disvalore anche economico. Non perdiamo la testa e soprattutto cambiamo testa!