Morto Marco Bollesan, leggenda del rugby italiano

Lutto
Francesco Pierantozzi

Francesco Pierantozzi

A poche ore di distanza dalla scomparsa di Massimo Cuttitta l'Italia piange Marco Bollesan: 79 anni, leggenda del rugby, capitano e commissario tecnico e team manager dell'Italia. "È stato un esempio, l'epitome del rugbista coraggioso, il simbolo di un gioco dove fango, sudore e sangue rappresentavano i migliori titoli onorifici. Gli saremo eternamente grati", le parole del presidente della Fir Marzio Innocenti

ADDIO A MASSIMO 'MOUSE' CUTTITTA

Al Foro Italico nella passeggiata dei campioni c’è una mattonella illuminata col suo nome, per tanti anni sinonimo di rugby. Un po’ come Meneghin per il basket, Panatta per il tennis e così via, perché Marco Bollesan è un totem ovale, un’icona, un simbolo, che ha attraversato più epoche, facendolo da giocatore, allenatore, manager, e sempre da protagonista. Carismatico e affascinante, duro e coraggioso in campo, rispettato da avversari e compagni, impossibile rimanere indifferenti di fronte a lui. 47 volte in nazionale, 37 da capitano, quando si giocava poco e raramente a livello internazionale, ma, numeri a parte, è il modo in cui giocava, da leader, capobranco, con l’esempio, il primo a metterci la faccia e a non mollare mai.

La carriera

Veneto di nome e nascita, assolutamente genovese in tutto e per tutto, parlata compresa, una carriera tra la sua Genova, Napoli, Brescia e Milano, con un paio di scudetti e tanti ricordi di un rugby romantico, pieno di amicizie, scherzi, aneddoti, ben oltre il terzo tempo.

L'aneddoto

Come quando in Galles finì all’ospedale assieme a un avversario e il medico, guardando i due, disse: “rugbisti immagino…intanto prendete queste due pinte di birra, vado a far nascere un bambino e poi torno”.  Roba da duri, da Bollesan, di uno sport crudo e vero.

La Nazionale

Il primo mondiale del 1987 da allenatore dell’Italia con Marzio Innocenti, oggi presidente della FIR, capitano, poi manager con John Kirwan, anche se il curriculum spiega poco dell’uomo Marco Bollesan, un fiume in piena, il Jean Pierre Rives italiano, il terza linea che non fa sconti, che sembra dappertutto perché è dappertutto. E continuerà ad esserlo.

Innocenti: "Un simbolo, gli saremo eternamente grati"

"Il rugby italiano ha perso uno dei suoi figli prediletti - ha commentato il presidente della Fir, Marzio Innocenti -. Per i rugbisti della mia generazione, per chiunque abbia praticato lo sport tra gli anni '60 e gli anni '80, ma anche per chi è venuto dopo Marco Bollesan, è stato un esempio, l'epitome del rugbista coraggioso, il simbolo di un gioco dove fango, sudore e sangue rappresentavano i migliori titoli onorifici. Gli saremo eternamente grati per il suo straordinario contributo. Siamo vicini alle figlie Miride e Marella ed a tutta la sua famiglia".