Italia-Irlanda del Sei Nazioni, Diego Dominguez ricorda: "Fu una gioia indescrivibile"

Rugby

Andrea Gardina

Lo abbiamo chiesto ad una leggenda del rugby azzurro e talent di #skyrugby: Diego Dominguez, alla guida del gruppo straordinario capace di sconvolgere il mondo ovale alla fine degli anni ’90 e guadagnarsi il biglietto d’ingresso al Sei Nazioni

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Il 1997 è passato alla storia come l’anno dell’Italia del rugby, quello che ha sancito la consacrazione definitiva del gruppo allenato da Georges Coste e che fu capace in quelle stagioni di sconfiggere mostri sacri dell’ovale come Scozia, Irlanda e Francia e conquistarsi così il diritto di accesso al torneo più antico e prestigioso: il Sei Nazioni.

Era l’Italia dei Cutitta, di Ivan Francescato, di Vaccari, Troncon, Stoica, Croci, Properzi, senza voler rischiare di dimenticare qualcuno di quei grandi protagonisti di un’altra epoca. Era, però, e rimane l’Italia soprattutto di Diego Dominguez. La leggenda di Cordoba guidò in quegli anni gli Azzurri con una precisione invidiabile al piede, tra calci piazzati, drop e un istinto micidiale per la meta, colta spesso al momento giusto. Proprio come in quell’inizio d’anno, quando l’Italia si presentò a Dublino per affrontare l’Irlanda in un match per la Green Army di preparazione all’allora imminente torneo Cinque Nazioni.

Il 29-37 dell’Italia è nella storia

Un’altalena continua di punteggio che abbiamo già avuto modo di raccontarvi, decisa nel finale dal sorpasso con la meta di Paolo Vaccari per il 29-30 e poi dalla marcatura a suggellare la gloria azzurra proprio da parte del "nostro" Diego nazionale. "Ricordo ancora il tabellone vecchio stile di Lansdowne Road con il 29-37 finale – racconta Dominguez -. Non potevo crederci e la gioia era indescrivibile. Tutto il pubblico era ammutolito e gli irlandesi non si capacitavano di quanto era successo. Loro sono sempre stati, comunque, una squadra dura in campo ma poi con grandissimo fair-play fuori e ci accolsero con tutti gli onori al banchetto successivo. Come festeggiammo? Posso solo dire che i festeggiamenti dopo una vittoria di un test match a volte possono essere lunghissimi e che certe cose è meglio restino negli spogliatoi". L’Italia in quel periodo doveva affrontare il Galles, ma poi la partita saltò e allora si scrisse una pagina di storia. Prima e sinora unica vittoria di sempre a Dublino, là dove gli Azzurri nel Sei Nazioni restano l’unica nazionale a non aver mai vinto, che sia Lansdowne Road o se preferite per ragioni di sponsor l’Aviva Stadium o il Croke Park, il tempio degli sport gaelici utilizzato dai verdi nel periodo di ristrutturazione dello stadio nazionale. "Mi ricordo – continua l’ex mediano di apertura di Milan e Stade Francais – che andammo con tutta la squadra a Londra per capodanno. La Federazione aveva acconsentito a far arrivare per qualche giorno le compagne e mogli dei giocatori e festeggiammo tutti assieme sotto il Big Ben l’arrivo del nuovo anno. Fu una settimana terribile per la preparazione con un tempaccio tremendo e tanto freddo, in cui affrontammo anche una selezione regionale inglese per prepararci. Eravamo una squadra ben collaudata dove c’era un’intesa molto forte, con giocatori buoni presi singolarmente, ma soprattutto con tanto carattere e che erano davvero amici”. 

La sfida con Paul Burke

Eppure quella volta mancavano degli elementi chiave in squadra come Massimo Giovanelli e Ivan Francescato. Ad andare in meta per primi furono Vaccari e Massimo Cutitta, portandoci su un insperato 17-9 prima della replica di Burke e della clamorosa meta di Bell, nata da un pasticcio difensivo tra Vaccari e Pertile. "L’Irlanda non ci aspettava per niente, ma quel giorno andò tutto per il verso giusto. I nostri placcaggi erano avanzanti, la difesa saliva bene, il pacchetto era solido ed eravamo performanti pure nella contesa uomo contro uomo. Ogni volta che entravamo nei loro ventidue riuscivamo a segnare. Ne ho davvero un ricordo bellissimo, penso sia stata la prima vera vittoria importante della nostra nazionale e un tassello ulteriore per l’ingresso nel Sei Nazioni. Quella partita la volevamo: era il momento". Da parte irlandese oltre ad un certo Conor O’Shea, c’era la sfida nella sfida con il talentuoso Paul Burke. "Io vivevo tutte le partite come delle battaglie personali oltre a quelle di squadra. Il rugby alla fine è uno sport di psicologia e devi riuscire a vincere il tuo confronto, mettere sotto il tuo avversario diretto è fondamentale. Alla fine tra i quindici che si affrontano da una parte e dall’altra, trovi sempre uno che cede quel qualcosa e appena cede, cominci a prendere il vantaggio".

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Venendo ai giorni nostri la sfida tra numeri 10 invece potrebbe vedere il giovane Paolo Garbisi chiamato a confrontarsi contro il veterano e carismatico Jonathan Sexton. "Penso che per Garbisi sarà una chance eccezionale. Io non vedevo l’ora di poter affrontare e misurarmi contro chi era più forte o che magari veniva etichettato come un nome di rilievo. Ero felicissimo perché solo così puoi davvero misurarti e imparare”. L’Italia però non vince a Dublino appunto da quel 1997 e l’unico successo nel torneo è datato 2013 a Roma. C’è inoltre il grosso rischio di incappare nella sconfitta numero 100 del Sei Nazioni. "Sarà una partita senz’altro molto dura – chiude Diego Dominguez -. L’Irlanda deve vincere per restare protagonista fino alla fine, deve cercare di mantenere il passo sperando che la Francia possa sbagliare qualcosa. Poi è un torneo ancora apertissimo. L’Inghilterra potrebbe aggiungersi alla lotta e se la Scozia batte la Francia è altrettanto in ballo. L’Irlanda viene da una partita non troppo positiva a Parigi e penso la preparerà molto bene. Ritorna Sexton che per loro è garanzia di sicurezza, è un leader, il giocatore che comanda la squadra, che gestisce il timing di gioco. Dell’Italia per ora mi preoccupa l’incostanza di alcuni giocatori di alto livello, che non hanno una performance continua, facendo alcune cose bene e poi errori gravi che a questo livello non puoi permetterti. Non abbiamo una gestione tranquilla e c’è mancata pazienza, come contro l’Inghilterra quando siamo stati a lungo nei loro ventidue ma senza marcare e facendo troppi errori. L’Italia dovrà essere pronta e veramente concentrata come non mai, competitiva ed aggressiva. Se guardiamo all’ultima partita dell’Irlanda, la Francia ha lottato su ogni pallone come fosse l’ultimo, come fosse una battaglia di quartiere ed è stato così che ha vinto".

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Nel gruppo dell’Italia è stato intanto aggregato il pilone piacentino delle Zebre, Andrea Lovotti, 47 caps in azzurro, mentre è stato liberato verso la medesima franchigia ducale in vista della sfida di URC contro i sudafricani Bulls di venerdì il trequarti centro Enrico Lucchin. Novità anche nel gruppo under 20, dove dopo le defezioni di Matteo Bernardinello e Matteo Rubinato sono stati chiamati in loro sostituzione Alex Artuso del Benetton Treviso e Flavio Vaccari del Rugby Calvisano.