Rugby, Sara Barattin è la veterana dell'Italia femminile al 6 Nazioni

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Andrea Gardina

Immagine tratta dal profilo Instagram @barattins

È l’azzurra con il maggior numero di presenze, unica ad aver superato quota 100 e detiene il record nel torneo. Dal 2005 una lunghissima carriera in nazionale condita da grandi momenti, tanto sacrificio, determinazione, ma pure divertimento e spensieratezza

Sono persino troppe poche le righe disponibili per poter scrivere di un’atleta come Sara Barattin, autentica icona vivente del rugby femminile in Italia e tra i simboli dei momenti di maggior prestigio del rugby azzurro. Unica donna premiata prima della sfida contro la Scozia tra i centurioni delle nostre nazionali, Sara ha raggiunto lo storico traguardo dei 100 caps lo scorso settembre nella sfida di qualificazione alla Coppa del mondo contro l’Irlanda a Parma, per poi arrivare agli attuali 101 nel match decisivo contro la Spagna. Contro l’Irlanda la festa era stata rovinata dalla vittoria green e lo stesso era successo nel 2019, l’anno dei record, del torneo chiuso al secondo posto con tre vittorie e un pareggio, ma nell’unica sconfitta ad Exeter, “bustina”, con “sarabara” uno dei suoi soprannomi, aveva raggiunto quota 88 presenze, superando l’ex compagna e ora sua coach Michela Tondinelli e diventando la numero uno per presenze nella nazionale femminile. Allo stato attuale rientra tra le prime sette giocatrici per partite internazionali disputate a livello mondiale. E non sembra avere intenzione di fermarsi, almeno di sicuro fino alla prossima Coppa del mondo autunnale, la sua seconda nel XV dopo quella chiusa al nono posto in Irlanda nel 2017, terza assoluta considerando quella nel Seven del 2009, disciplina che l’ha altrettanto vista protagonista, così come può vantare un argento alle Universiadi di Kazan nel 2013.

16 volte capitana

Nelle sfide di settembre, tra l’altro, la sua meta contro la Scozia – ultima qualificata grazie allo spareggio vinto a Dubai sulla Colombia per la RWC 2021, dove l’Italia sarà nel girone B con Usa, Canada e Giappone – è stata inserita tra le papabili per la miglior marcatura dell’anno. Chi l’ha vista giocare, in tv o dal vivo, può assicurare che Sara rappresenta la quintessenza dello sport, tutta grinta e determinazione, ma anche spirito di squadra, gioia, spensieratezza e divertimento, sempre pronta a scherzare con le compagne e a lottare per e con loro. Caratteristiche che l’avevano fatta scegliere ad Andrea Di Giandomenico per la successione di Silvia Gaudino come capitana dal 2016 al 2018, per un totale di 16 partite, prima di cedere il testimone a Manuela Furlan, nell’ottica di un necessario ricambio generazionale. Sara, in effetti, rappresenta ancora oggi un vero e proprio trait d’union tra il rugby dei primi anni del 2000 e quello di oggi, quello che in Italia nel femminile viveva di una rivalità oggi quasi romantica al pensiero tra Red Panthers e Rugby Riviera, e quello delle nuove arrivate Villorba, Valsugana e Colorno.

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Gli inizi dell’azzurra numero 113

A Treviso, con la maglia delle Red Panthers, Sara ha iniziato a muovere i primi passi sui campi da rugby, uno sport conosciuto da più piccina, alle scuole medie nei tornei tra i vari istituti, vincendoli pure, nonostante o forse proprio per quello, una classe composta da 15 ragazze e 4 ragazzi. In famiglia ci sono diversi cugini che giocano, in un’area come quella della Marca trevigiana ad alto impatto e caratura ovale, ma i genitori non ne vogliono sapere. E allora prima ginnastica artistica e atletica, poi, diventata maggiorenne, la patente lancia la libertà di muoversi verso gli impianti della Ghirada, conquistando 3 titoli italiani, che le valgono tra le altre cose, con il primo nel 2006, la benemerenza della medaglia di bronzo al merito sportivo del Coni. Nel 2005 debutta anche in azzurro. Il 7 aprile nella sfida contro le padrone di casa della Germania della coppa Europa vinta in finale 22-7 contro l’Olanda e bissata l’anno successivo a San Donà di Piave. È l’azzurra numero 113 ed è solo l’inizio di una carriera infinita, condita da 14 mete, le stesse di Sofia Stefan e Flavia Severin, seconde soltanto a Manuela Furlan per marcature pesanti, e 68 presenze al Sei Nazioni: un record!

Casale e Villorba, sempre continuando a vincere

Da una diaspora interna a Treviso, nasce la volontà di continuare a giocare e farlo a modo proprio e allora diventa tra le fondatrici del Rugby Casale, dove vince 2 Coppe Italia, e poi trova il proprio sbocco naturale a Villorba, conquistando quello che ad oggi rimane l’ultimo scudetto assegnato pre-pandemia, mettendo il calcio piazzato che a conti fatti vale la vittoria, rappresentando la differenza nel 18-15 con cui le Ricce sconfiggono il Valsugana. Mediano di mischia, ma anche ala ed estremo, dotata di una notevole capacità di gestione degli spazi e di lettura delle situazioni di gioco, tecnici e compagne di squadra le riconoscono qualità innate di leadership: caparbia, competitiva, generosa, si è spesso fatta motore trainante della squadra. Nella vita di tutti i giorni è istruttrice di fitness, sua grande passione che l’ha portata a laurearsi in Scienze motorie all’Università di Padova.

Un esempio da seguire

“Non ho mai pensato a questo traguardo come a un obiettivo della mia carriera sportiva: volevo solo superare Michela Tondinelli – aveva scherzato a settembre in occasione del suo centesimo cap, dedicandolo poi a - mia nonna e a Serena, che mi aiuta nella preparazione da otto anni, e ai gruppi squadra con cui ho condiviso ogni singolo momento, dentro e fuori dal campo. Sono onorata e orgogliosa di essere la prima atleta azzurra ad aver conquistato il centesimo cap e spero di poter trasmettere la mia passione per il rugby alle prossime generazioni”. Una speranza dettata forse più da modestia e umiltà. Chi la conosce sa perfettamente e con certezza l’impatto incredibile che Sara ha avuto sul gioco nel settore femminile e non solo, e quante ragazze hanno iniziato e ancora inizieranno a giocare spinte proprio dal suo esempio.