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Ghiaccio sotto le palme: la pazza storia dei Florida Panthers campioni NHL

Sport USA

Massimo Marianella

A 30 anni dalla loro nascita, i Florida Panthers hanno conquistato la loro prima Stanley Cup. Ecco la storia di una franchigia nata dal signor Blockbusters (ve le ricordate le cassette blu e gialle?), che ha messo d'accordo il ghiaccio, le palme e... i topi! E ora fra Miami e Fort Lauderdale è festa grande...

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Sì, il 3 è davvero il numero perfetto! Alla terza Stanley Cup Final i Florida Panthers hanno finalmente alzato il trofeo di Lord Stanley. Trenta anni di una bellissima storia che meritava di essere impreziosita dal titolo. La miglior intuizione di Wayne Huizenga: dopo aver fatto una fortuna con l’idea dei video di Blockbuster, ha regalato un sogno sulle coste della Florida. 

Ci credevano in pochi. L’hockey nel Sunshine State aveva vissuto una sola stagione dal 1938 al 1939 con la Tropical Hockey League. Troppo caldo e troppa poca tradizione. All’inizio degli anni '90 invece Huizenga (prima per merito della famiglia Re della raccolta e gestione rifiuti da Chicago a Miami, poi diventato miliardario grazie ai vhs dei film di Blockbuster) cominciò a pressare la NHL per avere la chance di creare una franchigia tra Miami e Ft Lauderdale. Nel 1993 l’ok, l’annuncio e la scelta del nome. Erano nati i Florida Panthers. Il nome per onorare una specie di felini che abitano le Everglades, la maglia bellissima ed aggressiva con anche un geniale secondo stemma con una palma incrociata ad una stecca da hockey. Un’immagine che sembrava un ossimoro. La foto della difficoltà della strada da percorrere per avere successo. Invece ha funzionato da subito. 

Tanta curiosità, tanti problemi, ma la comunità locale ha sostituito presto l’infatuazione con l’amore. Una squadra, uno sport, una franchigia che sono stati adottati immediatamente. Non una cosa scontata per uno Stato da sempre legato al football, ai suoi Dolphins, poi ‘distratto’ dai Miami Heat. Quella dei Panthers è stata una storia bellissima. Un percorso di passione, barriere abbattute, campioni, delusioni, tragedie che nell’anno delle 30 candeline arriva al trionfo massimo. 

Il problema iniziale di trovare una pista di ghiaccio per allenarsi fu risolto scrovando un posto verso Ft Lauderdale. Così a nord che permetteva agl’inizi pionieristici ai giocatori della prima squadra di dire che era “distante 3 stop per una pinta di birra dalla Miami Arena” Già la Miami Arena. Un palazzetto rotondo rosa che rendeva affascinante la poco raccomandabile zona di Overtown pur a 5 minuti da Bayside. Tutta esaurita il 12 ottobre per l’esordio casalingo con sconfitta 1-2 con i Pittsburgh Penguins. 

Lì dove si è cementata la passione e dove è nato il mito del topo. Quelli di gomma ($5 allo store) che vedete lanciati in campo dai tifosi dopo ogni vittoria nascono da una storia di tanti anni fa che poi ha caratterizzato quella di tutta la franchigia. Prima della partita d’esordio della stagione 95/96 con uno slap shot Scott Mellanby, uno dei primi grandi campioni di questa squadra, inchiodò il povero roditore sulla parete lontana del corridoio che portava all’ingresso sul ghiaccio. In quella partita segnò una doppietta che dopo, durante le interviste, fu da lui stesso trasformata in una singolare tripletta, ma non un ‘hat trick’ bensì un ‘rat trick’! Una leggenda e una definizione che ha accompagnato da allora questa franchigia. 

Una squadra che ha avuto grandi campioni come il portiere Vanbiesbrouck, il difensore Ed Jovanovski e soprattutto l’attaccante russo Pavel Bure. Una macchina da gol il cui record di 60 in stagione è stato insidiato quest’anno dai 57 di Sam Reinhart. Uno dei paladini di un successo incredibile e meritato. Frutto di una crescita costante nella gestione tecnica di Bill Zito, GM, scelto dal proprietario Vinnie Viola, che ha fatto fare quel piccolo salto di qualità in più alla squadra dopo anni di eccellenza, ma senza il trionfo Finale. Ha fatto la differenza in panchina Paul Maurice che, dopo 28 anni in panchina, quarto coach più vincente (869 partite) secondo per partite allenate (1848) anche lui alla sua terza Stanley Cup con tre franchigie diverse, è riuscito ad alzarla sopra la testa (vecchia tradizione NHL solo chi la vince lo può fare). 

Bill Zito però ha fatto di più di aver avuto il coraggio di sostituire come Head Coach l’amato Andrew Brunette con Maurice. Ha colto dall’oscurità in cui lo avevano relegato i Carolina Panthers la grandezza del difensore svedese Forsling, ha aggiunto al talento cristallino di Barkov (primo capitano finlandese ad alzare la Stanley Cup) il peso della C sulla sua maglia, ha vinto la scommessa della trade che ha manato Huberdeau e Weegar a Calgary prendendo in cambio dai Flames Tkachuk, ha valorizzato il ruolo dei vari Reinhart, Verhaeghe, Rodrigues e dei 2 finlandesi Lundell e Luostarinen, fino alla perfezione degli innesti d’esperienza in estate, per una squadra che aveva perso la finale dello scorso anno, di Ekaman-Larsson e Mikkola in difesa. Un trionfo che ha anche molto la firma del portiere russo Sergei Bobrovsky a tratti esaltante e in parte anche degli uomini di 4° linea: Lomberg per tutti “Lomborghini” uomo di grande energia, del centro svedese Stenlund e del canadese Lorentz (decisivo negli ultimi mesi) che difensivamente hanno dato l’esempio e una grande mano. 

Trent’anni difficili, ma esaltanti. Una franchigia strutturata bene, solida a tutti i livelli con un practice facility bellissimo inaugurato quest’anno a Ft Lauderdale non lontano dalla bellissima Amerant Bank Arena inaugurata nel 1998 ed ancora modernissima. Tutte indicazioni positive al solito quesito dopo ogni successo dall’altra parte dell’oceano. Si inizia una dinastia? Possibile, anche se 11 giocatori che hanno vinto la coppa sono free agent, di cui metà difesa (Ekman-Larsson Montour, Kulikov) e il miglior marcatore (Sam Reinhart). Adesso però i Panthers e i suoi tifosi si godono il trionfo che tra l’altro cancella uno zero pesante. Rispetto a Marlins, Dolphins e Heat era l’unica franchigia di Miami a non aver ancora vinto il titolo. Una vittoria che rafforza anche la Florida come la nuova realtà da leader del ghiaccio, finora solo sulle spalle dei Tampa Bay Lightning. 

La coppa in questi giorni è in giro per la Florida e come da tradizione ogni giocatore ha il diritto di averla tutta sua per un giorno e usarla a suo piacimento. Ha iniziato però Roberto Luongo, canadese napoletano, che è stato prima portiere leggendario della franchigia e da qualche anno lo sta diventando anche da dirigente. L’ex numero 1 ha pensato bene, per rafforzare anche la sua italianità, di mangiarci dentro degli spaghetti al pomodoro. Cotti al dente però!