Wimbledon 2001, accadde oggi: la favola di Goran Ivanisevic

Tennis

Claudio Barbieri

Goran Ivanisevic sorride dopo la conquista di Wimbledon, il 9 luglio 2001 (Foto Getty)
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Il 9 luglio di 16 anni fa, il croato compiva una clamorosa impresa, diventando la prima wild-card a conquistare il Championship. Dopo tre finali perse e la caduta al numero 125 del mondo, Goran è diventato un eroe nazionale, celebrato da 150mila persone a Spalato. Ecco la sua storia

“He did it”. Così i telecronisti di mezzo mondo hanno commentato la favola di Goran Ivanisevic, che il 9 luglio 2001 ha scritto una delle pagine più memorabili nella storia dello sport. Il croato, numero 125 del ranking ATP e invitato a Wimbledon grazie a una wild-card, vinse per la prima volta il Championship, sfatando un tabù che lo aveva visto perdere in finale in tre occasioni, nel 1992 contro Agassi e nel 1994-1998 con Pete Sampras e diventando un eroe nazionale.

La maledizione del piatto d’argento

Ivanisevic, gigante di 193 cm dotato di un servizio impressionante (10131 aces in carriera, secondo all time dietro solo a Karlovic), è un talento cristallino. Mancino, incostante e fumantino, come molti sportivi di quella generazione, che stava vedendo disgregarsi il mito della Jugoslavia di Tito. Nel 1992, Goran si presenta a Wimbledon con quattro trofei in bacheca e avendo già portato a casa lo scalpo di campioni come Sampras ed Edberg. Grazie al suo fulminante serve & volley, arriva in finale contro Andre Agassi: domina gran parte del match, ma nel decimo gioco del quinto set commette due doppi falli che sanno di suicidio sportivo. Il Kid di Las Vegas porta a casa la coppa, Ivanisevic il piatto riservato al loser. La scena si ripete nel 1994 e nel 1998 contro Pete Sampras, il ‘Federer degli anni Novanta’, per chi non lo conoscesse (7 Championship vinti tra il 1993 e il 2000). “Ho sempre visto gli altri alzare il trofeo – dirà Ivanisevic, arrivato fino al numero 2 del ranking ATP -. Io mi ero stancato di portare a casa quel maledetto piatto, ne avevo già troppi”.

L’invito al gran ballo

Goran vince il suo ultimo torneo ATP l’8 febbraio 1998 a casa sua, Spalato. Da quel momento, il buio totale. Cominciano infatti i guai alla spalla, che lo porteranno nel 2000 a ben undici eliminazioni al primo turno e l’anno successivo a presentarsi al Queen’s da numero 125 del mondo. Qui viene subito eliminato da Cristiano Caratti, non certo uno specialista dell’erba, ma gli organizzatori di Wimbledon decidono di assegnargli una wild-card per i trascorsi importanti all’All England Club. I bookmaker inglesi, comunque, non lo considerano certo tra i favoriti, quotandolo 150-1. Dopo aver battuto al primo turno l’abbordabile svedese Jonsonn, proveniente dalle qualificazioni, con un triplo 6-4, Goran si scatena letteralmente, escludendo sei giocatori che sono stati, almeno una volta, nella Top 4 del ranking ATP.

La cavalcata verso il ‘Monday’s People’

Dal secondo turno in poi, Ivanisevic batte avversari che sono tutti tra i primi 40 del mondo: lo spagnolo Moya, l'americano Roddick, il britannico Rusedski, il russo Safin nei quarti e l’idolo di casa Tim Henman in una semifinale epica, durata tre giorni a causa della pioggia. Goran deve ringraziare proprio il meteo londinese, che gli ha permesso di recuperare un match che sembrava perso, con l’inglese avanti 2 set a 1 e 2-1 al quarto alla prima interruzione (tra cui un 6-0 incassato in appena 15’) e vinto la domenica con un 6-3 al quinto da leggenda, nonostante una spalla malandata. La quarta finale al Championship lo mette al livello di Ken Rosewall,uno che però non ha mai vinto il trofeo. Di fronte si trova Pat Rafter, terza testa di serie del tabellone, specialista dell’erba e già finalista l’anno precedente, quando perse dal solito Pete Sampras. Una finale insolita, cominciata di lunedì per la prima volta in 115 edizioni. Gli organizzatori furono costretti a rivendere i 10mila biglietti del Centrale a prezzi popolari, circa 40 sterline, per un eccezionale ‘Monday’s People’: le 10 ore di coda per accaparrarsi un ticket furono ampiamente ripagate dallo spettacolo andato in scena tra Goran e Pat.

Tensione e scaramanzie

Le tribune del Centrale assomigliano a quelle del Poljud di Spalato. Migliaia di tifosi croati cantano, saltano e gridano come a un match della Nazionale di Boban, con le maglie a scacchi biancorossi a colorare l’impianto londinese. Sotto gli occhi di un indemoniato Jack Nicholson, si arriva all’annunciato quinto set con i parziali di  6-3, 3-6, 6-3, 2-6, con Ivanisevic e Rafter che tengono il servizio sino al 7 pari. Da quel momento, si gioca in un ambiente mistico, con Goran che alla prima palla break risponde con un rovescio al bacio vincente a un servizio piuttosto lento di Rafter, che in seguito spiegherà: “Ho giocato sul suo nervosismo, pensando che avrebbe sbagliato: la mossa non ha pagato”. Fino a quel momento, ‘crazy’ Ivanisevic si era controllato: qualche protesta con l’arbitro Diaz, alcune sbracciate, tante parolacce e un paio di calci alla rete. Normale amministrazione per una testa calda come il croato, che in tribuna aveva invitato solo papà Srdjan, reduce da un intervento al cuore con tanto di tre bypass, perché la mamma “portava sfortuna”, essendo presente nelle precedenti tre finali perse. 

Via i fantasmi: è trionfo

Ivanisevic va a servire per il match, nel delirio del Centrale. I primi due match point se li auto annulla, con altrettanti doppi falli. Sembra il remake del 1992: i nervi sembrano crollare, il croato è quasi in lacrime, si teme per la salute del papà in tribuna. Si sprecano i segni della croce, con Goran che scaramanticamente va a sempre a recuperare le stesse palline del servizio precedente. Rafter, sostenuto da un numero nutrito di fans australiani, salva anche un terzo match point con un favoloso pallonetto. Alla quarta occasione, però, spedisce in rete una seconda di servizio a 175 km/h, scrivendo la parola fine alla favola del suo avversario, che crolla in lacrime sull’erba di Wimbledon. “Il giocatore più talentuoso a non aver vinto il Championship”, come era stato battezzato, si è tolto questa scomoda etichetta di dosso e può ricevere finalmente il trofeo tanto desiderato. “Il momento più bello? Quando alzi la Coppa”, dirà Goran, prima wild-card della storia ad aver trionfato nello Slam più prestigioso. Un successo dedicato all’amico Drazen Petrovic, il più grande cestista europeo di sempre, scomparso prematuramente nel 1993. 

L’eroe di Spalato

Ivanisevic torna in Croazia con il jet privato di Bernie Ecclestone e della moglie Slavica, amici del suo manager Ion Tiriac. L’accoglienza all’aeroporto è da eroe di stato, ma ancora meglio è il giro in barca davanti alla baia di Spalato, la sua città. Il ‘Dalmatinski dispet’ (il dispetto della Dalmazia, ndr) come viene chiamato dai suoi concittadini, viene accolto da circa 150mila persone in totale delirio. Tra di loro anche campioni come Boban, Stimac e Kukoc. Ivanisevic indossa una maglia dei Nets con il numero 3 di Petrovic, mentre i tifosi vestono una t-shirt con la scritta ‘I’m a genious’ in risposta alle provocazioni di John McEnroe, che aveva descritto il croato come un tennista limitato al serve & volley, già apostrofato come “idiota” dallo stesso Ivanisevic. Goran, che ammetterà di non aver dormito per oltre 48 ore, viene celebrato dall’aviazione croata e dal Premier Ivica Racan, che lo cita come esempio per un popolo che sta imparando a camminare da solo. “Sto sognando e non voglio svegliarmi. Non mi importa più nulla se non vincerò più una partita”, dirà Ivanisevic. Quello di Wimbledon, in effetti, fu l’ultimo trionfo della sua carriera…