Tennis, la vittoria di Dimitrov ha riscattato la "Lost Generation"

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Federico Principi (in collaborazione con "l'Ultimo Uomo")

Alle ATP Finals di Londra Grigor Dimitrov ha colto la più importante vittoria della sua carriera, in finale contro David Goffin, e ha dimostrato che la "generazione perduta" può ancora mantenere le sue promesse

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In una stagione dove Federer e Nadal sono tornati ad essere per distacco i migliori due tennisti al mondo, la finale più desiderata per le ATP Finals di fine anno non poteva essere altro che l'ennesima sfida tra di loro. Tuttavia, in mezzo all'hype che non abbandona la vecchia generazione e che circonda la "Next Gen", alla "O2 Arena" di Londra sono venuti fuori Dimitrov e Goffin, cioè due grandi protagonisti della "Lost generation”. Con questa definizione ci riferiamo ai giocatori della fascia di età di 24-27  anni che non hanno mantenuto le promesse del loro inizio carriera.

Se la competitività di Grigor Dimitrov non è stata del tutto una sorpresa, piuttosto lo è stata quella di David Goffin. Il belga ha eliminato Roger Federer in semifinale, battendolo per la prima volta in carriera e con profonda commozione. Il suo exploit  gli ha permesso di raggiungere in finale Dimitrov, creando una partita i cui presupposti tecnico-tattici erano estremamente interessanti.

Dimitrov e Goffin, tuttavia, si giocavano molto di più di una finale di un torneo, seppur così importante. Le loro carriere, così come quelle dei loro coetanei, non sono mai sbocciate ai massimi livelli e hanno sempre lasciato una sensazione di incompiutezza. Vincere le Finals avrebbe regalato al vincitore una consapevolezza che va oltre tutti i parametri tecnici e fisici attraverso i quali osserviamo i tennisti. La finale ha confermato che abbiamo espresso giudizi affrettati sulla generazione di Dimitrov e Goffin, che non sembra per niente perduta e appare anzi pronta per occupare il vuoto di potere che stanno lasciando i "big four".

 

Dimitrov aveva più armi

La velocità moderata della superficie ha allungato gli scambi di questo torneo, dando vita a partite più tattiche ed elaborate. Una situazione che ha aiutato un giocatore cerebrale come Goffin, che doveva inventarsi qualcosa per mettere in difficoltà Dimitrov, contro cui era in svantaggio per 7 a 1 negli scontri diretti, e da cui aveva già perso in questo stesso torneo, nel round robin, in maniera nettissima: 6-0; 6-2.

Nella partita contro Federer il belga aveva sfruttato la cattiva forma dello svizzero con il dritto, con cui ha messo insieme numerosi errori, specie nel colpo in corsa verso destra. Una situazione che si incastrava perfettamente con le caratteristiche di Goffin, che quando comanda con il proprio dritto (anche spostato verso sinistra) tende spesso a cercare l'angolo destro dell'avversario. Tuttavia la superlativa forma fisica di Dimitrov - unita alla capacità del bulgaro di giocare dritti difensivi in corsa molto arrotati, sicuri e profondi - hanno costretto Goffin a modificare strategia e a rischiare di cambiare di più in lungolinea, cercando anche di spostare lo scambio sulla diagonale sinistra, a lui più favorevole.

Nel secondo set Goffin aumenta molto i cambi in lungolinea con il dritto.

 

Ma anche sulla diagonale sinistra, il belga ha incontrato delle difficoltà. Dimitrov per tutta la settimana ha mostrato un migliore adattamento rispetto a Federer con il rovescio, grazie alla superficie medio-lenta: lo svizzero non poteva semplicemente incontrare la palla in orizzontale come piace a lui, ma aveva bisogno di caricarla di peso come si fa sulla terra battuta, e in questo senso il rovescio con la maggior spinta verticale di Dimitrov si è dimostrato più efficace contro Goffin.

Con questo colpo Dimitrov è stato tatticamente perfetto. Ha usato di più il rovescio in top (soprattutto lungolinea) contro Thiem e Sock, per non dare loro tempo di girarsi sul dritto e caricare la palla come farebbero contro un back. Mentre contro Goffin e Carreño Busta, nel girone, il bulgaro ha usato soprattutto il rovescio tagliato per non dare ritmo a due giocatori molto forti con il colpo bimane in incontro e meno con il dritto in spinta.

In finale Dimitrov ha usato soprattutto il back, se si eccettuano le fasi centrali del primo set. Il rovescio tagliato gli ha permesso di neutralizzare un'arma importante per Goffin: il rovescio lungolinea. La palla bassa in back metteva in difficoltà il belga, costringendolo a giocare sempre in diagonale. A quel punto Dimitrov, che si aspettava sempre la palla su quel lato, poteva girarsi in anticipo per giocare il dritto arrotato e carico, che non dava appoggi a Goffin.

Goffin non riesce a giocare rovesci lungolinea efficaci sulla palla arrotata di Dimitrov. In questo modo arriva il break decisivo della partita.

 

Dimitrov è riuscito ad avere la meglio in un primo set equilibrato, spuntandola per 7-5. Nel secondo set ha però subito un bruttissimo contraccolpo psicologico, commettendo due doppi falli consecutivi dopo aver annullato una palla break sul 3-2 in suo favore. Ma nel terzo set il bulgaro è tornato a giocare con autorità, vincendo 6-3.

A Goffin non sono bastati gli enormi miglioramenti al servizio, con il quale trovava almeno due punti diretti per ogni game. Il belga ha una maggiore capacità al servizio centrale da entrambi i lati, da destra in particolare: nonostante Dimitrov abbia ultimamente sofferto contro i grandi battitori, soprattutto per una sua difficoltà ad andare incontro alla risposta di dritto, Goffin ha usato poco lo slice da destra perché giustamente si riteneva molto più sicuro dei suoi servizi nella "T".

Per buona parte dell'incontro, Goffin ha servito più veloce rispetto alle partite precedenti (7 miglia orarie sono 11,3 km/h in più di media, un'enormità). Segnale della sua ricerca del servizio centrale, più diretto e che disperde meno velocità rispetto a quello esterno.

Alla fine la superiorità tecnica, tattica e atletica di Dimitrov ha compensato le sue carenze mentali. Già nella semifinale contro Sock, il bulgaro era stato rimesso in piedi da uno sciagurato secondo set dell'americano, dopo che nel primo set aveva sbagliato tutto lo sbagliabile. Il bulgaro anche stavolta è stato bravo a contenere l'emorragia mentale nel game di esordio del terzo set, dove l'inerzia sembrava ormai a lui sfavorevole. Tuttavia Goffin in quel momento ha sprecato una palla break compiendo un errore tattico, giocando cioè un rovescio lungolinea troppo lungo su un back velenoso di Dimitrov.

Anche da questo si vede come la preparazione del match risulti fondamentale anche nel tennis, per automatizzare schemi e movimenti che tornano utilissimi nei momenti di maggiore tensione.

 

Il nuovo Dimitrov

Dimitrov ha così vinto le sue prime Finals, dopo il primo Master 1000 qualche mese fa a Cincinnati, chiudendo la stagione come numero 3 del mondo. Il suo successo è arrivato attraverso prove di altissimo livello dal punto di vista fisico, perfino migliori di quella osservata contro Nadal nella semifinale dell'Australian Open a inizio stagione. Questa vittoria rappresenta il coronamento di un lungo processo di ricerca della propria reale identità.

La scelta probabilmente decisiva nella sua carriera è stata quella, nell'estate 2016, di assumere Dani Vallverdu come coach, ex sparring di Murray in rapida ascesa nell'ambiente. Prima di legarsi al bulgaro con un «progetto a lungo termine», il venzuelano aveva lavorato in pianta stabile con Berdych e molto brevemente con Del Potro. La missione che si è dato è quella di «semplificare il tennis di Dimitrov, dopo un periodo in cui aveva perso un po' di identità». Il bulgaro aveva bisogno di staccarsi dal cordone ombelicale di Federer, al quale era costantemente paragonato per stile di gioco e precocità nei successi juniores. Ma già a giugno 2015 Dimitrov diceva: «All'inizio il paragone con Federer era divertente, ma poi è diventato pesante e mi schiacciava un po', in qualche modo mi ha ferito».

Dimitrov non è il primo e non sarà l'ultimo a dimostrare quanto l'esercizio di trasposizione totale di un modello, senza alcuna forma di personalizzazione, sia controproducente. Dimitrov è un giocatore attendista, riflessivo, molto costante ma poco incisivo nei momenti importanti: Federer non avrebbe mai vinto una finale allo stesso modo del bulgaro alle Finals o anche a Cincinnati, dove Dimitrov ha domato Kyrgios con saggezza, regolarità e solidità difensiva, anziché con la brillantezza del proprio tennis.

Per questo motivo il suo percorso assomiglia a un romanzo di formazione: dalla cupola originaria dell'affinità con il grande campione (lontana dalle insidie del tennis di vertice) allo scontro con l'età adulta, da cui ha tratto un insegnamento profondo su sé stesso. Il successo alle Finals rafforzerà le sue certezze in questo nuovo percorso, oltre che averne messo a nudo in pieno alcune debolezze in fasi importanti del torneo, dalle quali ripartire per migliorare e giocarsi trofei dello Slam dal 2018.

 

La rivincita della "Lost generation"

Le Finals che dovevano rappresentare l’ennesima prova leggendaria di Federer e Nadal, sono state invece il palcoscenico della rivincita della generazione di mezzo. Le prestazioni di Goffin, Dimitrov e Sock impongono qualche riflessione più generale sul tennis attuale di vertice, considerato da molti in crisi dopo il calo dell'invincibile Djokovic.

Avevamo già messo da parte, come eredi, i tennisti dei primi anni ’90 per fare spazio a quelli nati dopo il 1995. Si è trattato di un esercizio tarato sui parametri del vecchio tennis, dove si esplodeva ad altissimi livelli e si vincevano grandi tornei da molto giovani, ma adesso le fasce di maturazione e invecchiamento sono molto differenti. Il salto di qualità di Dimitrov dopo i 25 anni non è un caso isolato, se lo affianchiamo all'esplosione di Raonic a inizio 2016 (anche lui a 25 anni) e ai recenti visibili progressi di Goffin al servizio e nella fluidità e nella velocità di braccio sul dritto. Il fatto che il picco competitivo per un tennista sia compreso tra i 25 e i 32 anni dovrebbe essere ormai assodato e dovrebbe portarci a reinvestire giuste speranze sui tennisti nella "Lost generation".

La completezza del livello tecnico, fisico e mentale richiesta attualmente non rende attendibili le semplificazioni che vengono fatte nelle proiezioni delle carriere dei giovani talenti. A loro volta, i percorsi di crescita di questi giocatori che hanno superato i 25 anni dovrebbero rivalutare ulteriormente il livello assolutamente eccezionale delle leggende che si sono spartite gli Slam negli ultimi 13 anni.

Queste Finals lasciano quindi in eredità una generazione pronta a prendere il posto dei cosiddetti "Fab Four". Non solo, ma anche i giovani talenti che abbiamo visto in azione alle Next Gen ATP Finals subiscono un importante ridimensionamento, un avvertimento sulla grande quantità di cose da migliorare e percorsi da portare a termine. Il tennis attuale richiede un livello e un bagaglio di esperienza che quasi tutti i giovanissimi non sono in grado di garantire con continuità, prima di aver vissuto un numero sufficiente di anni nel circuito, lavorando in maniera certosina sui propri pregi e difetti.

Aspettavano tutti le esplosioni di Zverev e di Shapovalov, ed è arrivata quella di Dimitrov, per cui avevamo perso la testa anni fa ma su cui avevamo quasi perso le speranze. Il bulgaro rimane però un giocatore fantastico, bellissimo da guardare per la grande varietà tecnica e tattica che può usare in ogni partita. In fondo il suo riscatto è proprio quello che serviva al tennis.