"John McEnroe. L’impero della perfezione"

buffa presenta

Appuntamento con il ritratto di una delle personalità più forti e complesse nella storia del tennis. Il 1° gennaio 2021 alle 21 su Sky Sport Arena, disponibile on demand

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Un film fuori dagli schemi, che cerca il denominatore comune tra tennis e cinema. Vediamo come: si parte dalla citazione attribuita a un grande regista francese, padre della nouvelle vague, Jean-Luc Godard, che dice: "Les films mentent, pas le sport",  il cinema mente, lo sport no. Questa è la tesi del film. Si sceglie dunque un grande personaggio protagonista, uno che in un blockbuster farebbe il “cattivo”, molto più entertaining di qualunque “buono”: questi è John McEnroe, genio maledetto dal proverbiale caratteraccio e dalla movimentata vita privata. E il cast è a posto. Infine si recupera una serie di vecchie bobine dimenticate dagli anni ’80 nel magazzino di una casa cinematografica parigina, chilometri di pellicola che riprendono fasi gioco sui campi del Roland Garros. Ecco la materia prima che non ti aspetti. A questo punto si mette tutto nelle mani di un buon regista-montatore appassionato di tennis, Julien Faraut, che si chiude per mesi in una sala di montaggio con quelle pellicole in cerca del colpo perfetto.

Ne viene fuori il sorprendente documentario “John McEnroe - L’impero della perfezione” che costituisce l’appuntamento clou del ciclo settimanale #SkyBuffaPresenta, come sempre incorniciato dall’introduzione e dal commento finale di Federico Buffa, ricco di spunti di riflessione e curiosità. Questa volta vediamo un film quasi unico nel suo genere: Buffa lo paragona solo al documentario “Zidane, un ritratto del 21° secolo” per la maniacale ossessione che muove l’osservazione di un campione.  

Basato su materiali di repertorio inediti e inconsueti, accompagnati dalla voce del popolare attore Mathieu Amalric, il film culmina nella finale degli Open di Francia del 1984 tra John McEnroe e Ivan Lendl, all’apice della carriera professionale del primo. Lo sguardo è puntato sul campo da tennis dove John corre, grida e soffre. Vince o perde. Senza effetti speciali. I suoi risultati sono qualcosa di concreto e verificabile. Ma l’intenzione del regista invece è quella di decostruire l'immagine del giocatore/attore impulsivo - lo stereotipo di McEnroe che conosciamo dalla pubblicità.

Primi piani e sequenze al rallentatore di McEnroe in competizione, così come esempi dei suoi famigerati capricci di collera, evidenziano “un uomo che ha giocato al limite dei suoi sensi”. Fuori da ogni tracciato di documentario tradizionale, Faraut anatomizza il materiale d'archivio per mettere a fuoco l’uomo McEnroe dentro e oltre il suo mito. Il regista ha uno sguardo vivace e coinvolgente sull’atleta, sullo sport del tennis e sul movimento del corpo umano.

McEnroe

La pellicola mostra McEnroe come uno sportivo professionista impegnato a realizzare l'unica cosa che veramente gli interessa sul campo da tennis: battere gli avversari. Allo stesso tempo, il repertorio in 16 mm ci trasporta rapidamente nel regno della finzione. Mostra la teatralità di McEnroe, compresa la sua esibita insofferenza per gli spettatori. Lentamente entriamo in una dimensione più da Actors Studio che da sport professionistico. Ciò che abbiamo di fronte è una grande star, un tennista-attore che recita per se stesso più che per il suo pubblico. Come conclude Buffa “il match clou di McEnroe si gioca sul campo centrale del Roland Garros, ma metaforicamente contro il suo avversario più temibile, che non è Ivan Lendl, bensì la sua stessa psiche”.

McEnroe