Wimbledon: Rybakina, la storia della kazaka di Mosca oggi in semifinale

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Michela Curcio

Nell'anno del veto agli atleti russi di partecipare a Wimbledon a causa del conflitto in Ucraina, spicca il caso di Elena Rybakina, che si gioca un posto in finale con Simona Halep. La 23enne, nata a Mosca, gioca infatti sotto bandiera kazaka. Ecco la sua storia. Wimbledon in diretta su Sky e in streaming su NOW

Una nativa di Mosca pronta a vincere Wimbledon. Sembra uno scherzo orchestrato dal destino e invece Elena Rybakina, russa di origine, ma formalmente kazaka, proverà a prendersi lo scalpo anche di Simona Halep per diventare la finalista che i Championships non avrebbero mai voluto. Testa di serie numero 17 nel torneo, con un piano tattico duttile sull’erba in termini di servizio e dritto, ma meno pratico nel cercare lo slice e il chop, Elena non è favorita, ma neanche così “underdog”, ossia già sconfitta da pronostico, per stringere tra le mani il trofeo Venus Rosewater. 

La storia di Rybakina

Se nel tennis mettere a segno tanti ace, vuol dire quasi partire da 15-0 in un game. La Rybakina ha ereditato in dote fin da subito questa fortuna: troppo alta per continuare con la ginnastica artistica o il pattinaggio sul ghiaccio, Elena, la bambina di sei anni, ha preso in mano la racchetta e si è immediatamente sentita nel proprio habitat naturale. E in lei, in realtà, vive anche un po’ d’Italia: nel 2017, un attimo prima di debuttare nel circuito maggiore, Elena conquistò il Trofeo Bonfiglio sconfiggendo in finale un’altra giovane promessa il cui nome oggi non è sconosciuto: Iga Swiatek. Ai tempi la Rybakina era ancora schedata come russa: diventerà kazaka dodici mesi dopo, ingolosita dalla possibilità di essere maggiormente seguita da una federazione tutta per lei. E, già prima di Wimbledon, la scelta si era rivelata fortunata: da giugno 2019 a febbraio 2020, il bilancio dice sei finali, di cui due in WTA 500, anche se entrambe perse, e due titoli, nei WTA 250 di Bucarest (luglio 2019) e Hobart (gennaio 2020). 

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Alti e bassi

Nel momento in cui, Elena, con il volto serioso e di ghiaccio, stava in piedi di fianco a una sorridente Simona Halep a Dubai, non poteva però immaginare che la propria carriera avrebbe subito un brusco stop, non per infortunio, ma per coincidenze e casualità indipendenti dalla propria volontà. L’impressione è che la pausa di quattro mesi per fronteggiare l’emergenza coronavirus abbia rallentato la crescita di una giocatrice che era al varco per l’ingresso in top ten e che da lì in poi è sempre stata brava, ma non bravissima. Due le beffe più brucianti per la Rybakina nel 2021. La prima: il quarto di finale al Roland Garros perso 9-7 al terzo set contro una Anastasia Pavlyuchenkova all’ultima chiamata in uno Slam, in una partita in cui la kazaka ha commesso doppio fallo sotto di match point dopo un’intera partita passata a sentire meglio il dritto e il rovescio meglio della russa. La seconda: il quarto posto alle Olimpiadi un mese dopo, al termine di un percorso in cui Elena ha sprecato sette match point in semifinale contro Belinda Bencic e dilapidato un 6-1 di vantaggio nella finale per il bronzo contro Elina Svitolina. Quarto di finale, quarto posto, quattro: una sequenza numerica simile e diversa allo stesso tempo. Quattro, come le giocatrici rimaste in gara a Wimbledon. 

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Ora Halep: ecco cosa servirà

Nella rimonta imbastita contro la Tomljanovic, la Rybakina ha un po’ scacciato i fantasmi che fino a ora ne avevano limitato il potenziale, fino ad appiccicarle un po’ l’etichetta di eterna incompiuta, eresia per una ragazza di 23 anni. Volato via il primo set e in affanno sugli spostamenti laterali, la kazaka ha ritrovato la propria maggiore velocità e pesantezza con il dritto e il rovescio, ma si è anche scoperta fredda non soltanto nel volto, ma anche nella logica di una partita alla quale inizialmente non si era saputa adattare tatticamente. Di tattica, e tanta, ne servirà contro la Halep, che proprio così ha disinnescato la rampante statunitense Amanda Anisimova, la quale ha pagato la propria immaturità e l’ostinata ricerca di un dritto e un rovescio sempre più forti, ma che non giravano neanche più piano. La rumena è già stata regina a Wimbledon nel 2019 e non perde sull’erba di Londra da tre anni. Neutralizzarne le geometrie e detronizzarla forse vale già una fetta di titolo.