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Nadal e il tennis selvaggio, giocato da gentiluomo

Tennis

Matteo Renzoni

Nadal ha annunciato il ritiro con un video diffuso sui social. Un ultimo ballo se lo concederà in Coppa Davis a fine novembre, a Malaga, con l’obiettivo di chiudere il cerchio. Nel frattempo, riavvolgiamo il nastro tra numeri, stile di gioco e quelli che reputa principi fondamentali

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Nadal che smette è il colpo al cuore che mancava e adesso, purtroppo, non manca più. In questi casi si dice che “era nell’aria”. E mai come stavolta è proprio così. Rimasto lì, sospeso, dal giorno in cui Rafa ha aiutato Federer a staccare dal tennis, prendendolo per mano. Perché la storia, ognuno scelga il proprio punto di osservazione, sono loro due. È finita senza essere ancora finita: Nadal un ultimo ballo se lo concede in Coppa Davis a fine novembre, a Malaga, con l’obiettivo di chiudere il cerchio come succede solo nei film. Siamo noi, intanto, a riavvolgere il nastro provando a dargli i giri leggendari di quel dritto a spazzola con cui si è preso il mondo.

Alle spalle di Nadal c'è Toni, lo zio di Rafa, figura chiave che lo ha portato ad amare il tennis

Come ha cambiato la storia del tennis

Il colpo di scena di un tennis giocato come zio comanda, per citare Toni - suo zio appunto - che nel mettergli la racchetta in mano gli ha insegnato pochi principi, tutti fondamentali: dedizione, educazione, passione, rispetto e fiducia. Ha cambiato la storia del tennis, Nadal, non solo nello stile di gioco. Protagonista di una rivoluzione senza maniche: tra canotte, appunto, e pantaloni alla zuava. Senza spocchia ma per marketing. Quelli che se ne intendono avevano capito che fosse lui il ragazzo nuovo su cui puntare. Una sorta di Mowgli in salsa tennistica, ai suoi primi passi nel professionismo, capace fin da subito di mettere le cose sulla terra battuta. Si diceva che sul veloce e in particolare sull’erba non avrebbe mai vinto: chiedetelo a Federer.

Tra rivoluzioni e restaurazioni

Una rivoluzione ma anche tante restaurazioni, “ricondizionando” quel suo fisico da maciste ogni volta che un infortunio lo buttava giù. Al tappeto ma kappao mai. I numeri sono troppi, ne basta uno: 14. È la somma delle coppe vinte al Roland Garros. Un’impresa unica nella storia dello sport, non solo il suo. Il più forte di ogni epoca non esiste, il più forte di ogni epoca su terra rossa, sì. Appartiene a tutti, è vero, ma le lacrime adesso è giusto siano un po’ più sue. Adesso che smette, rimane l’emozione di quel suo tennis selvaggio, giocato da gentiluomo. Non c’è Federer, stavolta, e allora per mano prendiamolo noi. Per ridargli indietro almeno qualcosa. Buon altrove, Rafa.