La riconquista dell'America, la riscoperta di Aryna Sabalenka

Fallisci. Fallisci ancora. Fallisci meglio. New York serve a dimenticare Melbourne. A smettere di farsi venire il sanguo amaro pensando a Parigi, la 'terribile' Parigi. C’è una soddisfazione ulteriore a vincere soffrendo dopo che, soffrendo, si è perso. Prima dello US Open Aryna Sabalenka nel 2025 a livello Slam aveva un bilancio di due finali, entrambe perse, e una semifinale a Wimbledon. Pochino, per la numero uno del mondo, l’unica tennista che scende in campo sempre favorita. “Ho sempre pensato che, una volta arrivata in finale avrei vinto io, che il risultato sarebbe andato facilmente nella mia direzione. Ora ho capito che non c’è niente di più sbagliato di questo atteggiamento mentale”. Agli Australian Open, contro pronostico, è stata sconfitta in 3 set da Madison Keys; al Roland Garros, sempre contro pronostico e sempre in 3 set è stata sconfitta da Coco Gauff . Prima di Flushing Meadows due finali perse e un dubbio: a cosa serve un dritto che sul cemento viaggia a una media costante di 120 chilometri orari se poi la pallina non sta in campo? A cosa serve tutta quella potenza se poi ti capita di perdere l’equilibrio, da sola, senza neanche l’intervento dell’avversaria. Quest’estate, dopo la terza delusione consecutiva della stagione, quella rimediata in semifinale a Wimbledon, altro torneo in cui giocava da favorita, in vacanza in Grecia si è portata un libro che si intitola: “The magic shop” . Il suo autore, James Doty, è un neurochirurgo e fondatore del centro per la ricerca e la formazione sulla compassione e l’altruismo della Stanford University. Il libro parla di autocontrollo, concentrazione e visualizzazione, insegna a portare la propria mente su ciò che è importante nei momenti importanti. È ciò che la numero uno al mondo è riuscita a fare sull’Arthur Ashe Stadium in finale contro Amanda Anisimova, una giocatrice che aveva vinto sei dei nove precedenti contro la bielorussa. L’ultimo, è più doloroso, in semifinale a Wimbledon. Come ci si sente a scendere in campo per la terza finale Slam della stagione sapendo di aver perso le precedenti due? Serve davvero a qualcosa la mindfulness, il training autogeno, l’outfit e il sorriso con cui ti presenti dentro il campo più grande del mondo dicendo: “Farò il possibile. Devo concentrarmi soltanto su me stessa e sui miei colpi”. Dopo un’ora e 19 minuti di partita il punteggio dice 6-3 e 5-4 in favore della numero uno al mondo, che sta per servire sul 30 pari. In questi casi i telecronisti si portano avanti, Sabalenka a due punti dal match. Parte bene, una buona prima, piedi dentro il campo un dritto che somiglia a un vincente ma sul quale l’avversaria riesce ad arrivare alzando un pallonetto. Sembra tutto facile per la Sabalenka, che ha l’opportunità di chiudere la partita con uno smash. Invece sbaglia. Clamorosamente. Gli spettatori esclamano, si mettono le mani davanti agli occhi, il gesto spontaneo quando assistiamo agli errori non forzati degli altri. Sabalenka inspira e poi espira. Guarda il suo angolo, di cui da qualche settimana fa parte il suo connazionale ed ex numero 18 Atp Max Myrni. Inspira ed espira di nuovo, una delle prime regole della mindfulness. Perderà quel game e di conseguenza il set. Il match va al terzo, esattamente come le altre due finali, quelle perse. Sabalenka in quest’estate greca qualcosa ha letto e qualcosa ha imparato. La respirazione innanzitutto, la regola del point by point, punto dopo punto, la più banale e la più vera che ci sia nel tennis. Ha imparato soprattutto quanto è brutto perdere quando sei la favorita, perdere per tua colpa più che per altrui merito. Lo US Open è lo Slam più difficile, i giocatori ci arrivano stanchi, la logistica e il caos di New York incide sulle performance. Non è un caso se tra gli uomini nessuno riesce a difendere il titolo dal 2007-2008 . Tra le donne, prima di quest’anno, l’ultima a riuscire a fare il back to back era stata Serena Williams nel 2013-2014. Aryna Sabalenka è riuscita a fare il bis, a difendere il titolo nel psoto in cui è più complicato riuscirci. Questa vittoria ha dato un senso a tutta la stagione fino a questo momento. Per lei questo US Open è stata la riconquista dell’America ma sopratttutto la riscoperta di Aryna, la giocatrice più forte del mondo.

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Giorgia Mecca