Guida (galattica) per la stagione sull'erba

Il profumo di prati appena tosati, lo slice di rovescio, il chop di dritto, ‘San Servizio’, il culto dei Championships, le fragole con la panna. Soprattutto, la tradizione che è la stagione sull’erba, amata perché sa di ‘vero tennis’, nel mito di Borg, Becker e Federer, di Navratilova, Graf e Serena Williams, odiata perché tutto va un po’ più veloce, gli scambi si accorciano e la tattica forse serve meno – falso mito in realtà. Anno dopo anno, in realtà, più che di ‘erba’ è più corretto parlare di ‘erba battuta’, nel segno di una superficie sempre più uniformata alla terra rossa e al cemento, dove non è obbligatorio onorare il culto del ‘serve and volley’. In parte è così, ma rimane innegabile che nel circuito Atp qualcuno interpreta il tennis sui prati meglio di altri. Un periodo così particolare, dunque, merita una speciale ‘Guida galattica per autostoppisti’, che possa aiutarci a immaginare chi saranno i protagonisti in campo durante le prossime settimane e, soprattutto, a Wimbledon. Immaginando di prendere in prestito le ‘Tier’ tanto care agli sport americani, guardando alla stagione sull’erba, sono cinque i gruppi di maggiore interesse. Tier 5 Dovessimo partire dalla 'Tier 5', ci si immagina di inserirci coloro che hanno una storia di rilievo sull’erba ma che per il momento non sono supportati dal ranking, oppure coloro i quali non hanno ancora particolare esperienza su questa superficie, ma che esprimono un tennis che può adattarsi a queste condizioni di gioco. I nomi che vengono in mente sono quattro, in rigoroso ordine di classifica: Jakub Mensik, Felix Auger-Aliassime, Giovanni Mpetshi Perricard e Joao Fonseca. Mensik è probabilmente colui che incuriosisce di più su erba, in rapporto al suo status di top 20 e alla mancanza di esperienza su questa superficie. Un anno fa, al debutto sui prati, il classe 2005 ceco perse al primo turno a s’Hertogenbosch contro l’olandese Brouwer, non superò le qualificazioni ad Halle, raggiunse i quarti di finale a Maiorca, sconfitto da Tabilo e uscì all’esordio a Wimbledon dopo aver sprecato un vantaggio di due set a zero contro Bublik. Dodici mesi dopo, Mensik arriva al Queen’s forte di un best ranking da numero 17 al mondo, ma, soprattutto, da campione in carica nel Masters 1000 di Miami – che non sarà erba, ma che è comunque un’indicazione di come si possa trovar bene su superfici veloci. A questo si unisca che il ceco ha tutto per potersi sentire a proprio agio sui prati: forte di un servizio che funziona sia piatto, sia in slice, Mensik non disdegna le discese a rete e, anzi, se serve accorciare gli scambi, non se ne cruccia, considerato anche quel tallone d’Achille che si chiama quinto set e che si traduce nella necessità di crescere soprattutto nella gestione, sia fisica che emotiva, di quelle partite che si prolungano. Proprio la gestione fisica ed emotiva di quelle energie che servono in una stagione è il punto interrogativo sulla testa di Auger-Aliassime. In questa prima settimana di tornei sull’erba, a Stoccarda, il canadese è arrivato in semifinale – e fino a qui nulla di strano, avendo lui raggiunto la finale in Germania nel 2019 e nel 2021 – ma, soprattutto, ha ritrovato il successo sui prati per la prima volta dal 2022, anno in cui aveva congedato un tale Roger Federer dall’amato Halle. Oltre alle due finali di Stoccarda, sull’erba Auger-Aliassime vanta un quarto di finale a Wimbledon, nel 2021, sconfitto dal futuro finalista Berrettini, e una finale in doppio ad Halle, sempre nel 2021, persa insieme a Hurkacz. Già numero 6 del mondo, il canadese ha dimostrato di dare il meglio soprattutto a livello indoor. Il suo sottovalutato slice di rovescio, però, potrebbe causare più di un problema a chi se lo troverà davanti già al terzo turno di Wimbledon. Citofonare a Sascha Zverev, che quattro anni fa lo incrociò agli ottavi di finale ai Championships e ne uscì con le ossa rotte – e 20 doppi falli a referto. Che dire, poi, di chi potrebbe addirittura affrontare al primo turno Mpetshi Perricard? Complici i 250 punti persi dalla vittoria di Lione un anno fa, il francese è scivolato fuori dalla zona 'teste di serie' in vista di Wimbledon e per i big probabilmente non esiste una notizia peggiore. Il classe 2003 transalpino sta un po’ soffrendo l’assestamento a livello di circuito maggiore, ma rimane comunque uno che ha raggiunto gli ottavi di finale ai Championships alla sua prima stagione a livello Atp e alla sua prima partecipazione nello Slam londinese. Curiosamente, Mpetshi Perricard ha vinto titoli sulla terra rossa e sul cemento, ma non sull’erba. Improbabile che sia così a fine carriera. Così come è improbabile che il francese non esca dalla spirale di risultati altalenanti ottenuti sulla terra: a Stoccarda Mpetshi Perricard è uscito al secondo turno contro Auger-Aliassime. Più che un segnale di crisi, però, questa sconfitta è sembrata un insidioso sgambetto di sorteggio. Se Mpesthi Perricard è l’uomo meno desiderato a Wimbledon, Fonseca è sicuramente il secondo meno voluto dai top player. Le incognite sono legate al fatto che il brasiliano non ha mai giocato un’intera stagione completa sull’erba. Tolto questo, tra servizio già a livelli incredibili e un tennis da fondocampo che lascia poco spazio alla difesa – o alle interpretazioni tattiche, il classe 2006 cresciuto nel mito di Federer sembra già pronto a prendersi più di una copertina e di una ovazione del Centrale di Londra. Sognando, se non il titolo – che sembra veramente troppo presto – almeno la vittoria che lancia una carriera. Come quella di Roger contro Sampras proprio ai Championships nel 2001. Prima di salire di fascia, infine, quattro onorevoli menzioni di outsider sull’erba: Jordan Thompson, l’australiano che gioca un tennis di altri tempi e dalla mano delicata sui prati, Alexander Bublik, la cui imprevedibilità non ha bisogno di presentazioni, Gabriel Diallo, fresco vincitore dell’Atp 250 di s’-Hertogenbosch, e, perché no, il nostro Mattia Bellucci, che non sta vivendo un grande momento di forma, ma che ha dimostrato di sapersi esaltare soprattutto sui palcoscenici più prestigiosi. Tier 4 Un gradino più su nelle gerarchie, in una immaginaria 'Tier 4' ci sono quei tennisti che abbinano una posizione in top 20 nel ranking ATP a una storia di successo sull’erba. Anche qui i nomi sono quattro, nuovamente in ordine di classifica: Ugo Humbert, Denis Shapovalov, Hubert Hurkacz e Cameron Norrie. Di questi quattro, Humbert è il nome che meno ha trovato feeling con Wimbledon, nella misura in cui gli altri tre hanno raggiunto la semifinale ai Championships e lui si è fermato 'soltanto' agli ottavi di finale. Dati alla mano, però, lo Slam londinese è il Major nel quale il francese ha raggiunto i migliori risultati in carriera. Nel 2019 Humbert, da poco ventunenne, venne sconfitto dal futuro campione Novak Djokovic. Nel 2024, invece, il mancino di Metz si è dovuto arrendere a Carlos Alcaraz, non prima però di avergli strappato un set. A questo si aggiunga che il transalpino in carriera ha vinto l’Atp 500 di Halle nel 2021. A Wimbledon fondamentale per Humbert sarà il sorteggio: se il francese dovesse evitare Sinner, Alcaraz o Djokovic al terzo turno, per lui potrebbero aprirsi scenari interessanti, legati alla possibilità di partire da 'underdog', ma non troppo, il che potrebbe aiutarlo a sciogliere il braccio e a diventare pericoloso con il suo dritto mancino e i tempi perfetti di transizione verso la rete. Shapovalov, comunque, rimane probabilmente il nome più attenzionato in questa immaginaria 'Tier 4'. Campione di Wimbledon juniores nel 2016 e poi semifinalista nel torneo da adulto nel 2021, il canadese ha tutto per poter eccellere sull’erba: servizio mancino potente ed effettato, un dritto tanto devastante, quanto imprevedibile, una mano estremamente raffinata, che gli permette di giocare una tra le smorzate più eleganti nel circuito e tanta sensibilità anche nella discesa a rete e nelle volée. In carriera, i problemi di Shapovalov sono sempre stati legati alla continuità e mai al talento. Se 'in giornata' il canadese ha dimostrato di poter sconfiggere chiunque – e ne sa qualcosa Nadal. Essere 'in giornata' per sette partite di fila e 21 set totali è più complicato, ma vincere aiuta a vincere, soprattutto per uno così emotivo e così creativo insieme in campo. L’inizio sull’erba non è stato granché incoraggiante, con il 6-0 al terzo set subito da Rinderknech. Per trovare il feeling giusto sui prati, però, anche ai migliori serve un po’ di tempo. Tempo che servirebbe a Hurkacz, il cui pedigree sul 'verde' non è in discussione, ma le sue condizioni fisiche molto meno. A lungo tormentato da un infortunio al ginocchio, il polacco sembrava aver ritrovato fiducia dopo i quarti di finale raggiunti a Roma, ma poi è stato di nuovo bloccato da un infortunio alla schiena prima di scendere in campo nei quarti di finale a s’-Hertogenbosch contro il futuro campione del torneo Diallo. Quel che è peggio è che il polacco sicuramente perderà i 330 punti in scadenza dal 2024 per la finale raggiunta ad Halle un anno fa e persa contro Sinner. Proprio un anno fa, sembrava che Hurkacz fosse nel momento migliore in carriera, con il best ranking da numero 6 al mondo e uno status da mina vagante a Wimbledon. Poi, neanche 15 giorni dopo, la rottura del menisco al secondo turno dei Championships contro Fils. Un anno dopo, 'Hubi' non sarà testa di serie nello Slam londinese, ma, se sta bene, il valore sull’erba non è in discussione: semifinale a Wimbledon nel 2021, sconfitto da Berrettini, un titolo e due finali ad Halle, tra singolare e doppio, tra il 2021 e il 2024 e, soprattutto, forse il miglior servizio nel circuito ATP per bilanciamento tra prima e seconda, numero di ace, piazzamento e variazioni. Finché il polacco riesce a impostare bene lo scambio, evitando il dritto e accelerando la transizione verso la rete, rimane un incubo per chiunque sull’erba. Meglio cercare di inchiodarlo sullo scambio da fondocampo. Scambio da fondocampo che potrebbe essere il tallone di Achille anche di un Norrie che, però, sarà supportato più che mai dal pubblico britannico. Con un passato da numero 8 Atp e una semifinale raggiunta a Wimbledon nel 2022, il mancino di origini sudafricane promette di scompaginare il tabellone ai Championships con il proprio tennis poco ortodosso, ricco di aperture destabilizzanti sia di dritto che di rovescio e di una sorprendente propensione sui prati con la quale si nasce e che non si impara. Dovesse convincersi che, a volte, scendere a rete non è una cattiva idea e dovesse essere supportato da una condizione fisica in crescendo, Norrie potrebbe essere per i big il classico 'uomo contro cui non bisogna sbagliare', ma che, inevitabilmente, finisce per mettere tutti in crisi. E se ci è riuscito sulla superficie che meno ama, la terra rossa, al Roland Garros, contro un ex numero 1 del mondo come Medvedev, chissà cosa potrebbe inventarsi in casa, a Wimbledon. Tier 3 Wimbledon, il centro di questa analisi, ma anche lo Slam che non ci stupiremmo se venisse vinto da chi è in questa immaginaria 'Tier 3'. Tre come i nomi che stanno un gradino sotto i favoriti: Ben Shelton, Matteo Berrettini e Alexander Zverev, questa volta sistemati in ordine di probabilità di vittoria ai Championships, dal basso verso l’alto. Un po’ come per Shapovalov, i dubbi su Shelton sono legati alla continuità. Il classe 2002 statunitense, se possibile, ha un tennis ancora più adatto rispetto al canadese sull’erba: servire a 230/235 km/h ti permette di partire già con un virtuale 15 di vantaggio. Tirare un dritto altrettanto devastante e poter velocemente chiudere il punto a rete è un plus che ammazza il morale e la voglia di tattica di qualsiasi rivale che vuole provare a sconfiggerlo sul terreno dello scambio prolungato. A ciò si aggiunga che Shelton vola sulle ali di un entusiasmo chiamato 'debutto in top 10'. Motivato più che mai a raggiungere la terza semifinale Slam in carriera, dopo quelle agli Us Open nel 2023 e agli Australian Open nel 2025, lo statunitense sembra sempre più consapevole di quanto vale sui grandi palcoscenici e ci si può azzardare a dire che non parte sfavorito con nessuna testa di serie tra la 5 e la 8. La sconfitta in semifinale a Stoccarda è stata per Shelton una lezione su cosa puntellare quando per vincere non bastano 21 ace. Sono gli stessi dettagli che gli sono costati caro un anno fa agli ottavi di finale di Wimbledon contro Sinner. Vedremo se 'Ben' ha già imparato. Chi non ha bisogno di imparare nulla sull’erba è Berrettini, primo finalista italiano di sempre ai Championships e fermato soltanto da quel Novak Djokovic campione di tutto che ha completato il tennis. Anche volendo mettere da parte, per quanto possibile, la finale di Wimbledon e la storia del tennis azzurro che rimarrà per sempre scritta nella pietra, Berrettini ha vinto due volte al Queen’s, nel 2021 e nel 2022 e ha un bilancio di due vittorie e una sconfitta in finale a Stoccarda, con i titoli conquistati nel 2019 e nel 2022 e la delusione contro Draper nel 2024. I dubbi, nel caso, sono legati ai maledetti addominali, che tengono fermo Matteo dal ritiro contro Ruud a Roma. Il forfait dall’amato Queen’s non è un buon segnale, ma il bilancio di Berrettini a Wimbledon aiuta a tranquillizzarci nonostante tutto. Soltanto in quattro hanno sconfitto l’italiano ai Championships: Roger Federer, Novak Djokovic, Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. La logica conclusione è immediata: per sconfiggere Berrettini a Wimbledon, devi essere un numero 1 e un multi-campione Slam. D’altronde, se si scrivesse il manuale del tennis sull’erba, si consiglierebbe di servire con effetto e traiettoria, di distruggere la pallina con il dritto e di tagliare ritmo e gambe a chi sta dall’altro lato della rete con lo slice di rovescio. Chi vi ricorda? E a proposito di ricordi, magari è un azzardo mettere Zverev così in alto nella lista di chi può arrivare in fondo sull’erba, ma il sorriso con cui il tedesco ha accettato la sconfitta in finale a Stoccarda contro Fritz è il segnale di chi, dopo otto anni di digiuno, ha ritrovato l’ultimo atto di un torneo sui prati e non vuole fermarsi qui. Wimbledon è l’unico Slam nel quale l’attuale numero 3 del mondo non è mai arrivato in finale. Anzi, a dire la verità ai Championships Sascha non si è mai neanche spinto oltre gli ottavi di finale. Colpa di una superficie sulla quale, negli anni, a tratti è sembrato quasi rassegnato, almeno fino a dodici mesi fa, quando a fermarlo a Wimbledon, più che, di nuovo, il 'solito' Fritz, fu un infortunio al ginocchio che lo tormentò per il successivo mese. È vero che rispetto a Berrettini, il tedesco ha limiti tecnici che difficilmente riuscirà a sistemare sull’erba: più che il dritto ballerino – che però se tirato 'senza pensare', come spesso con Shelton, balla un po’ di meno – a preoccupare sono le volée, sempre giocate con il braccio che trema. Che bisogno si ha, però, di scendere a rete se basta un servizio costantemente a 220 km/h tirato con percentuali che si aggirano intorno all’80%? Semplicemente basta evitare la bestia nera Taylor Fritz. Oppure l’altra bestia nera: un Lorenzo Musetti che merita una onorevole menzione in questo gruppo grazie alla sua straordinaria stagione su erba nel 2024, con la finale al Queen’s e la semifinale a Wimbledon, ma che arriva a Londra con un po’ di dubbi legati alla lesione all’adduttore sinistro e con la tensione emotiva di doversi confermare dodici mesi dopo il primo exploit sui prati. A proposito di italiani tormentati dai guai fisici sul più bello. Tier 2 Dai tre della 'Tier 3' ai due della 'Tier 2': non ce ne voglia proprio Zverev, ma, per quanto il ranking dica il contrario e tolti i tre che, immaginerete anche voi, sono in 'Tier 1', ci sono due che sono più favoriti di lui a Wimbledon: Taylor Fritz e Jack Draper. Difficile dire chi parte davanti all’altro, considerato anche che sono proprio loro due a giocarsi la testa di serie numero 4 ai Championships: lo statunitense viene dal citato titolo nell’ATP 250 di Stoccarda, quarto titolo sull’erba dopo i tre vinti nell’ATP 250 di Eastbourne nel 2019, 2022 e 2024; il britannico a Wimbledon non è mai andato oltre il secondo turno, ma sull’erba ha già sconfitto Sinner e Alcaraz e comunque è stato campione anche lui a Stoccarda nel 2024. Mai così solido da fondocampo e in difesa Fritz, mai così performante con il suo servizio mancino e il suo tennis aggressivo Draper: entrambi vantano un best ranking da numero 4 al mondo ed è l’unica caratteristica che hanno in comune. La sensazione è che per capire quanto entrambi veramente possano essere candidati al titolo, molto dipenderà dal sorteggio: Fritz deve puntare a evitare Djokovic, che ha affrontato 10 volte in carriera senza mai sconfiggerlo. Per Draper meglio stare lontano soprattutto da Sinner, che è quello che risente meno di uno scambio impostato tra dritto mancino e rovescio destrorso. “Let the games begin”. Tier 1 Giochi che, ovviamente, non possono che vedere in 'Tier 1' il re più i due principi sempre più signori di tutto: Novak Djokovic, Carlos Alcaraz, Jannik Sinner. Inutile scendere negli aspetti tecnici, di chi si muove meglio, di chi colpisce meglio di dritto o di rovescio, di chi ha più sensibilità a rete, di chi ha più freddezza. Carlos e Jannik si affronteranno a distanza tra Queen’s e Halle, Novak si sta conservando per lo Slam londinese. Dettagli che non aggiungono e non tolgono molto allo status quo. Meglio analizzare il quadro generale grazie a tre numeri per ognuno di loro. Novak Djokovic: 38 come gli anni, fattore che sbilancia il pronostico dalla parte dei suoi due più giovani rivali, 25, come lo Slam inseguito, per staccarsi ufficialmente da Margaret Court e diventare il più vincente tra tutti i vincenti e 8, come il Wimbledon da conquistare per agganciare Roger Federer tra gli uomini più titolati ai Championships. Carlos Alcaraz: 6, come i sei Slam che vorrebbe avere in bacheca a 22 anni, 3, come i Wimbledon vinti di fila, per entrare in scia di leggende come Borg e Federer per dittatura sui prati londinesi, 2, come le doppiette Roland Garros-Wimbledon consecutive. Di nuovo, ricordiamolo, a 22 anni. Jannik Sinner: 56, come le settimane garantite in cima alla classifica ATP, indipendentemente da quello che accadrà durante la stagione sull’erba, 4, come la cifra che segnalerebbe il gap nuovamente quasi ricucito con Alcaraz in termini di Major in caso di vittoria ai Championships, 1, come il ranking sempre più attaccato alla pelle. Ma anche come il primo italiano di sempre a trionfare nel torneo dei sogni. E scusate se è poco.

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Michela Curcio