Il nome sulla maglia? È l'account Twitter delle pallavoliste

Volley
Stefania Liguori su Twitter (e dietro la maglia) è @principella12
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Potenza Volley, in Serie B1, ha adottato una curiosa strategia di marketing: sul retro delle divise non compaiono i nomi ma gli alias del social network. Nel calcio, invece, in tanti preferiscono i soprannomi, da "Chicharito" al... cane Matute

di Lorenzo Longhi

La notizia è di qualche settimana fa, ma ha fatto parlare. C’è poca attenzione, a parte in certe città storiche per questo sport, sul volley, e allora a volte basta un’idea per far discutere. Potenza Volley, alta classifica della Serie B1, ci è riuscita, assieme alla sua squadra di pallavolo e allo sponsor EcosunPower, utilizzando la potenza del web 2.0. Come? Stampando, sul retro delle divise da gioco, l'account Twitter delle sue giocatrici. Così il libero Elena Ligrani diventa @ElenaTaki e l'opposto Stefania Liguori @principella12, ad esempio. Storia curiosa, strategia di marketing virale interessante, e pazienza se i puristi delle maglie - nel volley diventate, negli anni, un ricettacolo di valanghe di sponsor e loghi commerciali - hanno qualcosa da ridire.

Il calcio, in questo senso, non si è prestato a tanto. Eppure, sulle maglie di diversi idoli della pedata non mancano stranezze e originalità. Nel Manchester United il messicano Javier Hernandez, sulla sua maglia numero 14, porta la dicitura “Chicharito”, il suo soprannome che, in italiano, potrebbe essere tradotto come “Pisellino”. De gustibus non disputandum est, avrebbero detto i latini, e allora nel 1997 in Italia arrivò Angel Morales, tracagnotto fantasista portato alla Sampdoria dal “Flaco” Menotti: sulla maglia portò, per primo da noi, non il suo cognome ma l’alias “Matute”, dal nome del cane poliziotto del cartone animato di Hanna & Barbera Top Cat. Un cane, proprio così, e i doriani ricordarono una celeberrima battuta di Boskov sul genoano Perdomo: “Il mio cane gioca meglio”, disse. Non avrebbe immaginato l’arrivo di Morales, il grande Vuja.

Ibrahim Ba decise di stampare il nomignolo “Ibou”, Lassana Diarra preferiva il diminutivo “Lass”, mentre Sergio Aguero ha voluto tenere soprannome e cognome e sulla sua maglia, all’Atletico come al City, compariva e compare “Kun Aguero”. Caso diverso quello dei calciatori brasiliani: per loro il soprannome vale il nome all’anagrafe, tanto che Alexandre da Silva è Pato così come Edson Nascimento dos Santos era Pelè. Non fanno storia, insomma, a differenze dell’originalissimo ecuadoregno Ivan Kaviedes che, nel Perugia di fine anni ’90, sulla sua maglia numero 33 mise la scritta “Nine”. Il motivo? Era un centravanti, la maglia numero nove era occupata e lui scelse di mettersi comunque il numero, in lettere, sulla maglia. Già, il Perugia: fra gli umbri di Gaucci, ci fu anche un altro a scrivere qualcosa che non fosse il cognome sulla maglia. Si chiamava Saadi e, certo, non era un calciatore…