Tutti i retroscena della chiacchierata di Paolo Condò con Antonio Conte, realizzata in un momento cruciale della stagione che l'ha portato a vincere la Premier League con il Chelsea. Tra un paventato esonero e la serie di 13 vittorie consecutive, Condò ci racconta come è nata l'intervista al neo campione d'Inghilterra
L’appuntamento con Antonio Conte era concordato da tempo, perché volevamo iniziare la seconda stagione di “Mister Condò” con l’allenatore che aveva incendiato la nostra estate. Chi governa la Nazionale ha questo particolarissimo potere di occupare militarmente il nostro immaginario, ogni due anni, nei giorni dolci dedicati alle vacanze o alla loro preparazione. La cosa funziona come una lente d’ingrandimento: se il torneo va bene (e il risultato è tantissimo, ma non tutto) per il comandante si prende una cotta come succede - appunto - negli amori estivi, se viceversa va male ci si raffredda in un amen com’è successo per esempio a Cesare Prandelli, che ha conosciuto entrambe le facce della medaglia. Per quanto concluso ai quarti di finale e non più avanti, l’Europeo francese ha consacrato l’ammirazione, e in quei giorni proprio l’amore, dell’Italia per Antonio Conte. E dunque era lui che volevamo intervistare per primo, anche perché la nuova esperienza al Chelsea era un intrigante capitolo supplementare. La buona partenza, poi, era servita a trattare in toni rilassati con l’ufficio stampa del club. Così era stata fissata la data di mercoledì 28 settembre, dopo la prima chicane della stagione: la gara in casa col Liverpool, seguita dalla visita all’Arsenal.
"Big boss is here"
Chelsea-Liverpool 1-2 con sostanziale superiorità dei Reds. Arsenal-Chelsea 3-0 con la devastazione più totale nelle file blues. Accidenti. Che si fa? In casi del genere la maggior parte delle società annulla ogni impegno (“dobbiamo concentrarci per uscire da una situazione difficile”), e in redazione aspettavamo da un momento all’altro la telefonata di Steve Atkins, il capo della comunicazione del Chelsea. Ma i cellulari di tutti restavano muti e Giovanni Guardalà - quello di noi che meglio conosce Conte - continuava a ricevere segnali distesi. Si fa lo stesso, certo. Bene. Partiamo.
La location dell’intervista è Cobham, il grande centro di allenamento del club londinese, non distante dall’aeroporto di Heathrow. L’appuntamento è per le 13, alla fine della seduta del mattino, nella saletta riservata alle conferenze stampa. Atkins è come sempre gentilissimo, ma pur non essendo abituali frequentatori del luogo è inevitabile avvertire nell’aria qualcosa di diverso dal solito. Una specie di tensione latente, o meglio un’attesa innervosita, molto palpabile. L’appuntamento viene rinviato alle 13.30, quando il set è ormai pronto, perché Conte deve prima mangiare. Poi alle 14, perché sta parlando alla squadra. Alle 14.30 filtra la verità, sussurrata da uno dei ragazzi dell’ufficio stampa: “Big boss is here”. Roman Abramovich è nel complesso di Cobham. Panico. Sarà mica venuto per… Nessuno ha il coraggio di dire l’indicibile.
"Qualcosa ci dovremo inventare"
Alle 15 arrivano i panini. “Aspettate”. Alle 15.30 escono i collaboratori di Conte, tutti allegri e sereni. Mi fermo con Angelo Alessio, che si lamenta scherzando della quantità di lavoro e ammette che qualcosa in difesa si dovranno inventare, perché le cose non funzionano. “Ma non abbiamo paura, ti dirà Antonio…”. Nella spola fra sala stampa e porta della clubhouse, alle 16 incrocio un certo trambusto. Fra la percezione che sta per succedere qualcosa e l’uscita di Abramovich passano due secondi: sorridente, seguito da un tizio che pare più un amico che una guardia del corpo, “big boss” ci passa accanto, risponde con un cenno del capo al nostro saluto, scompare nella berlina nera di grossa cilindrata materializzatasi nel piazzale di Cobham. Un minuto dopo Antonio Conte ci raggiunge. E’ ancora un po’ teso.
“E’ il secondo giorno che viene. Si è fatto mostrare i video di tutti i nuovi esercizi tattici che abbiamo sviluppato in questi giorni, si è fatto spiegare le poche parti che non aveva afferrato al volo e mi ha detto che gli sembrano molto convincenti, e di continuare così che i risultati arriveranno. So come vanno queste cose, queste due sconfitte non ci volevano, ma ti devo dire che mi è parso davvero rilassato”.
Conte e quel pronostico "modesto"
L’intervista riparte dalla sua infanzia, e rovistando nel baule dei ricordi Conte ha il tempo di metabolizzare l’ansia di quelle ore. Quando si torna a parlare di Chelsea è determinato nel dire che uscirà dal brutto momento, e quando gli parlo del recupero della difesa a tre - la sua griffe tattica fra Juventus e Nazionale - lui sorride: “Cosa pensi che abbia allenato ieri e lunedì? Certo che passiamo a tre, ma devo trovare un esterno destro…”. Di lì a poco, Moses sarebbe stato recuperato dal dimenticatoio per diventare una delle grandi rivelazioni della Premier. Pensi ancora di poter vincere il titolo, Antonio? Mi guarda come se avessi bevuto così tanto da non riuscire a frenare l’incontinenza verbale… “Questa squadra l’anno scorso è arrivata decima, e sul mercato abbiamo fatto pochissimo. Sarei contento di arrivare fra le prime quattro, io non faccio miracoli…”.
Come sarebbe a dire “non faccio miracoli”?
Numeri che sono voragini, il Chelsea sarà campione
Il sabato successivo il Chelsea, per la prima volta con l’assetto difensivo a tre dall’inizio, vince 2-0 sul campo dell’Hull City. Conte guadagna così la pausa nazionali, mentre noi a Milano montiamo la puntata di “Mister Condò”, la cui première è prevista per metà ottobre. L’ultima decisione critica arriva la sera del 14, vigilia di Chelsea-Leicester, perché i bookmaker sospendono la quota dell’esonero di Conte: hanno saputo che Abramovich, contrariamente alle sue abitudini, si è fatto vedere spesso a Cobham, e la cosa è stata interpretata male. O, meglio, male interpretata. “La squadra adesso va, non credete a chi scommette contro di me” è il messaggio di Conte, e la puntata va regolarmente in onda. Fra la sconfitta con l’Arsenal e quella successiva, il 4 gennaio con il Tottenham, il Chelsea mette assieme la bellezza di 13 vittorie consecutive grazie alle quali ottiene 9 punti più del Liverpool, 12 dell’Arsenal, 14 del Tottenham, 15 del Manchester United e 18 del Manchester City. Non sono numeri, sono voragini: la spiegazione del titolo di Premier appena vinto sul campo del West Brom. Abramovich faceva bene a sorridere rilassato, quel pomeriggio a Cobham. La sapeva lunga già allora.