Calciomercato Story, il triennio pre Bosman

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Giorgio Sigon

In tanti credevano che Alex Lalas fosse un pesce fuor d'acqua in A. Molti cambiarono idea (Foto Getty)
Lalas_Getty

Nuova tappa del nostro viaggio nella storia del mercato degli stranieri del nostro campionato. Per la prima volta nella storia arrivano un giapponese e uno statunitense-chitarrista che piaceva alla Clinton

Dopo i fatti del 1992 non ci furono scossoni normativi a livello di mercato fino al 15 dicembre 1995 quando tutto cambiò. Il triennio che va dalla stagione 1993-1994 fino a quella dell’annata 1995-1996 vide l’arrivo, tra estate e autunno di 65 nuovi stranieri. Nell’estate del 1993 il Marsiglia, che aveva appena vinto la prima edizione della Champions League ma che venne travolto dallo scandalo corruzione, perse molti pezzi. Qualcuno, come Desailly, Boksic e Sauzee, finì in Italia.

Da Panama arrivò a Cagliari Dely Valdes che portò in dote 13 reti nella sua prima stagione sull’isola. L’Inter si assicurò il duo Bergkamp-Jonk. Toffoli, Ayew e Gumprecht non lasciarono grandi ricordi a Lecce. Nel mentre a Udine Thomas Helveg disputava la prima delle sue 11 stagioni passate in Italia.

La stagione 94-95 ebbe qualche “colpo” in più rispetto al campionato precedente quanto a stranieri: Rui Costa, Deschamps, Angloma e Paulo Sousa rinforzarono Fiorentina, Juventus e Torino. Tra i nuovi volti il capocannoniere fu Abedì Pelé con 10 gol. Marcio Santos fece una scommessa con Cecchi Gori: gol in cambio di una cena con Sharon Stone. Il brasiliano non arrivò al “Bonus cena”.

Nell’annata 1995-1996 furono 29 i nuovi stranieri: 3 di loro andarono in doppia cifra. Il Bari ottenne ottimi dividendi dallo spilungone Kennet Andersson (12 reti) ma né lui né Protti (24 timbri in A in quella stagione) riuscirono a salvare i biancorossi. A Vicenza Mendez e Bjorklund non riuscirono a segnare: ci pensò Marcelo Alejandro Otero. Dodici gol per l’uruguaiano che l’8 settembre del 1996 avrebbe segnato una quaterna a Firenze. Quello stesso giorno ci fu a San Siro il celebre coast to coast di George Weah che, al pari di Otero, arrivò in Italia nell’estate del ’95 (11 reti per il liberiano nella sua prima stagione).

L’infornata del 1995 portò giocatori da tutto il mondo: la Cremonese scoprì l’australiano John Aloisi, che per anni ha detenuto il record del gol più veloce per un esordiente straniero nella nostra Serie A. L’Atalanta fece arrivare dalla Svezia Conteh, nato in Sierra Leone. Il camerunese Augustine Timo vestì granata al pari del turco Hakan Sukur; la Roma si assicurò il greco Choutos mentre il Parma sganciò 12 miliardi e ottenne Stoichkov (che prendeva 3 miliardi di stipendio).

Curiosa fu la diversa sorte di due coetanei: ii 19enni Clarence Seedorf e Patrick Vieira si cimentarono con la Serie A (in Sampdoria e Milan). L’olandese sarebbe diventato uno degli stranieri più vincenti mentre il francese fu bocciato e spedito altrove. In quell’ “altrove” sarebbe diventato una leggenda. Roberto Carlos si stabilì a Milano solo per una stagione. Dopo di lui, l’Inter ebbe la maledizione dei terzini sinistri. Insieme al brasiliano i nerazzurri presero il famoso Rambert e lo sconosciuto Javer Zanetti. Il destino consegnerà alla storia la carriera del timido Saverio.

E’ stato un triennio con qualche “prima” storica per il pallone italiano. Vediamo quali

  • Nel 1994 i giapponesi scoprirono focaccia, pesto e altre prelibatezze liguri. Merito di Kazu Miura, primo giapponese nella storia del nostro campionato. Il Genoa fece un’operazione straordinaria a livello economico: di fatto Miura costò zero al Grifone dato che TV Giapponese e sponsor vari coprirono tutti gli esborsi dovuti al più grande giocatore nipponico. Pronti via e Baresi mette KO il samurai. Prima di campionato e Kazu fuori combattimento. Fece da comparsa per il resto del campionato. Segnò “solo” nel derby con la Samp. L’1-0 firmato dall’unica rete in 21 presenze di Miura fu però ribaltata dai doriani che vinsero 3-2

  • Il sole sorge dalla parte di Miura e tramonta da quella di Alexi Lalas, l’altro “strano” arrivo dell’estate ’94: il Padova si assicurò il primo statunitense della storia della A che non avesse (chiari) discendenti italiani. Negli anni ’30 la Fiorentina schierava Alfonso Negro e Armando Frigo. Entrambi statunitensi ma con qualche “piccola” origine italiana. Il capellone Panayotis Alexander Lalas sapeva suonare bene la chitarra ma anche a calcio non se la cavava male. Il Padova, grazie anche al suo gol contro il Milan, si salvò. Lalas era il leader dei Gypsies, uno dei gruppi musicali preferiti da Chelsea Clinton, figlia dell’ex Presidente Bill.

  • Non fu il primo portoghese della nostra Serie A (il primato spetta a Humberto, al secolo Jorge Humberto Raggi, che oggi sarebbe capoverdiano), di sicuro fu il più sfortunato. Uno degli approfondimenti di oggi lo dedichiamo ad un giocatore che non abbiamo mai avuto il privilegio di vedere sui nostri campi. La prima stagione di Paulo Futre in Italia recita: 1 presenza, 1 gol. Quel 21 novembre del 1993 avevamo avuto un assaggio del suo immenso talento. Reggiana-Cremonese, esordio di Futre (arrivato nel mercato autunnale): al 60’ il suo sinistro sbloccò la gara, a pochi minuti dal termine però la sua carriera (di fatto) finì sulla fascia destra dello stadio Mirabello. Sublussazione della rotula del ginocchio destro con parziale rottura del tendine. Fa male anche solo a leggerlo. Nel 1993 Futre aveva cambiato ben 4 squadre. Arrivò alla Reggiana grazie al solito Dal Cin (quello che portò Zico in Italia) anche se molti pensavano che fosse un parcheggio temporaneo prima di andare al Parma. Futre aveva vinto col Porto la Coppa dei Campioni (grazie alla rete di Juary) e pare che da ragazzino gli avessero cambiato la data di nascita pur di farlo giocare allo Sporting Lisbona alla tenera età di 14 anni. Aveva un sinistro poetico, correva su e giù per il campo palla al piede e raramente i difensori riuscivano a portargliela via. Talento immenso che però veniva limitato dal carattere: troppo svogliato, Futre non amava gli allenamenti ed era un peperino difficile da domare e accontentare. Giocò ancora un anno alla Reggiana, vinse lo scudetto con il Milan e poi salutò l’Italia. In 3 stagioni mise insieme 14 partite. In 13 di queste non era più lui. Quel 21 novembre gli costò otto mesi di stop. Provò a tornare ma fu tutto inutile. Sarebbe stato bello poter ammirare un 27enne dal sinistro fatato che molto probabilmente aveva perso il treno importante, quello che passa una volta nella vita, ma che poteva deliziare i vari palati ancora per un po’.