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NBA, la strana danza di Mo Williams

NBA

Stefano Salerno

Mo_williams

Mo Williams ha annunciato il suo ritiro lo scorso ottobre, ma ha cambiato quattro squadre negli ultimi 15 giorni, standosene seduto sul divano di casa. Ecco spiegato il perché

L’NBA è una lega in cui tutto viene regolamentato, anche il più piccolo cavillo contrattuale e questo, alle volte, può portare al cortocircuito. Al paradosso, come accaduto negli ultimi giorni con le notizie di mercato che via via si sono rincorse riguardo il valzer di trasferimenti in cui è stato coinvolto Mo Williams, campione NBA in carica ormai in pensione dagli inizio di ottobre, che nel giro di due settimane:

-         È stato ceduto da Cleveland ad Atlanta nella trade di Kyle Korver (7 gennaio);

-         È stato scambiato dagli Hawks e spedito a Denver (18 gennaio);

-         È stato tagliato dai Nuggets (sempre il 18 gennaio);

-         È stato acquisito da Philadelphia (il 20 gennaio);

-         È stato tagliato anche dal roster dei Sixers (il 21 gennaio);

-         È stato nuovamente acquisito da Denver (il 23 gennaio).

Un caos, in cui conviene fare un po’ d’ordine. Il playmaker dei Cleveland Cavaliers infatti, dopo il tira e molla fatto a colpi di dichiarazioni e tweet durante lo scorso settembre, ha deciso di salutare il basket dopo 13 stagione. “Non voglio mettere i Cavs nella condizione di non avere a roster nel momento del bisogno un giocatore che possa garantire 10 minuti di livello – commentava il diretto interessato il 2 ottobre -, una cosa che spesso può fare la differenza nel riuscire o meno a vincere un titolo NBA”. Lette ora quelle parole sanno ancora più di beffa, il giorno dopo che lo stesso LeBron James ha voluto sottolineare (con tanto di asterischi diffusi in giro) che il playmaker di riserva è proprio quello che manca a Cleveland per pensare di puntare al repeat.

Da Cleveland ad Atlanta - Il giorno dopo la Befana Mo Williams saluta quindi l’Ohio destinazione Atlanta, restando comodamente seduto sul divano di casa. La trade è quella che ha portato Kyle Korver alla corte di LeBron. Una nuova freccia da mettere in faretra, per cui Cleveland ha sacrificato delle scelte (una pick protetta al primo giro del draft 2019) e spazio salariale, ossia i 2.2 milioni di dollari rappresentati dal contratto di Williams, oltre ai quasi cinque percepiti da Mike Dunleavy, che ha giocato già sette gare in Georgia, viaggiando con sei punti di media in 18 minuti di impiego. Fin qui, il discorso non fa una piega. Gli Hawks però, non sapendo giustamente cosa farsene di un giocatore ritirato, lo hanno ceduto a Denver in cambio sostanzialmente di nulla. Adesso però la domanda sorge spontanea: perché i Nuggets hanno acquistato volutamente un giocatore che si è ritirato? È qui che entra in gioco il cosiddetto salary floor, il livello di spesa minimo (fissato al 90% del cap) che tutte le franchigie sono obbligate a versare ai propri giocatori.

Salary floor - Facciamo chiarezza. I Nuggets al momento spendono in contratti 75.7 milioni di dollari, a fronte di una spesa minima che dovrebbe essere pari a 84.7, ben 9 milioni di dollari in meno. Una differenza dettata dal recente aumento del tetto salariale, lo stesso che ha portato giocatori di medio livello a firmare contratti a cifre spropositate. Se sale la quota massima, aumenta anche quella minima. Denver quindi sarà comunque costretta a spendere quella cifra aggiuntiva che, qualora non cambiasse la situazione attuale del monte salari, verrebbe redistribuita tra i giocatori che compongono attualmente il roster in parti proporzionali rispetto al peso dei loro contratti. Per intenderci, allo stato attuale delle cose, i 15 milioni di dollari che incassa Danilo Gallinari rappresentano il 20% scarso del salary cap dei Nuggets; di conseguenza, restando così le cose, l’azzurro riceverebbe a fine anno un “bonus” di circa 1.8 milioni, un quinto dei 9 milioni di differenza.

Perché comprare Mo Williams conviene - Tanti verdoni quindi che Denver prova a risparmiare comprando Mo Williams. Il cavillo contrattuale su cui infatti si basa la strategia dei Nuggets è quello relativo al fatto che il salary floor viene calcolato in base allo stipendio nominale percepito dai giocatori e non in base agli emolumenti effettivamente versati dalla squadra del Colorado. In sostanza, Denver si ritrova a fare un balzo in avanti di 2.2 milioni verso la soglia del salary floor, dovendo però in realtà versarne circa la metà al giocatore, in quanto lo stipendio è relativo soltanto al lasso di tempo trascorso alle dipendenza della squadra. Metà stagione, quindi metà stipendio da pagare, ma un contratto intero da scalare.

Perché fa gola a molti? - Un giochino comodo, che permettere di evitare di spendere più di un milione di dollari. Il bello però è che la storia non finisce qui. Infatti i Nuggets, una volta acquistato Williams, hanno subito deciso di tagliarlo, evitando di occupare un posto in squadra ma allo stesso tempo dimenticando che nelle 48 ore successive al taglio tutte le altre squadre nella stessa situazione (ossia sotto il salary floor) possono avanzare un’offerta per un giocatore escluso dal roster. I Philadelphia 76ers quindi non se lo sono fatti ripetere due volte, acquistando l’ex giocatore dei Cavs il 20 gennaio (che nel frattempo è rimasto sempre sul divano di casa sua), pronti poi il giorno dopo a tagliarlo come fatto da Denver. Beh, direte voi, il casino è già talmente tanto complesso che l’avranno finita qua. E invece no, perché i Nuggets il 23 hanno nuovamente acquistato Williams, prima di rischiare di perdere il diritto di poter risparmiare quei soldi. 

Una storia la capolinea - Il nuovo contratto collettivo, firmato in via ufficiale pochi giorni fa, ha modificato anche queste regole, cercando di evitare che situazioni del genere potessero nuovamente verificarsi, facendo sì che nel computo del salary floor venga conteggiata soltanto la cifra effettivamente corrisposta al giocatore e non il valore nominale del suo contratto. Alla fine quindi, la danza dei Mo Williams di questo mondo sembra essere finalmente giunta a conclusione. L’ex playmaker dei Cavs riceverà i suoi 2.2 milioni in parte dalla sua ex squadra, in parte dagli Hawks, in parte dai Sixers (circa 40mila dollari) e il restante dai Nuggets. Arriveranno tutti e a lui non resterà altro che goderseli, standosene sempre comodamente seduto sul divano.