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NBA, Paul Pierce per l’ultima volta al TD Garden

NBA

Dario Vismara

Paul Pierce con 24.021 punti è il secondo miglior realizzatore della storia dei Celtics dietro John Havlicek (Foto Getty)
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La visita dei Clippers sul campo dei Celtics coincide con l’ultima partita di Paul Pierce nella “sua” Boston. Un’occasione imperdibile per celebrare la carriera di una leggenda (diretta Sky Sport 2 alle 20)

Sono le parole di Doc Rivers a introdurre perfettamente l’ultima partita di Paul Pierce al TD Garden di Boston: “Paul è qui con noi per cercare di vincere un titolo, ma è un Celtic. È sempre stato un Celtic e così sarà quando si ritirerà, quando entrerà nella Hall of Fame e così via, per il resto dei suoi giorni”. Il bianco-verde è una combinazione di colori che entra nel cuore anche solo dopo una partita, figuriamoci dopo le 1.102 disputate da Pierce con la storica maglia 34, una di quelle che appena sarà possibile verrà ritirata e celebrata come si conviene a una leggenda. In attesa di quel giorno, però, i tifosi dei Celtics domani alle ore 20 italiane (diretta su Sky Sport) potranno dare il giusto tributo a “The Captain and The Truth”, MVP delle Finali dell’ultimo titolo vinto da Boston che ha già annunciato il ritiro per fine anno.

Clippers in cerca di una vittoria – I Celtics partono con i favori del pronostico in questa sfida domenicale, un po’ per le sei vittorie consecutive che hanno raccolto negli ultimi tempi, un po’ per l’assenza di Chris Paul che inevitabilmente sta pesando sui Clippers. I ragazzi di Doc Rivers hanno vinto solamente due delle sette partite disputate finora senza la loro stella, e sono attesi al mese più complicato di tutta la stagione NBA. Quella di Boston infatti è la prima gara di cinque consecutive in trasferta, un mini tour che li vedrà impegnati anche a Toronto (dove l’anno scorso Blake Griffin si spaccò la mano tirando un pugno a un magazziniere della squadra), New York, Charlotte e Utah. Dall’altra parte invece i Celtics volano sulle ali di Isaiah Thomas, capocannoniere della NBA nelle ultime 10 partite con 36 punti di media, di cui 13.7 nell’ultimo quarto. Una prolificità, quella del “King in the Fourth”, che ha fatto persino dimenticare l’assenza di Avery Bradley, ancora fuori per un tendine d’Achille che continua a dare problemi.

Le parole del protagonista — Negli ultimi giorni Pierce ha concesso una lunga intervista al Boston Globe, quotidiano storico della città in cui ha giocato per quindici lunghi anni. “Sarà emozionante essere al Garden per l’ultima volta come giocatore e ripensare a tutte le persone con cui ho creato un rapporto negli anni. Sarà divertente, ma anche molto commovente” ha esordito con la prima risposta, passando in rassegna i momenti migliori — citando soprattutto “le persone fuori dal campo che sono riuscito a conoscere e aiutare nel tempo che ho passato qui” — ma senza dimenticare momenti peggiori — come la striscia di 18 sconfitte consecutive nel 2006-07, quando “ero infortunato e frustrato: mi sentivo negli anni migliori della mia carriera e c’è voluta molta pazienza da parte di Ainge, degli allenatori e della mia famiglia per farmi superare quel momento”.

Il titolo del 2008 — Inevitabile che ogni discorso riguardante la carriera di Pierce ai Celtics ripassi da quel magico 2008, il primo anno assieme dei Big Three che si è concluso con la vittoria del titolo: “È stata una ventata di aria fresca. Quando esci da una stagione perdente ma riesci a prendere due come Ray Allen e Kevin Garnett, pensi immediatamente di essere una squadra da titolo. Non volevamo nient’altro, perché nessuno di noi tre l’anno prima era andato ai playoff. Sin dal primissimo giorno però eravamo convinti di potercela fare”. Un viaggio che si è concluso con il Larry O’Brien Trophy in una mano e il titolo di MVP (che allora non era ancora stato rinominato per celebrare Bill Russell) nell’altra: “Era come stare in un sogno. Ricordo il momento nello spogliatoio con Kevin e Ray, gli altri erano già andati, mentre noi eravamo ancora lì seduti e non riuscivo a credere a cosa era appena successo. Ne parli e ci pensi per così tanto tempo, ma quando succede per davvero, non puoi fare a meno di rimanerci di stucco. Una sensazione stupenda”.

I sigari di Red — Parlando della storia dei Boston Celtics, inevitabile passare dalla figura centrale della leggenda bianco-verde, vale a dire Red Auerbach. Proprio a proposito del protagonista dei 16 anelli (9 come allenatore e 7 come dirigente) e di quello conquistato nel 2008, Pierce ha raccontato un aneddoto gustoso: “Avevo un grande rapporto con lui, ogni volta che veniva in città mi portava un sigaro e io li mettevo sempre da parte. Li tenevo nel mio spogliatoio e li lasciavo lì, in attesa del momento giusto per accenderne uno. Quando abbiamo vinto il titolo ne ho portato uno durante la parata e da lì non mi sono più fermato: li ho fumati tutti nel corso dell’estate, anche perché non ho mai smesso di festeggiare”.

Legacy — Le 15 stagioni passate a Boston e le vittorie hanno cementificato il suo posto nella storia dei Celtics, ma Pierce ha avuto bisogno di tempo per capire cosa voleva dire giocare per una franchigia del genere: “È solo dopo aver parlato con alcuni dei giocatori del passato che ho capito cos’è l’orgoglio, il ‘pride’ di questa squadra. È per questo che ho sempre voluto rimanere qui. Volevo farmi conoscere e ricordare come un giocatore dei Boston Celtics, e ci vuole del tempo. Poi inizi anche ad apprezzare il modo in cui la città ti accoglie, e io ho avuto tantissima fortuna a rimanere nello stesso posto per così tanto tempo. Però c’è voluto un titolo per farmi sentire davvero di aver fatto qualcosa per la storia di questa franchigia, di poter appartenere nel rango di quelli che hanno un numero ritirato per questa franchigia. Perché le statistiche non valgono niente, fino a quando non hai vinto il titolo”.

Nessun rimpianto, o forse uno — Pierce ha detto di non aver nessun rimpianto riguardo la sua carriera in biancoverde — “Sono contento di ciò che ho fatto e di aver lasciato un segno: ovviamente uno vuole vincere ogni partita e fare sempre la cosa migliore, ma anche i fallimenti che ho dovuto affrontare mi hanno reso un giocatore migliore” —, tranne solamente uno, confessato in una domanda successiva: “Avremmo potuto vincere tre titoli con la squadra dei Big Three. L’anno dopo il titolo molte cose sono andate storte, come ad esempio gli infortuni (e per questo sono felice di esserci riuscito subito al primo colpo), ma saremmo potuti arrivare a tre. Anche l’anno successivo eravamo sopra 3-2 in Finale prima di perdere le ultime due con Kendrick Perkins fuori. Quando cerchi di vincere un titolo, gli infortuni sono sempre un grosso fattore”. Pierce ha espresso però anche un ultimo desiderio per salutare il Garden: "Voglio dare un bacio a Lucky [il logo a centro campo, ndr], solo per l'ultima volta".

Il Super Bowl chiama — I tifosi dei Celtics sono pronti a concedergli il giusto tributo a partire dalle 14 (le 20 italiane); sì, ma facendo in fretta, che poi bisogna rincasare o infilarsi in uno sports bar per seguire il Super Bowl tra New England e Atlanta, che comincia alle 18:30 ora di Boston (mezzanotte e mezza in Italia). Una rincorsa verso il televisore più vicino che peraltro farà lo stesso Pierce, che dei Patriots è tifosissimo: “L’unica cosa che so è che Pierce vorrebbe guardarsi il Super Bowl tutto il giorno, è uno dei più grandi tifosi di Tom Brady al mondo” ha raccontato Danny Ainge, GM dei Celtics, a una radio locale. “Se qualcuno volesse mandarlo fuori dalla grazia di Dio o addentrarsi in una lunga e accesa discussione, basterebbe dirgli ‘Payton Manning è meglio di Tom Brady’. Gli faresti salire la voglia di fare a botte”. Bostoniano fino in fondo, anche nella fede nel football: inevitabile, quando si sanguina bianco-verde.