Il canestro da tre punti segnato dal numero 2 degli Wizards a 3.5 secondi dal termine della sfida regala a Washington il successo 92-91 su Boston. La serie adesso è sul 3-3: nella notte tra lunedì e martedì si giocherà la decisiva gara-7
Gara-7. Tirando le somme al termine della più bella delle sfide giocate fino a oggi tra Washington e Boston, restano quelle due parole che scaldano il cuore a tutti i tifosi NBA. Merito di John Wall, che chiude come meglio non potrebbe la sua serata nel segno del tre; non tanto la terza vittoria conquistata dalla sua squadra nella serie, quanto per gli ultimi tre punti mandati a segno, realizzati a 3.5 secondi dal termine e che hanno regalato agli Wizards il definitivo vantaggio sul 92-91 – il nono sorpasso nel punteggio nel solo quarto periodo di un match molto più in equilibrio dei sei episodi precedenti. “Non conviene presentarsi nella mia città tutti vestiti di nero, facendo finta di essere venuti per partecipare a un funerale”. Wall sputa fuori dalla bocca parole al veleno, dopo che i giocatori dei Celtics hanno deciso di presentarsi al Verizon Center in total black; scelta che fecero proprio i capitolini nella terza gara giocata in regular season tra le due squadre e che per quel motivo fu ribattezzato “Funeral Game”. “Vestire di nero? È fantastico, lo adoro come colore: ti fa sembrare più magro!”, sdrammatizza a fine gara un sorridente coach Scott Brooks, felice di aver infranto la maledizione che fino ad oggi aveva sempre visto uscire perdenti dal campo le squadre che in questi playoff si erano ritrovate a fronteggiare un elimination game in casa.
John Wall sempre più decisivo
Dopo aver segnato uno dei tiri più importanti della storia degli Wizards (che tornano a giocare così una gara-7 38 anni dopo quella disputata nel 1979 contro i San Antonio Spurs), la point guard numero 2 si è rivolta verso il pubblico festante urlando: “Questa è la mia vita, è quello che stavo cercando… Non potrei chiedere di più”. In effetti sarebbe stato difficile immaginare un epilogo più adatto agli straordinari playoff che la scelta n°1 al draft 2010 sta giocando, entusiasta di aver realizzato il suo primo tiro da tre punti decisivo negli ultimi dieci secondi di gara per pareggiare o vincere il match. Non sembrava la serata più adatta per riuscirci, visto il pessimo rendimento dalla distanza dei padroni di casa nei primi 47 minuti e 57 secondi di partita (4/19 fino a quel momento), ma quando conta il numero 2 ormai ha dimostrato di poter essere affidabile, soprattutto dopo un primo tempo da soli 3 punti totali, raccolti con un rivedibile 1/9 al tiro. Boston però, non ne ha saputo approfittare, andando a riposo in vantaggio con una sola lunghezza di vantaggio (42-41); un margine troppo esiguo per far fronte ai 23 punti realizzati nel secondo tempo da Wall, che si aggiungono ai 33 totali di Bradley Beal e ai 16 con 11 rimbalzi di un prezioso Markieff Morris. Otto Porter fa cilecca (0 punti e 0/5 al tiro) e la panchina come al solito latita, ma per questa volta il backcourt più redditizio della lega basta e avanza per conquistare un successo obbligato.
Quanto pesa il fattore campo
Quando l’aria diventa rarefatta, le rotazioni inevitabilmente si accorciano e aumentano le responsabilità per quelli che restano più a lungo in campo. Lo sa bene coach Brad Stevens, che taglia drasticamente la turnazioni dei suoi giocatori sul parquet, mantenendo Amir Johnson in quintetto (impiegato però soltanto 14 minuti) e raccogliendo poi soltanto cinque punti complessivi in uscita dalla panchina. Chi tira avanti la carretta infatti sono “i magnifici tre”, con Isaiah Thomas e Avery Bradley a quota 27 punti a cui Al Horford ne aggiunge altri 20. “Gara-7. Beh, è dove tutti i più grandi giocatori hanno costruito in maniera definitiva il loro nome. Sono eccitato”, racconta il numero 4 bianco-verde al termine della battaglia conclusa con dieci punti nel quarto periodo, ma con l’errore sulla tripla nel finale che avrebbe regalato ai Celtics successo e qualificazione. Boston va sotto a rimbalzo (46 vs. 37 in favore dei padroni di casa) e nonostante una buona gestione del pallone (soltanto 10 le palle perse, molto meno sanguinose di quelle in gara-4), si ritrova a tentare sette conclusioni in meno - scarto decisivo in una sfida decisa da un solo punto di differenza. Evidentemente dieci partite stagionali non sono ancora abbastanza per riuscire a determinare quale delle due squadre sia la migliore e meriti di affrontare Cleveland in finale di conference (che nel frattempo allunga a dieci i giorni di riposo dopo aver vinto 4-0 contro Toronto). Il fattore campo è sempre stato decisivo fino ad oggi, con la squadra di casa uscita sempre con le braccia al cielo a fine gara. Brad Stevens dovrà quindi chiedere al TD Garden un ultimo sforzo.