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NBA Draft, alla scoperta di Lonzo Ball: quale futuro in NBA?

NBA

Dario Vismara

Lonzo Ball, uno dei giocatori più attesi al prossimo Draft del 22 giugno (Foto Getty)
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Chiacchierato, discusso, criticato: il figlio di LaVar Ball è già un personaggio a livello mondiale, ma chi è davvero come giocatore di pallacanestro? Andiamo alla scoperta della sua storia, dei suoi pregi e dei suoi difetti in ottica NBA

Prima ancora di sapere quale squadra potrà goderne le evoluzioni in campo, Lonzo Ball ha già raggiunto un risultato che la stragrande maggioranza dei suoi coetanei non potrebbe neanche immaginare: una notorietà pressoché mondiale. Se poi questa notorietà sia positiva o negativa sta a ognuno di noi deciderlo, ma non c’è alcun dubbio che quello di Lonzo sia già un nome noto a tutti gli appassionati di pallacanestro, grazie soprattutto alle dichiarazioni spesso sopra le righe del padre LaVar e a sparate come le sue prime signature shoes autoprodotte e vendute a 500 dollari. Tutto quello che è successo attorno a lui fuori dal campo non deve però far passare sotto traccia quello che Lonzo sa fare sul parquet, perché il più grande dei fratelli Ball è un prospetto con caratteristiche talmente particolari da renderlo sostanzialmente unico. E le cose che sa fare bene, unite a misure fisiche di tutto rispetto, lo rendono un talento da scelta nella top-5, con le potenzialità per diventare uno che sposta anche al piano più alto. D’altronde è una cosa che ha già iniziato a far vedere nel suo unico anno a UCLA, dove quasi da solo ha riportato alla rispettabilità un programma cestistico in crisi da anni.

Storia personale e percorso scolastico: la rivoluzione a UCLA

Prima dell’arrivo di Ball, UCLA era reduce da un record di 6 vittorie e 12 sconfitte nella Pac-12, perdendo 12 delle ultime 13 partite della stagione con un attacco fuori dalla top-50 della Division I. Dopo la sua entrata in squadra – insieme ad altri due freshman destinati al primo giro come T.J. Leaf e Ike Anigbogu — l’inerzia dei Bruins è stata completamente ribaltata, chiudendo con un record di 31-5, la testa di serie numero 3 al torneo NCAA e il miglior attacco della nazione. Ma al di là del risultato, è lo stile di gioco ad essere stato completamente stravolto dall’arrivo di Ball: la sua mentalità altruista ha finito per contagiare tutti i compagni, proponendo in campo uno stile di gioco ad alto ritmo divertente da vedere e difficile da arginare. Ball è stato il volto più riconoscibile di questa “rivoluzione” in uno degli atenei più famosi d’America, chiudendo la sua unica stagione a UCLA con medie da 14.6 punti, 6 rimbalzi, 7.6 assist e 1.8 recuperi a partita e aprendo la strada anche ai suoi fratelli minori LiAngelo e LaMelo (autore di 92 punti lo scorso febbraio), che dopo aver concluso il loro percorso al liceo di Chino Hills seguiranno le orme di Lonzo. I tre fratelli Ball, infatti, sono già noti agli appassionati sin dal loro unico anno insieme al liceo, quando insieme si fecero conoscere per il loro stile di gioco anti-convenzionale e rischiosissimo. Tre progetti di fenomeni che babbo LaVar ha cresciuto, accudito e allenato con cura minuziosa, pianificando per loro tutto il resto della carriera quasi “in provetta” – e di cui Lonzo è il gioiello più prezioso.

Punti di forza: stazza, IQ e altruismo

Per parlare di cosa sa fare Ball in campo, bisogna partire dalle misure: con 198 centimetri di altezza e 206 di apertura alare, Lonzo ha un vantaggio fisico nei confronti di praticamente tutti i diretti avversari, a cui può guardare sopra la testa per servire i compagni a volontà (cosa che rende intrigante un suo possibile futuro sviluppo in post). Le sue misure lo rendono interessante anche in prospettiva difensiva – per quanto la sua versatilità per marcare più ruoli sia più potenziale che reale, avendo delle mancanze a livello di fisicità, mentalità e durezza. La sua velocità e fluidità di movimento, però, può sorprendere qualsiasi difesa in campo aperto e col suo fisico leggero può anche volare sopra il ferro per chiudere gli alley-oop, anche se in generale il suo atletismo a livello NBA può essere considerato solamente nella media e la fisicità (come un po’ per tutti i giocatori che si affacciano al professionismo) è un punto su cui lavorare. Ball è al suo meglio quando può creare transizione: andando a rimbalzo per conto suo, forzando un recupero o ricevendo il passaggio di apertura, ha una capacità speciale di creare contropiede anche dove non dovrebbe esserci, esibendosi in outlet pass a tutto campo che farebbero impallidire Kevin Love e accelerazioni brucianti a lunghi passi che si concludono con un assist perfetto per i compagni appostati sul perimetro oppure con una tripla tramortente à la Steph Curry. Uno stile di gioco elettrizzante e redditizio, che ha rappresentato il 30% del suo attacco e ha messo in mostra non solo la sua straordinaria visione di gioco e una  capacità di passaggio estremamente creativa, ma anche un altruismo raro e contagioso che rende migliore chi gli sta intorno. Giocare con Ball è divertentissimo per i suoi compagni, a cui basta farsi trovare pronti per ricevere passaggi precisi e continuare la catena di passaggi innescata da Lonzo, dando vita a uno stile di gioco “Warriorsiano” entusiasmante. La palla non si ferma mai nelle mani di Ball, che è più che disponibile a cederla ai compagni e affidare a loro ampie responsabilità, coinvolgendoli offensivamente perché con le sue doti di tiro piedi-per-terra (44.6% in stagione) e soprattutto delle sottovalutatissime capacità di taglio, è più che capace di giocare anche lontano dalla palla – sfruttando le distrazioni della difesa per andare sopra il ferro e chiudere gli alley-oop. Uno dei tratti caratteristici che ha reso Ball così riconoscibile è una selezione di tiro “Steph Curry-iana”: Ball ama tirare da tre anche diversi passi prima della linea da tre punti, dando più importanza alla corretta esecuzione della sua particolarissima meccanica di tiro piuttosto che alla distanza dal canestro, visto che il suo range di tiro è ampissimo. Soprattutto, la sua “go-to move” è uno step back andando a sinistra con cui è in grado di creare separazione e punire qualsiasi cambio dei lunghi su di lui, con percentuali tutt’altro che banali.

Punti deboli: quanto ci si può fidare di quel tiro?

Proprio la sua meccanica di tiro così particolare è il punto di domanda più grosso sul suo futuro in NBA. Pur essendo destrorso, Ball carica il pallone partendo dall’anca sinistra, fa salire il pallone verticalmente e solo dopo lo porta davanti al volto diagonalmente, con un rilascio a una mano tanto veloce (e questo è un bene) quanto basso (e questo è un grosso punto a sfavore, perché facilmente contestabile dalle difese), oltre a un lavoro di piedi sospetto. Una meccanica che rende non solo molto difficile tirare andando a destra – rendendolo inevitabilmente più prevedibile – ma anche raramente utilizzata dalla media distanza (solo 8 tiri in tutta la stagione a UCLA), il che limita il suo potenziale come realizzatore. L’altro grande dubbio legato a Ball è proprio quanto possa realmente segnare contro le difese NBA, specialmente a basso ritmo: non avendo un atletismo eccellente per chiudere al ferro contro i lunghi dei pro (rifugge spesso i contatti e non ha sviluppato un floater per compensare) e non possedendo un ball-handling avanzatissimo (andando in difficoltà quando pressato e marcato in maniera asfissiante come fatto da De’Aaron Fox al torneo NCAA), le possibilità che sia in grado di segnare in maniera efficiente contro i professionisti sono dei punti di domanda. Quello step back, se confermato in NBA, lo renderà comunque una minaccia dal palleggio impedendo alle difese di “passare sotto” sui blocchi, ma il primo passo solo nella media unita alla mancanza di fisicità potrebbe rendergli difficile arrivare nel pitturato per creare per sé e per i compagni, o anche solo guadagnarsi preziosi viaggi in lunetta (piccola ma significativa nota: tira i liberi solo col 67%, di solito un brutto presagio per il piano superiore). Le sue doti nel pick and roll, un cardine imprescindibile per ogni point guard della NBA, hanno potenziale ma non sono eccellenti: Ball ha chiuso una quota piuttosto bassa di giochi a due (solo il 10% del suo attacco) e ha mostrato doti di passaggio non banali, trovando tanto il lungo con lob precisi quanto i tiratori appostati sul lato debole sorprendendo le difese ricordando vagamente John Wall. Ball è però anche una macchina da palle perse in quelle situazioni (37%) e non è in grado di “minacciare” le difese abbastanza per costringerle a concentrare tutte le attenzioni su di lui – mandando uomini in rotazione, lasciando liberi gli altri – come fanno i veri maestri della situazione come Harden o Westbrook (o anche solo, potenzialmente, Markelle Fultz).

Comparison e fit in NBA: una unicità alla Jason Kidd

Lo skillset così particolare rende Lonzo Ball un giocatore difficilissimo da paragonare ad altri, specialmente tra quelli che sono oggi in NBA. Il nome che più gli è stato accostato è quello di Jason Kidd, come lui una point guard di grande stazza che pensava prima al passaggio che a segnare in proprio, mostrando visioni geniali in transizione. Kidd però ai tempi del suo primo anno a California era una belva atletica molto più fisica rispetto a Ball, spostando di peso i suoi avversari tanto in attacco quanto in difesa e attaccando perennemente il ferro, cosa che a Ball non riesce per via del fisico molto leggero. Quello che però lo rende molto intrigante a livello NBA è la sua adattabilità a giocare anche lontano dalla palla: Lonzo può essere il portatore di palla principale in transizione mettendo in mostra le già citate doti in campo aperto, ma può limitarsi a un ruolo (tutt’altro che banale o da sottovalutare) di playmaker secondario in situazioni a metà campo, attaccando in movimento una difesa già mossa per muovere ulteriormente il pallone con gli extra-pass oppure arrivando più facilmente in area. Una versatilità offensiva che lo renderebbe perfetto di fianco a un creatore offensivo come D’Angelo Russell dei Los Angeles Lakers, più a suo agio nei ritmi compassati a difesa schierata piuttosto che sui 28 metri di campo. Il matrimonio tra Ball e i Lakers è uno dei più attesi della notte del Draft: nel momento in cui alla Lottery è stata certificata la scelta numero 2 dei gialloviola, in casa Ball papà LaVar ha iniziato a gridare “VE LO AVEVO DETTO CHE AVEVO RAGIONE” pregustando già il figlio con la maglia numero 2 dei Lakers. I provini di queste settimane (ben due) hanno dato esiti contraddittori, con la dirigenza gialloviola che non sembra così convinta di sceglierlo dopo che sono emersi dubbi sulla sua condizione fisica – e la famiglia stessa che, dopo aver annunciato in pompa magna di volere solo L.A., ha accettato di parlare anche con altre franchigie. È sempre difficile leggere qualcosa in questo periodo dell’anno in cui gli “smokescreens” si susseguono a ritmo vertiginoso, ma se anche i Lakers decidessero di prendere altri giocatori come Josh Jackson, il profilo di Lonzo potrebbe far comodo anche a squadre come Phoenix e Sacramento posizionate alla 4 e alla 5: i suoi difetti sono ben visibili, ma le sue doti migliori sono di assoluta élite anche al più alto livello del mondo e si inserisce perfettamente in questa era di pace & space. Il rischio è che possa essere un giocatore con un senso solo in sistemi ad alto ritmo, ma Lonzo Ball rimane un prospetto decisamente intrigante per qualunque squadra – nonché uno dei nuovi personaggi  più attesi della prossima stagione NBA.