Il nuovo inizio di Sakara: "Io, pugile a mani nude. Trash talking? Lo odio"

Dopo una vita passata in MMA, Alessio Sakara ha debuttato nel Bare Knuckle Fighting Championship con una vittoria netta sul veterano Erick Lozano. Una nuova sfida, alla soglia dei 44 anni, che però per lui ha il sapore di un ritorno alle origini. Lo abbiamo intercettato in un raro momento libero, visto che in questi giorni si trova in Italia per le vacanze. Ecco cosa ci ha raccontato. Com’è stato il debutto nel Bare Knuckle? “È stato come tornare alla pura boxe. Io sono nato come pugile: nell’MMA dovevo sempre limitare la mia boxe per evitare di essere portato a terra. Stavolta ho potuto finalmente esprimere il 100% del mio lavoro in piedi. Ero tranquillo, sicuro delle mie mani. Ho tanti anni di esperienza, tanta fiducia. Certo, come ogni atleta, l’unica vera pressione è sempre il risultato. La paura non è il colpo preso, quello la metti in conto: il vero pensiero fisso è non fallire. L’ossessione della vittoria è ciò che pesa davvero” Ti aspettavi di chiudere l’incontro così velocemente? “Il KO è arrivato nel secondo round, ma sapevo che avrei avuto la meglio. Non sottovalutavo Lozano: nonostante fosse più piccolo di me, aveva mani davvero pesanti, ve lo posso garantire. Ma ero preparato” L’obiettivo è il titolo mondiale in questa categoria? “Sì, senza obiettivi non ha senso combattere. Voglio il titolo a tutti i costi e sto lavorando per questo. In Italia c’è spesso il pregiudizio sull’età: si pensa che dopo i 40 anni sei finito. Ma all’estero la mentalità è diversa. In America trovi fighter di 46, 47 anni che combattono ad altissimo livello. La scienza è dalla nostra parte: nutrizione, crioterapia, camera iperbarica, recupero attivo... Tutti strumenti che allungano la carriera. Negli Stati Uniti, dove vivo, ho accesso a tutto questo. Abito a 40 minuti da Miami, in una città piena di accademie, specialisti, preparatori. Anche grazie a Gabriele Trapani, che mi segue da nove anni, ho un’integrazione perfetta. Più passano gli anni, più mi sento in forma” Si parla di un possibile incontro con Chris Camozzi il 25 ottobre a Roma per il titolo mondiale. Quanto è concreta questa ipotesi? “Lo stiamo ufficializzando in questi giorni. Gabriel Rapisarda è diventato il responsabile italiano ma anche europeo e a breve si capirà quanto è forte a livello imprenditoriale per gli sport da contatto. Camozzi è il campione del mondo e lo rispetto tantissimo. Dovevamo incontrarci in UFC, poi non è successo per vari motivi. Adesso il destino ci riporta a Roma. Lui è un vero professionista: niente trash talking, solo rispetto e guerra sul ring. Proprio come piace a me” Combattere a Roma per il titolo: cosa significherebbe per te? “Nessuna pressione. Sono abituato a portare la bandiera italiana nel mondo da più di vent’anni. L’ho fatto nell’MMA, ovunque. Anzi, combattere in Italia mi dà ancora più grinta. E sono convinto che questo evento sarà esplosivo. Sarà il trampolino per rendere l’Italia un punto di riferimento del Bare Knuckle FC in Europa. Ci sono tanti italiani con coraggio, con attributi. Basta dare loro una piattaforma e questo sport crescerà” Hai detto che non ami il trash talking. Perché? “Lo odio. Non fa parte della mia idea di sport. Il combattimento richiede sacrificio, rispetto, dignità. Fare spettacolo solo per i brand o per i social snatura la vera essenza di quello che facciamo. Quando sali sul ring, ci sei tu, l’altro e la verità. Chris Camozzi è come me, vecchia scuola. Nessuna parola, solo fatti. Per questo, se ci sfideremo, sarà uno spettacolo vero. Per noi e per i fan” Ci racconti il momento in cui c'è stato un vero cambio di rotta nella tua carriera? “Ci sono stati due momenti chiave. Il primo nel 2006, quando sono entrato all’American Top Team, uno dei team più forti al mondo. È stato lì che ho capito cosa significasse davvero allenarsi ad alto livello. Il secondo, più personale, è arrivato nel 2020, in pieno periodo Covid. Dopo anni in cui avevo scelto di restare in Italia per crescere i miei figli, ho deciso di tornare in America e dedicare la parte finale della mia carriera alla mia squadra, con serietà e determinazione” Sei stato volto televisivo e anche attore. C’è un lato della tua carriera che il pubblico conosce poco ma che per te è importante? “Chi mi sta vicino sa che ho una vena comica molto marcata. Essere romano aiuta, ma io ho proprio quel tipo di ironia che viene naturale. È un lato che mi piacerebbe mostrare di più, anche perché non sono troppo attivo sui social: condivido qualcosa solo quando riguarda il lavoro. Però in futuro vorrei dedicarmi alla recitazione, anche in ruoli più leggeri o da caratterista. Ho studiato e mi piace recitare, mettermi in gioco anche davanti alla telecamera, capire come muovermi, come interagire. È un mondo che mi affascina” Nel tuo futuro ti vedi quindi più come attore? “Attore sì, ma non solo. Sono una persona che fa tante cose. Sono stato tra i primi ad aprire campi da padel qui a Boca Raton, dove abito. Ho un circolo sportivo a mio nome e ne aprirò altri. Non riesco a stare fermo. Potrei recitare, come potrei lanciarmi in un nuovo progetto. Una cosa però la escludo: non sarò un allenatore. Aiuto volentieri chi vuole arrivare, do consigli, sono ambasciatore del BKFC, faccio progetti nelle scuole contro il bullismo... ma fare il coach non è il mio futuro” E' vero che da giovane giocavi a calcio, ma hai dovuto smettere perché eri troppo aggressivo? “Sì, facevo il centrocampista, ma ho smesso presto. Avevo 13 anni e cominciavo già con la boxe. Ero troppo aggressivo in campo, prendevo ammonizioni e espulsioni in continuazione. Una volta ho fatto scoppiare una rissa sugli spalti tra i genitori e sono arrivati i carabinieri… Ho detto tutto” Come riesci a staccare la testa dal combattimento? Hai hobby o rituali che ti aiutano? “Mi piace leggere e amo il tiro a lunga distanza. Non pratico la caccia, ma vado spesso al poligono. Mi piace per la respirazione, per la concentrazione che richiede. Poi camminate in mezzo alla natura, suono la chitarra e amo i cani. Sono passioni semplici, ma profonde” E ora sei in Italia o sei rientrato in America? “Sono in Italia per qualche giorno, ho portato i miei figli in vacanza. Appena posso li porto al mare, a Gaeta” Il tuo cognome non ha origini italiane, giusto? “Sì, è un cognome antichissimo, ho scoperto che potrei essere un conte. C’è anche una probabile radice egiziana, ma lontanissima” Se il 25 ottobre dovessi vincere il titolo mondiale davanti al pubblico italiano, pensi che potrebbe essere il coronamento perfetto della tua carriera? “Sarebbe sicuramente il momento più alto, un finale perfetto per un percorso fatto di scelte forti, sacrifici e ripartenze. Non so se sarebbe davvero la fine, ma sarebbe un bel modo per chiudere il cerchio. Vedremo se fare una difesa del titolo, la vita va presa un po' alla volta”

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Andrea Molinari