Il primo uomo nella storia a correre una maratona sotto le due ore: 1h 59’ 40”. Poco importa che il tempo del fuoriclasse keniano non sia ufficialmente omologato come record per via delle condizioni particolari in cui si e' corso. Di fatto Kipchoge ha stabilito una impresa che proietta l’atletica nel futuro. Una nuova fonte di ispirazione per cercare di superare i limiti umani
Eliud Kipchoge ce l’ha fatta. Non da solo e ci tiene a sottolinearlo, ringraziando tutti coloro che lo hanno aiutato. Chiamiamolo pure un esperimento, perché dietro questo tentativo c’è la scienza dell’alimentazione, lo studio della fisiologia, la tecnologia del nuovo materiale delle scarpe (+ 4% di vantaggio, secondo il laboratorio Nike), il raggio laser a mo’ di metronomo proiettato dall’auto elettrica, il calcolo aerodinamico di schierare le sette lepri, le prime cinque a V, le due dietro, a proteggere da ogni refolo di aria Kipchoge e aggiungiamoci l’asfalto del percorso di Vienna completamente rifatto. Tutto studiato a puntino. A proposito, le lepri sono fior di campioni olimpici, mondiali e europei (Paul Chelimo, Julien Wanders, Selemon Barega, i fratelli Ingebrigtsen, per citarne alcuni), cinque gruppi da sette, in totale 35 con 6 riserve, si sono intervallate ad ogni 4-5 Km e non si sono scomposti nei due curvoni del tracciato viennese. Il regolamento della IAAF non prevede l’utilizzo delle lepri intercambiabili, ecco perché il tempo di 1h 59’ 40 non viene omologato come nuovo record ma ciò non sminuisce di certo il valore dell’impresa storica. E’ stata abbattuta una barriera che fino a ieri sembrava fantascienza.
Anche nel 1953 il neozelandese Edmund Hillary riuscì per primo a scalare l’Everest con un aiuto, utilizzando bombole di ossigeno supplementare. Venticinque anni dopo, nel 1978, Messner riuscì per primo a raggiungere la vetta l’Everest senza ossigeno, ma quello di Hillary resta nella storia come primato di un limite superato. Ritmi che solo ad elencarli viene il fiatone, 2’50” al Km, 14’14” ad ogni 5 Km con una accelerazione tra il 20esimo e il 25esimo Km in 14’04 nonostante una leggera pioggia. Lungo il circuito di 9600 metri, da ripetere 4 volte e mezzo, tifosi arrivati da tutto il mondo, anche grandi campioni del passato, per poter dire: io c’ero. Il sostegno del pubblico è una delle grandi differenze rispetto al primo tentativo effettuato dal 34enne keniano nel maggio 2017, allora la barriera delle 2 ore non fu infranta per 26 secondi sul tracciato di un autodromo di Monza fin troppo silenzioso, senza tifo. Il passaggio alla mezza maratona è in 59’35, tutto procede secondo copione con pure i rifornimenti calibrati . La corsa di Kipchoge è sempre bella, elegantissima, un cavaliere bianco in mezzo ad un Dream Team vestito di nero. L’ultimo chilometro è uno spettacolo, a 500 metri dal traguardo il fuoriclasse si stacca per restare da solo, lui e il suo sogno, lui e il suo obiettivo di insegnare come si supera un limite. La fatica sembra inesistente, saluta, manda baci, esulta. E’ fatta: 1h 59’ 40”.
È caduto un muro, il primo uomo sotto le due ore. Kipchoge è l’unico che avrebbe potuto riuscirci, campione olimpico e detentore del record mondiale, la dedizione con la quale si prepara ai 2000 metri di altitudine a casa sua, lo stile di vita monacale per rispettare i dettami del suo corpo a discapito del tempo da passare con la famiglia. Questa volta al traguardo ha voluto apposta la presenza della moglie Grace e dei figli Lynne, Griffin e Gordon che mai avevano assistito ad una sua gara dal vivo. Pardon, non è stata una gara. E’ stata una impresa. Da oggi in poi una nuova fonte di ispirazione.
La gioia di Eliud Kipchoge per aver realizzato l'impresa di correre la maratona sotto il muro delle 2 ore (1h 59’ 40”). Il messaggio che rivolge a tutti è: nessuno essere umano ha dei limiti. La sua speranza è di essere d’ora in poi un modello a cui potersi ispirare