Open d'Italia di golf: storia, curiosità e albo d'oro

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Il trionfo di Chicco Molinari nel 2016. Da giovedì scatta il 76^ Open d'Italia (Getty)

Al via giovedì, nel favoloso scenario dell'Olgiata di Roma, l'edizione numero 76 del più importante torneo di golf italiano. Dal 1925 a oggi, l'evento ha compiuto uno straordinario salto di qualità: dai primi tre iscritti a un field di livello mondiale, ecco le tappe che hanno reso mitico l'Open d'Italia. Il torneo in esclusiva su Sky Sport da giovedì

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L'Open d’Italia numero 76 prenderà il via giovedì all'Olgiata GC di Roma, luogo in cui torna a 17 anni di distanza. La prima volta del più importante torneo golfistico italiano risale addirittura al 1925, quando il Consiglio direttivo del Golf Alpino di Stresa stanzia la somma di 3.000 lire (1,5 euro al cambio attuali) per indire una gara di campionato "per Professionali". Vi partecipano tre distinti signori in giacca e cravatta: William H. Jolly, Luigi Prette e Francesco Pasquali, che completò le 36 buche in 154 colpi, uno in meno di Jolly e iscrisse il suo nome nell'albo d'oro. Nella seconda edizione, il tee di partenza vide partecipare i più noti professionisti dell’epoca. A spuntarla fu il francese August Boyer, allora diciottenne, destinato a stabilire il record di successi con ben quattro (1926, 1929, 1930, 1931, poi emulato dal belga Flory Van Donck), ufficiosamente il vincitore più giovane del torneo, anche se le statistiche dell’European Tour riconoscono il primato a Francesco Molinari (23 anni, 180 giorni nel 2006). 

Il supporto di Agnelli e l'ingaggio di Henry Cotton

Nel 1927, il vincitore fu tale Percy Alliss, capace di bissare il titolo nel 1935 ma soprattutto di vedere il figlio Peter conquistare l'Open d'Italia nel 1958, nel primo e unico caso di successo familiare nel torneo. Fondamentale per lo sviluppo della manifestazione fu l'apporto dato dal Senatore Giovanni Agnelli, nonno di Gianni: per pubblicizzare il percorso che aveva fatto costruire a Sestrieres, ingaggiò Henry Cotton, già vincitore di due Open Championship, con l’intenzione di attirare i facoltosi appassionati inglesi. Cotton, conosciuto oggi come marca d'abbigliamento, sbaragliò gli avversari e il Senatore centrò in pieno il suo obiettivo visto che dalla Gran Bretagna ci fu un vero e proprio esodo per veder giocare il Tiger Woods dell'epoca. Solo la Guerra tarpò le ali a un progetto avveniristico. Con la ripresa del torneo nel 1947 ci si spostò a Sanremo ed ebbe inizio una fase molto favorevole ai colori azzurri. In questi anni arrivarono infatti i successi di Aldo Casera (1948) e di Ugo Grappasonni (1950-1954) e per ben nove volte gli italiani si classificarono secondi. 

agnelli

Norman e il giro a Maranello per la Ferrari

Dopo aver toccato anche Como, Venezia e Varese, l'Open d'Italia fu sospeso fino al 1971, quando riapparve sul percorso di Garlenda (Savona), dove s’impose Ramon Sota, che altro non è che lo zio di Severiano Ballesteros, l'indimenticato golfista spagnolo scomparso prematuramente nel 2011, il quale non vinse mai nonostante fosse di casa nel nostro paese. Arrivarono in quegli anni altri due successi azzurri con Baldovino Dassù (Is Molas, Cagliari nel 1976) e con Massimo Mannelli (Roma, 1980): il primo stabilì con otto colpi il primato relativo al maggior distacco rispetto al secondo classificato, un record che ancora resiste. Tra gli aneddoti più divertenti ricordiamo quello del 1988 a Monticello, quando Greg Norman, tra un giro e l’altro, ebbe il tempo di recarsi a Maranello per acquistare una Ferrari, rischiando di consegnare una coppa che sembrava già vinta nelle mani di Craig Parry, ma riuscendo nelle ultime buche a evitare la figuraccia. 

I trionfi di Francesco Molinari

L'albo d'oro degli ultimi anni straripa di talento. Basti pensare al nordirlandese Graeme McDowell (2004), successivamente vincitore di un major ed eroe in Ryder Cup nel 2010 oppure a Francesco Molinari, che nel 2006 ha interrotto un digiuno azzurro di ben 26 anni, bissando il titolo nel 2016 e diventando il primo azzurro dopo Ugo Grappasonni a fare doppietta. Quello che colpisce maggiormente nel nuovo millennio è un altro fattore, ovvero la partecipazione del pubblico, in costante ascesa. Si pensi ai 34.500 spettatori che hanno assistito nel 2014 al Circolo Golf Torino al secondo trionfo del sudafricano Hennie Otto, ma anche alle 100.000 presenze (50.000 nel 2015 e 47.000 nel 2016, di cui 16.000 solo nell'ultima giornata) sul fairway alle due edizioni dell'Open d'Italia disputato al Golf Club Milano nello splendido scenario del Parco di Monza. Si riparte dal successo di dodici mesi fa sul Lago di Garda del danese Olesen, proprio davanti a Francesco Molinari, che a Roma tenterà uno storico tris, per un'altra storia da aggiungere all'infinito libro dell'Open d'Italia.