Trovare sempre la forza di ripartire: Deborah Compagnoni continua a essere un esempio

Sei ori tra Olimpiadi e Mondiali, in tre discipline diverse – superG, gigante e slalom – con un primato che la rende la sciatrice italiana più vincente di sempre a livello olimpico: Deborah Compagnoni è la prima e unica ad aver vinto tre medaglie d’oro in tre differenti edizioni dei Giochi Olimpici invernali, il supergigante ad Albertville nel 1992, lo slalom gigante a Lillehammer nel 1994 e lo slalom gigante a Nagano nel 1998. Eppure, dietro questi numeri straordinari c’è una donna che è rimasta sempre con i piedi per terra e che ha vissuto trionfi, gloria e popolarità con grandissima naturalezza, come se per una ragazza cresciuta a Santa Caterina di Valfurva, un paesino della Valtellina con meno di cinquecento abitanti, vincere ori olimpici, mondiali e gare di Coppa del mondo fosse una cosa normale, il perfezionamento naturale di una passione sconfinata per gli sci. È con questa stessa semplicità che Deborah Compagnoni si racconta nella nuova puntata di Federico Buffa Talks, la produzione originale Sky Sport con Federico Buffa e il direttore Federico Ferri, in onda da venerdì 21 novembre su Sky Sport, in streaming su Now e disponibile on-demand. “La mia fortuna – dice Deborah – è stata crescere in libertà”, come racconta anche nel suo libro, Una ragazza di montagna. La sua infanzia, la purezza dei luoghi in cui è cresciuta, una famiglia e un’educazione che lei definisce normali, hanno modellato la sua personalità e indirizzato la sua vita, non solo sportiva. Crescere in montagna le ha permesso di sfogare il suo spirito avventuroso e la sua curiosità, così ha potuto osare, sperimentare, cadere e poi rialzarsi, forgiando il suo carattere da campionessa. È stato grazie a quella spensieratezza e anche a un po’ di sana indisciplina, che Deborah Compagnoni ha potuto far sbocciare il suo talento. Ciò che l’ha guidata non è mai stata l’ambizione, la voglia di vincere ma l’istinto, la passione per lo sci e il desiderio di entrare in quel mondo, che ama dal giorno in cui, per la prima volta, ha indossato gli sci di plastica che nella sua famiglia si tramandano da generazioni. L’aneddoto C’è un aneddoto della sua adolescenza, che è come un presagio del suo destino dorato. Mondiali di Bormio, 1985: vengono scelti come apripista giovani sciatori del posto, tra cui lei e suo fratello. “Noi – racconta Deborah – siamo andati con le attrezzature che avevamo, completamente arrangiate. Nella prima prova siamo scesi tutti piano, poi ci hanno detto di andare più forte e a quel punto io mi sono lanciata ma ho preso un salto e sono volata in aria, rompendo gli sci. Per fortuna nell’albergo di famiglia alloggiava la squadra femminile svizzera, che a quel tempo era la più forte di tutte. Io andavo sempre in garage ad ammirare tutti i loro sci esposti, non ne avevo mai visti di così belli. Mio papà, allora, ha chiesto loro un paio di sci in prestito e con quelli ho fatto l’apripista del Mondiale, in discesa libera. Poi mi hanno riferito che avevo fatto il tempo migliore delle atlete italiane in gara”. Lì prende il via la sua carriera. Entra in Nazionale a 15 anni e a 17 vince i Mondiali juniores. Si sente invincibile, brava, promettente ma il primo, grande scoglio della sua carriera è proprio dietro l’angolo: nel 1988, in una gara di discesa libera, in Svizzera, cade rovinosamente e si rompe il ginocchio. L’infortunio è bruttissimo e il recupero è molto lungo. Seguono quattro anni molto difficili, con diversi interventi per recuperare il ginocchio ai quali si aggiunge una complicata operazione all’intestino, ma poi arriva il 1992, la prima vittoria in Coppa del Mondo, e il resto è storia. E pensare che ai Giochi Olimpici di Albertville, Deborah non voleva nemmeno andare, proprio per quel suo modo di vivere lo sci, con normalità, sempre e solo per passione, senza le cerimonie solenni e lo stress mediatico. “Non ci volevo andare – ricorda – e sono scappata. Mi sono nascosta da mia nonna, ma poi sono venuti a prendermi e mi hanno convinta. Per sdrammatizzare mi dicevano che era una gara come un’altra, che poi alla fine è vero. Perché la gara, per chi la vive, è uguale, è solo emotivamente che è diversa. C’è molto più interesse, più pressione, perché appunto è un’Olimpiade. L’ho capito poi vincendo, perché vincere mi ha stravolto la vita”. Dopo quel primo oro olimpico in superG, la sua consacrazione, arriva però un altro pesante stop: l’infortunio durante lo slalom gigante, proprio il giorno dopo il trionfo. Il suo urlo, trasmesso in mondovisione, non è solo un grido dovuto al dolore fisico, ma è dato anche dalla consapevolezza del calvario che la aspetta. Il recupero, però, questa volta è più rapido e dopo sei mesi Deborah è di nuovo sugli sci. Da quel momento in poi è inarrestabile e fino al 1999, l’anno del suo ritiro, costruisce le sue vittorie più belle, cresce tecnicamente e diventa il punto di riferimento dello sci femminile italiano. “Ai Mondiali di Sestriere nel 1997 – racconta Deborah – per la prima volta ho percepito realmente il calore della tifoseria e la presenza della gente, ho sentito chiaramente l’incitamento dei tifosi al cancelletto di partenza. Non c’era mai stato così tanto pubblico dal vivo alle gare femminili”. Saper ricominciare Nonostante gli infortuni, la carriera di Deborah Compagnoni è stata straordinaria, perché ha saputo concentrarsi sulle discipline in cui sapeva di poter eccellere senza esporre il suo fisico ai rischi eccessivi, dimostrando una grande sapienza strategica. Ha scelto di concentrare le energie sulle specialità tecniche, gigante e superG, e di indirizzare le energie sugli appuntamenti decisivi: Olimpiadi e Mondiali, massimizzando così l’impatto delle sue vittorie. Al di là del talento e della forza di volontà, l’altro elemento fondamentale della sua grandezza è stata la capacità di leggere i propri limiti e trasformarli in punti di forza. “Negli infortuni non ho mai visto la sfortuna – dice – ma ho sempre cercato di cogliere la fortuna di avere una vita bella e di fare quello che sognavo. Questo atteggiamento mi ha sempre accompagnato e mi ha aiutato a riprendermi nei momenti difficili”. Le sue imprese non sono solo una sequenza di medaglie, ma una storia di coraggio e determinazione. Dal 2021, Deborah Compagnoni ricopre il ruolo di Ambassador delle Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026, con l’obiettivo di mettere a disposizione la sua grande esperienza e trasmettere i valori olimpici alle nuove generazioni. Continua a sciare con passione, oggi si dedica allo scialpinismo ed è tornata a vivere la montagna come faceva da bambina, senza frenesia e in piena libertà.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Trovare sempre la forza di ripartire: Deborah Compagnoni continua a essere un esempio

Valentina Campus