Wabara choc: "Mi hanno chiamata scimmia, ma sono abituata"

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Abiola Wabara a canestro contro la Pool Comense (foto da www.geasbasket.it)
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L'INTERVISTA ESCLUSIVA. Ala e artista, la ragazza nigeriana della Geas Sesto San Giovanni racconta la sua vita. Gli insulti razzisti e gli sputi nel palazzetto di Casnate non sono una novità: "Per scaricare la tensione io mi metto a dipingere". LE FOTO

di Alessandro Puglia

“Ho giocato davanti a 36mila persone negli Stati Uniti e lì queste cose non sono mai successe”.  Abiola Wabara, ala nigeriana della Geas Sesto San Giovanni, racconta del grave episodio di razzismo nei suoi confronti, nell’andata dei quarti di finale dei play off di A1 contro la Pool Comense. “Non mi aspettavo tutte queste attenzioni. Non è la prima volta che succede, da quando gioco in Italia sono ormai abituata. Era già accaduto quando avevo 17 anni, allora a insultarmi furono un gruppo di mamme. Perchè non smettevo mai di fare punti”.

Abiola, 29 anni, jeans e maglietta, precisa: “Questi fatti comunque mi caricano, risponderò sul campo”.  La rivincita è arrivata. La Geas Sesto San Giovanni ha sconfitto al palazzetto dello sport di Cinisello Balsamo la Pool Comense per 68-58 nella gara di ritorno, accedendo in semifinale.

Sugli insulti, i cori razzisti e gli sputi, la Procura federale ha avviato un’indagine. E sul caso sono intervenuti anche il presidente del Coni, Gianni Petrucci, e il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna. Pare che gli arbitri non abbiano scritto nulla di quanto accaduto dopo la partita: “Sono rimasti indifferenti. Non sapevo che nel calcio, per un fatto analogo, la partita viene sospesa. Al fischio finale è successo di tutto: oltre agli insulti (mi hanno chiamato scimmia) un signore si è catapultato in campo gridandomi: vieni qui, vieni qui. E se andavo lì che mi faceva?”.

Guerriera sul campo e fuori, la Wabara ha lasciato l’Italia quando aveva 17 anni: “Ho vinto una borsa di studio sportiva che mi ha permesso di studiare alla Baylor University in Texas, dove mi sono laureata in lingue, specializzandomi in spagnolo. Lì oltre ad allenarmi e giocare per i Baylor ho avuto modo di ascoltare un’altra mia grande vocazione: l’arte”.

Perché Abiola, “cittadina del mondo”, è un’artista apprezzata. L’anno scorso le sue opere sono state esposte per due volte alla Galleria il Borgo di Milano. Il 28 aprile approderà alla Triennale di Bovisa, nel progetto Transafrica. I suoi quadri, come i 15 punti in media a partita, parlano di lei: “Cerco di rappresentare le sofferenze del popolo africano. Sono stata a Lagos per Natale a trovare la mia famiglia, una settimana è stata sufficiente”.

L’attenzione è nei volti, nei corpi di donne che aspettano una salvezza terrena: “Ho cominciato con l’acrilico, oggi utilizzo più tecniche, i colori che preferisco sono il giallo e il viola. Dopo gli Stati Uniti sono andata a giocare in Israele e un dirigente mi ha procurato uno studio dove potevo andare a disegnare. Non ho mai smesso, mi serve per scaricare le tensioni della partite. Il colore preferito rimane però il blu: rilassante, tranquillo”. E chissà se, in quei tocchi di blu, Abiola sta disegnando un’altra vittoria.

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