Friulano, 24enne, gioca in A2 a Trieste; è tornato in campo dopo un brutto infortunio: "Un colpo alla testa per un contrasto con un compagno di squadra e ho perso sensibilità in tutto il corpo. Mi spaventava l'idea di tornare, poi..."
Trieste, la bellissima Trieste, è anche la città del vento. La bora a volte soffia così forte che nei punti più insidiosi, legati a dei paletti bianchi e rossi, ci sono alcune catenelle (quella delle maniglie è una leggenda) che diventano un prezioso gancio quando le raffiche mettono in seria difficoltà i passanti. Un’improvvisa folata, una caduta e un sostegno per rialzarsi. La storia sportiva di Daniele Mastrangelo in fondo è andata proprio così. Lui, 24enne guardia di Gemona del Friuli (Udine) che gioca proprio a Trieste nella LegaDue Gold (semplicemente A2 per i più anzianotti), ci racconta il suo viaggio di andata e ritorno da un incidente avvenuto sotto un canestro che rischiava di trasportarlo un poi troppo lontano e invece è diventato l'appiglio migliore per rialzarsi.
"Era il 22 dicembre 2013, terzo quarto della partita Trieste - Veroli. Su una palla vagante io e il mio compagno di squadra Marco Carra ci scontriamo, e lui con una ginocchiata mi colpisce il capo, sulla fronte, provocandomi una specie di colpo di frusta: la mia testa va velocemente all'indietro".
A cosa hai pensato in quel momento?
"A dove fosse finito il mio corpo. Non avevo più la sensibilità, dal collo ai piedi, riuscivo a muovere solo ed esclusivamente la testa".
Hai avuto la sensazione, anche solo per un attimo, che il tuo futuro sportivo ne avrebbe risentito?
"Ho pensato subito al peggio, ma quando pian pianino cominciavo a risentire gli arti inferiori e superiori e riuscivo a muoverli, immaginavo che sarei ritornato in campo dopo parecchio tempo ma non che non ce l'avrei fatta più a giocare".
C’è una persona od una situazione alla quale ti sei aggrappato per reagire?
"Sicuramente la mia ragazza, Stefania, e i miei genitori sono le persone che mi son state più vicine in quel brutto periodo. In tutto questo anche la voglia di non farmi sopraffare dalla paura e soprattutto la voglia di tornare a giocare a basket sono state decisive”.
Poi, però, sei tornato…
"Era la partita che avrebbe deciso la stagione. Trieste - Forlì, partita valida per la salvezza. Era la mia prima panchina dopo l incidente. Non sapevo se sarei entrato o no ma ero alquanto emozionato e agitato. Gara tiratissima, alla fine vinta. Giocai 12 minuti e misi una tripla abbastanza importante. Emozioni indescrivibili".
Chi è Daniele fuori dal campo? Ti senti cambiato da quel 22 dicembre?
"No, non direi. Magari apprezzo più le piccole cose. Fuori dal campo mi piace stare con gli amici e la mia ragazza. Amo andare a ballare, allenamenti permettendo. Penso di essere una persona simpatica che fa ridere le persone, ma a volte molto permaloso".
Sii sincero: il tuo futuro resta l'A2 oppure pensi di poter andare oltre?
"Penso che la A2 sia la mia giusta dimensione. Son 3 anni che ci gioco e penso di aver dimostrato di poterci stare bene, nonostante molti alti e bassi. Forse in un campionato di A1 dove dominano gli stranieri potrei entrare qualche minuto per fare qualche tiretto da tre, ma fisicamente farei veramente tanta fatica visto che non sono eccessivamente ne alto ne grosso".
Il sogno di tutti voi che giocate a basket è la Nba. Dammi un motivo per rimanere oggi in Italia.
"Penso che in Italia ci sia tanta cultura cestistica, anche se purtroppo negli ultimi anni soprattutto nelle serie maggiori si vedono più stranieri che italiani. Ci sono molte piazze storiche come Trieste, Treviso o Siena che stanno cercando di ritornare ai livelli di una volta e penso".
"Era il 22 dicembre 2013, terzo quarto della partita Trieste - Veroli. Su una palla vagante io e il mio compagno di squadra Marco Carra ci scontriamo, e lui con una ginocchiata mi colpisce il capo, sulla fronte, provocandomi una specie di colpo di frusta: la mia testa va velocemente all'indietro".
A cosa hai pensato in quel momento?
"A dove fosse finito il mio corpo. Non avevo più la sensibilità, dal collo ai piedi, riuscivo a muovere solo ed esclusivamente la testa".
Hai avuto la sensazione, anche solo per un attimo, che il tuo futuro sportivo ne avrebbe risentito?
"Ho pensato subito al peggio, ma quando pian pianino cominciavo a risentire gli arti inferiori e superiori e riuscivo a muoverli, immaginavo che sarei ritornato in campo dopo parecchio tempo ma non che non ce l'avrei fatta più a giocare".
C’è una persona od una situazione alla quale ti sei aggrappato per reagire?
"Sicuramente la mia ragazza, Stefania, e i miei genitori sono le persone che mi son state più vicine in quel brutto periodo. In tutto questo anche la voglia di non farmi sopraffare dalla paura e soprattutto la voglia di tornare a giocare a basket sono state decisive”.
Poi, però, sei tornato…
"Era la partita che avrebbe deciso la stagione. Trieste - Forlì, partita valida per la salvezza. Era la mia prima panchina dopo l incidente. Non sapevo se sarei entrato o no ma ero alquanto emozionato e agitato. Gara tiratissima, alla fine vinta. Giocai 12 minuti e misi una tripla abbastanza importante. Emozioni indescrivibili".
Chi è Daniele fuori dal campo? Ti senti cambiato da quel 22 dicembre?
"No, non direi. Magari apprezzo più le piccole cose. Fuori dal campo mi piace stare con gli amici e la mia ragazza. Amo andare a ballare, allenamenti permettendo. Penso di essere una persona simpatica che fa ridere le persone, ma a volte molto permaloso".
Sii sincero: il tuo futuro resta l'A2 oppure pensi di poter andare oltre?
"Penso che la A2 sia la mia giusta dimensione. Son 3 anni che ci gioco e penso di aver dimostrato di poterci stare bene, nonostante molti alti e bassi. Forse in un campionato di A1 dove dominano gli stranieri potrei entrare qualche minuto per fare qualche tiretto da tre, ma fisicamente farei veramente tanta fatica visto che non sono eccessivamente ne alto ne grosso".
Il sogno di tutti voi che giocate a basket è la Nba. Dammi un motivo per rimanere oggi in Italia.
"Penso che in Italia ci sia tanta cultura cestistica, anche se purtroppo negli ultimi anni soprattutto nelle serie maggiori si vedono più stranieri che italiani. Ci sono molte piazze storiche come Trieste, Treviso o Siena che stanno cercando di ritornare ai livelli di una volta e penso".