Grinta e fantasia: chi è Meo Sacchetti, il nuovo coach della Nazionale

Basket

Claudio Barbieri

Romeo Sacchetti protesta con l'arbitro a modo suo... (Foto Ciamillo-Castoria)

La carriera da giocatore, simbolo di una generazione d'oro a inizio anni Ottanta. Poi la gavetta in panchina fino alla favola di Sassari, trascinata allo storico triplete nel 2015 insieme al figlio Brian. Ecco il profilo del nuovo CT azzurro Meo Sacchetti, chiamato a qualificare la Nazionale per i prossimi Mondiali

“La pallacanestro è dei giocatori, quelli che lavorano sul campo, che attaccano con gioia e difendono duro”. Parole che per Romeo Sacchetti - classe 1953 nato ad Altamura ma cresciuto in Piemonte, tra Novara, Asti e Torino - sono un mantra. Le pronunciava il suo maestro, Dido Guerrieri, suo allenatore all’Auxilium a metà anni Ottanta, da cui ha appreso una filosofia di gioco e di vita che è diventata anche il titolo del suo libro “Il mio basket è di chi lo gioca” (ADD Editore). Poco dopo essere stato inserito nella Hall of Fame del basket italiano, Sacchetti è tornato in azzurro dalla porta principale, con la chiamata del Presidente Federale Gianni Petrucci per sedere sulla panchina della Nazionale al termine degli Europei, che segneranno l’epilogo del rapporto con Ettore Messina. Il suo obiettivo? I Mondiali del 2019 in Cina, con vista sui Giochi di Tokyo 2020.

Un vincente in maglia azzurra

Il Sacchetti giocatore è stato uno dei protagonisti dell’argento Olimpico di Mosca 1980, dell’oro europeo di Nantes 1983 e del bronzo continentale in Germania nel 1985. Con la canotta della Nazionale, Meo ha vinto anche una medaglia d’Argento ai Giochi del Mediterraneo di Casablanca, sempre nel 1983, anni in cui era costantemente tra i migliori giocatori di una Serie A davvero molto competitiva. In totale, con l’Italia ha collezionato 132 gare e 945 punti, esordendo nel 1977 in un Italia-Messico finito 115-83 per gli azzurri. Il suo career high in Nazionale (27 punti) risale agli Europei del 1985, contro la Francia, anche se segnare non era certo la specialità della casa. Per conferme chiedere a Sergei Belov, eroe di Monaco 1972 e punta di diamante dell’URSS, letteralmente cancellato dal campo nella semifinale olimpica del 1980 davanti ai propri tifosi da una difesa indemoniata di Meo, uomo chiave di quella squadra che contava altri fenomeni della palla a spicchi azzurra come Meneghin, Villalta, Marzorati e un genio della panchina come Sandro Gamba. A livello di club, Sacchetti ha invece vinto meno di quanto seminato: il suo palmares parla di un campionato di A2 conquistato con la Gira Bologna (terza società dopo Virtus e Fortitudo), prima di 13 anni trascorsi tra Torino e Varese, con 6.333 punti segnati in carriera. 

L’inizio in panchina

La storia cestistica del Sacchetti giocatore si interrompe il 9 novembre 1991, durante un Varese-Trieste in cui il tendine d’Achille fa crack. Quella da allenatore comincia nel 1996, quando diventa allenatore dell’Auxilium Torino per due anni. Nonostante il pedigree e la gloria accumulata sul parquet, Meo non ha certo paura della gavetta. Si trasferisce ad Asti, Bergamo, Castelletto Ticino, Fabriano e Capo d’Orlando, con cui disputa il suo primo campionato di Serie A1 nel 2007-08. In Sicilia, fortemente voluto dal GM Gianmaria Vacirca, mette le basi per la miglior stagione dell’Orlandina: sesto posto finale, quarto di finale dei playoff e qualificazione alle Final Eight di Coppa Italia e alla successiva Eurocup, il tutto lanciando americani del calibro di Drake Diener e C.J. Wallace e partecipando all’ultima straordinaria esibizione sul parquet di Gianmarco Pozzecco. Dopo una breve e sfortunata parentesi a Udine, nel 2009 arriva la chiamata della Dinamo Sassari, all’epoca in Legadue: sarà quello la sliding door di Meo, destinato a diventare un eroe in Sardegna.

La favola di Sassari

Sacchetti sbarca in Sardegna con la sua filosofia di gioco: attacco rapido, giro palla veloce, transizione costante, utilizzo massiccio del tiro da tre, difesa forte per partire rapidamente in contropiede. Il suo modo di allenare e di vivere lo fa immediatamente entrare in sintonia con il Palaserradimigni, che adotta Sacchetti come un vero sardo. Con Sassari conquista subito la promozione nella massima serie, vincendo la finale di Legadue contro Veroli per 3-1, riuscendo nell’impresa di centrare i playoff da sesta classificata l’anno seguente, quando viene eliminata in semifinale da Milano. Il gioco spumeggiante della Dinamo, vale il titolo di allenatore dell’anno a Meo, che però non si accontenta: vuole portare in Sardegna un trofeo. Ci riesce nel 2014, quando vince la Coppa Italia (battendo Siena e interrompendo un’egemonia toscana che durava dal 2009) e la Supercoppa italiana. Ancora meglio è la stagione seguente, quella dello storico “triplete” sardo, con i trionfi in Coppa Italia, Supercoppa e con lo straordinario Scudetto, vinto in gara-7 contro Reggio Emilia dopo aver eliminato Milano in semifinale. Al ritorno sull’isola, la Dinamo viene accolta da migliaia di persone a Sassari: è quello il tricolore di tutta la Sardegna, esattamente come lo Scudetto vinto dal Cagliari di Gigi Riva nel 1970. 

Meo e Brian

La favola tra Sacchetti e Sassari finisce il 21 novembre del 2015, dopo aver portato i sardi in Eurolega. In Sardegna, Meo ha allenato suo figlio Brian (ala dalla mano estremamente morbida da dietro l’arco dei 3 punti) per cinque stagioni, dopo averlo fatto debuttare a Castelletto Ticino nel 2006-07. Un rapporto molto stretto, in cui il legame padre-figlio è sempre stato secondario a quello allenatore-giocatore. “Non mi ha mai spinto a essere un giocatore – ha spiegato Brian in un'intervista al magazine dell’Eurolega -. All’inizio tutti dicevano che giocavo solo perché ero il figlio del coach. Questo è stato uno stimolo ulteriore per dimostrare a tutti che non ero lì solo per mio padre: il primo match contro di lui volevo vincere a tutti i costi. Certo, è stato molto difficile per mia madre decidere per chi tifare…”. Dopo quattro anni da separati, Meo e Brian si sono ritrovati a Sassari nel 2010, anche se l’attuale giocatore di Brescia non era la prima scelta del coach dei sardi: “Ho sempre preteso molto di più da mio figlio - ha spiegato Sacchetti senior -. Infatti l’ho fatto giocare meno di quanto meritasse. Un suo grande pregio è quello di non avermi mai detto una sola parola di quanto si dicesse nello spogliatoio: è fondamentale che lui si sentisse prima un giocatore e solo dopo mio figlio”. Chissà se i Sacchetti si riuniranno anche in azzurro, dove Brian vanta solo 2 presenze...

Il cammino azzurro

L’esordio di Sacchetti sulla panchina della Nazionale avverrà il prossimo 23 novembre, durante la prima pausa del campionato di Serie A, a Torino (città evidentemente del suo destino) contro la Romania, primo impegno del girone D delle qualificazioni alla FIBA World Cup 2019. Nel girone degli azzurri anche la Croazia (match in programma il 26/11) e una squadra proveniente dai gironi di pre-qualificazione al Mondiale, in corso in questi giorni. L’ultimo incontro degli azzurri è in programma il 1° luglio 2018. Le migliori tre di ogni gruppo si qualificheranno alla seconda fase, dove verranno composti quattro gironi da sei squadre: le prime tre qualificate di ogni gruppo staccheranno il pass per il Mondiale 2019, che si disputerà in Cina e che potrebbe portare alla qualificazione ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. È quello il primo obiettivo di coach Meo, che in questi mesi si dividerà tra la Nazionale e la Vanoli Cremona, sua prossima sfida di club.