Trento, nessun miracolo per vincere la Coppa Italia: i motivi di un successo atteso

L’Aquila Basket Trento alza la Coppa Italia al cielo per la prima volta, mettendo in bacheca il primo trofeo della sua storia in serie A. Lo fa battendo in finale l’Olimpia Milano, 79-63, e giocando una Final Eight di grande spessore fisico e tecnico. Non è certo una novità, la squadra di Paolo Galbiati occupa da inizio stagione i primi posti della classifica con merito, e anche a Torino ha dimostrato di valere il posto che occupa. Non solo per come ha giocato la finale, dimostrando grandissima capacità di gestione e maturità cestitica, ma soprattutto per come ci è arrivata. La formazione trentina infatti non ha avuto vita facile nella cinque giorni all’Inalpi Arena, con un quarto di finale vinto in volata contro Reggio Emilia e la semifinale sofferta contro Trieste. Un dispendio di energie notevole, che avrebbe potuto costare caro agli uomini di coach Galbiati nella finale contro la corazzata milanese, che invece ha battuto senza grosse difficoltà prima Bologna e poi Brescia. E invece no, Trento ha saputo gestire soprattutto la gara contro l’Olimpia e lo ha fatto con pazienza e consapevolezza, soprattutto senza snaturare le proprie caratteristiche. Trento infatti è riuscita con la difesa a limitare l’attacco milanese, per lunghi tratti poco fluido e contratto, a eccezione di Mirotic e LeDay, imponendo un alto ritmo, dominando a rimbalzo ma soprattutto distribuendo le responsabilità e riuscendo a togliere a Milano tutti i suoi punti di riferimento offensivi, con un grande lavoro difensivo soprattutto su Shields, che non è riuscito a entrare in partita. Tutto frutto di un grande lavoro di squadra e di un allenatore che non solo è riuscito a dare amalgama e identità al gruppo, ma che ha avuto la capacità di saper leggere e preparare le partite molto bene. La mano di Galbiati E tra l’altro non è la prima volta per Paolo Galbiati. Il coach infatti vinse la Coppa Italia anche nel 2018 con Torino, e se allora fu una vera e propria sorpresa, per questa invece non si può certo dire altrettanto. Perché il lavoro messo in piedi da staff e società in questa stagione non lascia spazio a dubbi. Non è un caso infatti che Trento sia rimasta prima per 14 giornate, che abbia chiuso al terzo posto il girone di andata e che si sia ripresa il primato alle 18esima. E non è un caso che abbia vinto anche questa Coppa Italia. L’Aquila Basket ha infatti chiuso le prime due partite a più di 80 punti, e in finale li ha sfiorati, terminando a 79, ma lasciando gli avversari sotto i 65. Inoltre, sia nei quarti sia in semifinale, per l’Aquila Basket sono andati in doppia cifra ben cinque uomini, e anche se sono stati solo tre invece contro Milano, Ellis, Ford e Lamb, ce ne sono stati altrettanti che ci sono andati molto vicini, chiudendo la partita a quota nove, come Cale, e otto, come Niang e Zukauskas. Insomma la distribuzione dei punti è stata sicuramente una delle chiavi di Trento, che è una squadra che lascia pochi punti di riferimento, è fluida, dinamica e soprattutto molto giovane. Basti pensare che oltre ai ‘soliti’ Cale, Lamb e Ford, quest’ultimo determinante in finale con 23 punti dopo due partite leggermente sottotono, a fare la differenza sono stati i due poco più che ventenni Quinn Ellis e Saliou Niang, entrambi di formazione italiana. Il primo, classe 2003, è stato infatti l’MVP della rassegna e non solo, anche miglior assistman: con 12.3 punti di media in tre partite, e 24 assist totali è stato uno dei protagonisti di Trento, che ha saputo prendersi senza paura le chiavi della squadra, sostenuto dalla fiducia di gruppo e coach. Accanto a lui, miglior italiano della competizione, Niang, l’ala classe 2004, che insieme a Ellis è stato fondamentale per la spallata decisiva, arginando il tentativo milanese di rientrare in partita. I due giovani hanno acceso i 46 mila spettatori della FrecciaRossa Final Eight: Ennis con il suo talento cristallino e le sue doti da leader, nonostante la giovane età, Niang con la sua energia e il suo atletismo. Sono entrambi cresciuti moltissimo sotto l’ala di coach Galbiati, diventando in poco più che metà stagione due veri punti di riferimento per Trento, in grado di prendersi sempre più responsabilità senza deludere le aspettative. Non è facile mantenere continuità quando si ha poco più che 20 anni e si ha tra le mani la prima vera occasione per fare bene. Eppure Ellis e Niang hanno dato prova di avere carattere e testa sulle spalle, di non sentire la pressione, ma anzi, di saper gestire tutto questo e trasformarlo in benzina che alimenta una squadra in grado di entusiasmarsi. E non stupisce più neanche questo aspetto dell’Aquila Basket. Perché la filosofia di Paolo Galbiati è molto chiara: tutti sono fondamentali, nessuno indispensabile. E costruire le vittorie partendo dal collettivo, che dimostra peraltro di avere ancora ampi margini di crescita, è ciò che dà al coach di Vimercate maggiore soddisfazione. Certo, con un gruppo che sta bene insieme dentro e fuori dal campo, il lavoro è più semplice, ma di sicuro non è sufficiente. L’allenatore ha saputo comprendere le caratteristiche di ciascuno, valorizzandole e amalgamandole al meglio in una squadra che gioca bene insieme e che sa come si vince, anche contro una formazione come Milano, che invece ha dimostrato poca lucidità e stanchezza in troppi frangenti. E poi c’è Toto Forray, la vera anima di questa Trento. Il capitano che da 14 anni non ha mai cambiato squadra, e che ha attraversato con l’Aquila Basket tutto il percorso, dalla serie B1 fino alla massima serie. Lui, che da 14 anni sogna di alzare un trofeo con la maglia bianconera, è il vero volto di Trento, dentro e fuori dal campo, ed è l’esempio di una squadra che non molla mai. Ma allora, se Trento non è più una sorpresa, fin dove può arrivare? Se mai ce ne fosse bisogno, questa Coppa Italia dà ai trentini ancora più consapevolezza e fiducia nelle proprie capacità, e la sicurezza che il primo posto in classifica non è un caso. Ovviamente il coach chiede ai suoi giocatori di non montarsi troppo la testa e di continuare come hanno fatto finora, ma questo trofeo intanto è già storico per Trento e va celebrato. E può essere soddisfatto almeno per un po’, anche perché, a pochi giorni dal suo 41esimo compleanno , Paolo Galbiati si è fatto un gran bel regalo.

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