La lunga (e complessa) storia d'amore tra Danilo Gallinari e la Nazionale

Nell’arco degli ultimi vent’anni, per chiunque abbia seguito la pallacanestro italiana, e quindi anche la nazionale di pallacanestro italiana, è stato quasi impossibile non innamorarsi di lui, imprecare davanti alla sfortuna che spesso l’ha tolto dal parquet sul più bello, esultare di fronte a giocate di una classe vista raramente nei protagonisti con la maglia azzurra e infine arrabbiarsi per risultati che non sono mai riusciti a essere all’altezza delle aspettative. Già, perché la storia degli ultimi vent’anni di Italbasket passa da Danilo Gallinari e, ora che il ragazzo da Sant’Angelo Lodigiano ha deciso di dire addio alla nazionale, potrebbe essere arrivato il momento giusto per farne un bilancio sommario. Anche se provare a fare un bilancio di una storia d’amore, perché tale è stata quella tra Gallinari e l’Italia, può rivelarsi una faccenda complicata. La comparizione di Danilo Gallinari La storia d’amore tra Gallinari e l’Italia del basket o, meglio, la comparsa di Gallinari nella storia dell’Italia del basket si materializza nella prima metà degli anni Duemila, quando i social sono agli albori e i filmati delle partite, di qualsiasi livello si tratti, non sono affatto accessibili a tutti. L’inizio della storia si sviluppa quindi attraverso una sorta di passaparola tra appassionati e addetti ai lavori. Un passaparola al cui centro c’è Danilo, figlio di Vittorio ma che, con tutto il rispetto dovuto a uno dei gregari più vincenti di sempre nel nostro basket, ha poco a che spartire con il papà. “Lo devi vedere”, “questo ha qualcosa di diverso, di speciale”, “potrebbe già giocare in serie A”, è questo il tono, quasi sempre enfatico, di chi prova a trasmettere quanto ha avuto l’occasione di testimoniare vedendo all’opera il Gallinari quindicenne o sedicenne. L’enfasi, però, assume tutt’altro senso quando nell’estate del 2006 Danilo approda in via definitiva in prima squadra all’Olimpia Milano targata Armani. Un’Olimpia dove per due stagioni, anche se è praticamente sempre il più giovane in campo, in Italia e spesso anche in Europa finisce per spiccare rispetto a compagni e avversari. Per una ragione elementare e forse addirittura banale, ma allo stesso tempo lampante anche agli occhi degli spettatori più distratti o superficiali: Danilo è semplicemente più bravo degli altri a giocare a pallacanestro. Un inizio promettente e un primo passo falso Dopo la consueta trafila nelle rappresentative giovanili, coronata da un terzo posto all’Europeo under 18 del 2005, l’esordio in nazionale maggiore di Gallinari arriva il 23 dicembre del 2006 in una cornice inconsueta e del tutto particolare. Al PalaRuffini di Torino va in scena l’All-Star Game di Legabasket, in cui il piatto forte è rappresentato dalla partita tra gli azzurri e una selezione delle migliori stelle del campionato. L’Italia stravince e Danilo, diciottenne con in curriculum giusto una manciata di presenze in campionato con l’Olimpia, segna 11 punti dopo aver vinto in scioltezza anche la gara del tiro da tre. L’impressione generale è che nell’Italbasket che sta cercando di perfezionare un ricambio generazionale divenuto necessario e di inserire forze fresche nel gruppo che ha vinto l’argento ad Atene due anni prima ci possa e ci debba essere spazio anche per lui. Tra scelte tecniche, infortuni e mancate qualificazioni ai singoli tornei, però, per rivederlo con la maglia azzurra in una competizione ufficiale occorrerà attendere cinque lunghissimi anni. A Eurobasket 2011, l’Italia, che nel frattempo ha visto l’arrivo di Simone Pianigiani in panchina al posto di Charlie Recalcati ed è accompagnata da grandi aspettative per la presenza di Andrea Bargnani e Marco Belinelli, al pari di Gallinari ormai protagonisti di solidissime carriere in NBA, vince una sola partita delle cinque disputate e non riesce nemmeno a passare la fase a gironi. È la prima di una serie di delusioni azzurre per Gallinari, e purtroppo non sarà nemmeno la più cocente. Da Berlino a Riga, passando per Wuhan e Tokyo Se in Lituania nel 2011 gli azzurri deludono ma hanno dalla loro la poca esperienza maturata dal nucleo Gallinari-Bargnani-Belinelli, alla prima convivenza in un torneo di quel livello, quattro anni dopo a Berlino illudono tutti. Nel girone arrivano vittorie pesanti e convincenti contro la Spagna, che alla fine sarà ancora una volta trionfatrice, e contro i padroni di casa forti di un Dirk Nowitzki all’ultimo impegno con la Nationalmannschaft. Contro Pau Gasol e coach Sergio Scariolo, Gallinari segna 29 punti dopo averne messi 33, record personale di sempre con la nazionale, nella sconfitta contro la Turchia all’esordio, ma quando Eurobasket 2015 si trasferisce a Lille per la fase a eliminazione diretta, il vento che sembrava soffiare forte spingendo l’Italia si affievolisce nel supplementare contro la Lituania ai quarti. Il punteggio finale dice 85-95 per Jonas Valanciunas e compagni, che nell’overtime si dimostrano superiori sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. I giocatori di Pianigiani accusano il colpo, qualcuno abbozza e si aggrappa alla sfortuna e agli episodi, ribadendo comunque il pieno impegno da parte della squadra e inaugurando così un refrain che verrà reiterato negli anni a venire. A uscire dal coro, subito dopo la sconfitta che costa l’eliminazione, è proprio Gallinari, che ai microfoni di Sky Sport confessa candidamente: “Mi sono rotto le palle di perdere”. Quello di perdere, sempre ai quarti, sarà però il suo destino e della nazionale anche ai Mondiali del 2019 in Cina e alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021, episodi che hanno preceduto l’ultima amarezza, ancora freschissima, arrivata a Riga contro la Slovenia. In mezzo ci sono anche altre due cicatrici maturate al Torneo Preolimpico giocato in casa a Torino e perso ancora una volta al supplementare nella finale contro la Croazia nel 2016 e quello poco meno che fallimentare dello scorso anno a Portorico. Gallinari, l’Italia e le assenze forzate Provare a raccontare la carriera di Gallinari, e quindi ovviamente anche quella con la Nazionale, senza tenere a portata di mano una mappa dei tanti infortuni piccoli e grandi che purtroppo ne hanno segnato il percorso su entrambe le sponde dell’Atlantico, è un’opera di fatto impossibile. A pesare sulla sua avventura azzurra sono inizialmente i problemi alla schiena affiorati durante l’annata da rookie in NBA e costati l’Europeo del 2009, il terribile infortunio al crociato del ginocchio sinistro che gli ha fa saltare quello del 2013 e lo scatto di rabbia che, in un’innocua amichevole contro l’Olanda, lo porta a sferrare un pugno ad un avversario, procurandosi una frattura alla mano destra e l’immediato addio a Eurobasket 2017. A fare ancora più male, però, è sempre il ginocchio sinistro, che il 27 agosto del 2022, durante la vittoria sulla Georgia in una gara casalinga di qualificazioni ai Mondiali, cede di nuovo. Gallinari, che ha da qualche settimana firmato un biennale con i Celtics e ambisce legittimamente a giocarsi il titolo NBA per la prima volta in carriera e prima ancora l’Europeo imminente e quindi per l’appunto i Mondiali recitando un ruolo da veterano nella Nazionale rilanciata dall’esperienza olimpica di Tokyo, vede scomparire in fretta tutti e tre gli obiettivi. Al netto dell’ultimo, disperato tentativo infrantosi pochi giorni fa contro Luka Doncic, le speranze di togliersi finalmente qualche soddisfazione con la maglia dell’Italia per Gallinari si spengono probabilmente proprio quella sera di fine agosto di tre anni fa a Brescia, tra il silenzio del pubblico che assiste ammutolito mentre Danilo viene sorretto dal compagno di squadra Stefano Tonut che lo accompagna nel tunnel verso gli spogliatoi. L’eredità azzurra di Gallinari Inutile girarci intorno: l’eredità che Gallinari lascia al basket italiano è parte integrante e inscindibile dell’eredità di una generazione, quella dei Bargnani e dei Belinelli ma anche di Gigi Datome, Daniel Hackett e Alessandro Gentile, che avrebbe potuto o forse dovuto arrivare ben oltre i mediocri traguardi raggiunti negli ultimi vent’anni. Nondimeno, quella di Gallinari con il basket e di certo con la nazionale è stata come detto prima di tutto una storia d’amore. E di fronte a una storia d’amore che finisce, più che fare un bilancio conviene forse provare a capire cosa tenere e cosa ricordare di ciò che è stato. E allora, nel caso di Gallinari e della sua avventura in azzurro, più che gli insuccessi e le delusioni conviene tenere e ricordare la voglia di esserci sempre, anche quando la tutela della salute e della carriera professionale avrebbero magari suggerito di fare altrimenti, l’arrabbiatura genuina di fronte alle sconfitte e alcuni singoli momenti di oggettiva bellezza cestistica. Magari, partendo proprio da quei punti segnati nella rimonta poi non portata a termine contro la Slovenia, ultime gocce di talento purissimo spillate anche quando le gambe reggevano poco e il corpo reagiva con inusuale lentezza agli stimoli della trance agonistica. Gocce di talento da trasmettere alla generazione successiva di protagonisti, che, si spera, potranno regalarsi e regalare gioie maggiori rispetto a quelle di chi li ha preceduti. In modo che in quelle vittorie che tutti ci auguriamo tornino a gratificare l’Italia della pallacanestro ci sia un po’ anche di Danilo, di quel ragazzino che “devi vedere giocare” e che per fortuna, al di là di tutto il resto, abbiamo avuto il privilegio di vedere in campo con la maglia azzurra per quasi vent’anni.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

La lunga (e complessa) storia d'amore tra Danilo Gallinari e la Nazionale

Dario Costa