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Italbasket, Luca Banchi si presenta: "Non c'è niente sopra la Nazionale"

Basket

Luca Banchi è stato ufficialmente presentato come nuovo ct della nazionale italiana di pallacanestro. In compagnia del Presidente Gianni Petrucci e del coordinatore delle nazionali Gigi Datome, il nuovo allenatore dell'ItalBasket ha confermato di aver firmato un contratto a tempo pieno con gli azzurri: "Una novità anche per me, ma imprescindibile. L'Italbasket non è riuscita a vincere per piccoli dettagli, ma ha mostrato identità. La nazionale sta al di sopra di tutto"

Si è tenuta presso il salone d'onore del CONI la presentazione di Luca Banchi come nuovo ct della nazionale italiana di pallacanestro. In compagnia del presidente federale Gianni Petrucci e del coordinatore delle squadre nazionali Gigi Datome, il nuovo allenatore dell'Italbasket ha parlato a lungo del suo nuovo incarico e della situazione della pallacanestro in Italia. Ecco le sue dichiarazioni più significative.

Sul suo contratto a tempo pieno

"Io ho firmato un contratto full time, credo sia una dimostrazione di quella che è la visione comune. Fin dal primo momento mi sono stati illustrati gli obiettivi della Federazione. Credo che fosse indispensabile che accettassi questa condizione, nuova per me ma sento anche il sentissimo desiderio di cercare di dare un'impronta fin da subito alla struttura e al movimento. Io penso che sia, soprattutto in questa fase, imprescindibile che il Commissario Tecnico della Nazionale sia a tempo pieno. Cercherò di svolgere il mio compito nel modo migliore possibile. So che il quotidiano e la palestra mi mancherà, ma cercherò di mettere al servizio la mia esperienza per abbracciare il movimento nella sua interezza. Non parlo solo del vertice, ma anche della base. Bisogna dare ai club la consapevolezza che abbiamo un materiale umano da valorizzare, a me il compito di dimostra che questi giocatori meritano delle opportunità. Spero che si trovino delle forme anche nei campionati che siano tese alla valorizzazione del prodotto umano".

Sui giocatori naturalizzati

"La figura del giocatore naturalizzato ha sempre fatto parte della Nazionale, sono stati tanti i giocatori che hanno ricoperto questo ruolo. Credo che nell'estate scorsa ci sia stato uno sforzo incredibile da parte della Federazione per cercare di raggiungere quell'obiettivo. Si sono verificati episodi che sono usciti dal controllo della Federazione, ma si continuerà a lavorare in quell'ottica: dobbiamo pensare a un panorama ben più ampio di quello dei confini nazionali, è dimostrato dal crescente numero di giocatori italiani che giocheranno all'estero quest'anno. Il nostro compito sarà quello di seguirli e monitorarli nel loro percorso di crescita. Un elevatissimo numero di giocatori, quasi 50 atleti, che giocheranno negli Stati Uniti: 2 in NBA, un sacco in Division I e Division II, e in High School da seguire. Costruiremo, anche attraverso la presenza di Riccardo Fois, che farà parte del nostro staff tecnico durante l'estate, ma che durante l'inverno e durante la stagione sarà una sorta di advanced scout, un'estensione della federazione su territorio statunitense. Sulla figura del naturalizzato non ho assolutamente preclusioni".

Sulle sfide all'Italia da avversario

"Durante i miei quattro anni con la Nazionale lettone ho avuto l'opportunità di giocare contro l'Italia soltanto una volta in gara ufficiale, è successo al Mondiale. Non è mai semplice dare un giudizio, erano condizioni sempre particolari. Quella gara a Manila arrivò dopo la cocente delusione patita dall'Italia contro gli Stati Uniti, noi poche ore prima avevamo perso in modo rocambolesco il quarto di finale contro la Germania: puoi immaginare con che spirito le due squadre affrontarono quella partita. Di recente abbiamo giocato in amichevole sia a Trieste che ad Atene: ho potuto apprezzare le qualità che poi quella squadra ha dimostrato e messo in campo durante l'Europeo. Io penso che per l'esperienza maturata in questi quattro anni ma anche quando seguivo la nazionale da tifoso, talvolta la mancanza di risultati è legata a piccoli dettagli, riconducibili a negligenze ma molto spesso anche alla fortuna. [...] Penso che si debba avere la forza di andare al di là del risultato fine a sé stesso e valutare il percorso della squadra, che ha avuto vicissitudini compreso il forfait di DiVincenzo fino all'ultimo momento. Penso a qualche infortunio che ha portato a delle rinunce come Tonut e penso a partite che l'Italia non è riuscita a vincere per piccoli dettagli o particolari. Ma ha mostrato un'identità chiara e volti nuovi di questa nazionale che fanno ben sperare nell'ottica di avere una generazione che possa dare continuità, senza prescindere da autentici punti di riferimento. La visione che ho di questa ipotetica mancanza di risultati a mio giudizio va anche un po' oltre".

Sui giovani talenti dell'Under 20

"Ovviamente è stato un motivo per tutto il Paese e per la Federazione festeggiare questo grande traguardo dell'U20. Questo rende d'attualità un altro aspetto, che riguarda la struttura dei campionati ma in generale un aspetto culturale del nostro basket: l'idea che certi risultati, squadre e giocatori possano essere valorizzati dall'attività fatta con il settore squadre nazionali e questo possa convincere i club ad investire su di loro. I giocatori, specie a quell'età, hanno semplicemente bisogno di opportunità: questo coincide anche con la possibilità e il margine d'errore che si concede loro. Molte delle fortune dei giocatori come Gigi [Datome] e Stefano [Mancinelli] si devono alla lungimiranza dei loro club e dei loro allenatori, che hanno avuto il coraggio e farli giocare. [...] Credo che siamo sulla buona strada, guardando al percorso che quest'anno dovranno fare la maggior parte dei ragazzi che erano all'Europeo U20 con coach Rossi, penso che ci sia la possibilità di vedere una crescita costante. Sarà una missione comune".

Trasferire i valori della Nazionale

"Molti colleghi mi avevano parlato dell'insidia di accettare un ruolo del genere, a maggior ragione quando lo fai per la tua Nazione. Dopo questi primi quattro anni di esperienza, penso che sia qualcosa di incredibile: mi ha dato delle emozioni inspiegabili. Veramente difficile sintetizzare in poche parole. La nazionale veramente è un qualcosa che sta al di sopra di tutto. Quando lavori nel club, giochi per un club, ci sono aspetti legati alla tua affermazione individuale, che talvolta prendono il sopravvento. Questi aspetti deflagrano ogni giorno che indossi quella maglia, perché percepisci che ci sia qualcosa di più grande. Quello che ti sforzi di fare quando sei nel club, ossia far si che  club sia al di sopra del loro ego, riuscirci è estremamente complicato: c'è uno sforzo quotidiano incredibile, assorbe un sacco di energie. In nazionale nasce spontaneo: il mio compito è semplicemente questo, trasferire i valori che in nazionale sono intrinsechi, specialmente quando si parla di Azzurro".

Sul rapporto con Gianmarco Pozzecco

"Non ci siamo sentiti, ci conosciamo da tanto tempo ma spesso i nostri rapporti sono legati da aspetti prettamente professionali. Nell'ultimo anno e mezzo sono stato allenatore di Bologna, avevo giocatori coinvolti nel progetto della nazionale, ma ci fermiamo ad aspetti prettamente professionali. Soprattutto negli ultimi giorni, successivi al mio incarico, onestamente ho avuto pochissimo tempo per telefonare anche a casa: sono state troppe quelle che ho ricevuto. Non sono riuscito a farlo, ma mi piacerebbe confrontarmi anche per quello che è stato il suo vissuto, a prescindere dal fatto che ogni allenatore ha una propria visione e un proprio stile, ma sicuramente Gianmarco lascia in eredità, come sottolineato dal Presidente e da Gigi, uno spirito di squadra e una spiccata identità che ha fatto della partecipazione, anche nel suo caso, uno dei pilastri di questa nazionale. Se l'ispirazione è legata ai grandissimi allenatori che mi hanno preceduto, vorrei rubare qualcosa da tutti per avere la capacità di continuare a dare impulso al movimento. Fermo restando il fatto che il mio augurio è che Gianmarco trovi una squadra molto presto: è un allenatore che ha le capacità di impattare i club e gli atleti che allena. Che questo accada in Italia o all'estero, fa parte del patrimonio tecnico e umano di questa federazione. Spero che possa presto abbia l'opportunità di mettersi alla prova, o con un'altra Nazionale o molto più probabilmente con un club, dove saprà dimostrare ancora una volta le sue grandi qualità, tecniche ed umane".

Sull'esperienza con la Lettonia

"I miei quattro anni in Lettonia lasciano in eredità emozioni che veramente fatico a nascondere, ma al tempo stesso esprimere. Lo percepisci semplicemente quando arrivi in quel Paese: prendi un taxi dall'aeroporto, il tassista scopre che sei italiano e ti dice "Conosci Luca Banchi?" Adesso sono l'italiano più popolare che c'è in Lettonia, anche se a breve magari mi dimenticheranno. Continueranno ad avere un posto speciale nel mio cuore e nei miei pensieri".

Sul grande momento dello sport italiano grazie agli italiani di seconda generazione

"Questo è un dato di fatto, sociale e culturale: non c'è nulla di cui sorprendersi. Stiamo festeggiando le medaglie in ogni sport, dove in precedenti edizioni di Mondiali, Olimpiadi, Europei, quando si parla volley, maschile e femminile, o di atletica leggera, perché sorprendersi del fatto che ad oggi anche il basket abbia questi giocatori che, figli di immigrati, fanno parte di una seconda generazione che ci dà la possibilità di elevare la qualità del nostro gioco, sotto il profilo tecnico, del talento e atletico. Semplicemente parlarne mi sembra in qualche modo discriminante, non mi piace farlo. Culturalmente io vedo soltanto azzurro, al di là del colore della pelle. Io vedo azzurro che è il colore della maglia: questo fa parte del mio quotidiano, della mia cultura e del modo in cui vedo la società. Spero di presentare la miglior nazionale possibile: una squadra che continui a far appassionare le persone. Tutti tifano per un club, io ho avuto il privilegio di vincere lo Scudetto con la mia squadra del cuore, quella che tifavo da bambino. Sono emozioni incredibili e indescrivibili. Non c'è niente che si avvicini alla nazionale. Sono pronto a sostenere il peso di questa responsabilità, la gratificazione di chi celebrerà con me le vittorie e anche il peso delle sconfitte. L'idea di aver accumulato tanta esperienza mi auguro mi permetterà di sostenerlo. Spero di esserne all'altezza, ma non c'è niente che assomiglia alle emozioni che ti può dare far parte di una nazionale. L'ho fatto per un'altra nazione, ma ogni giorno ho sentito la responsabilità di esserne all'altezza, in quanto unico non lettone".

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